“É molto negativo lasciare la gestione dei rifiuti, che sono una questione delicata, al fluttuare dei mercati finanziari”.
Così Antonio Bruno, capogruppo Federazione della Sinistra al Comune di Genova, interviene nel dibattito sul progetto di aggregazione tra Amiu S.p.A. e Iren Ambiente S.p.A. che si accende in vista della delibera di indirizzo che passerà in votazione in Consiglio Comunale a gennaio.
Noi gli abbiamo chiesto di schiarirci le idee.
La gara d’appalto per l’acquisizione di Amiu è stata costruita ad hoc per IREN?
Intanto non si tratta di una gara d’appalto ma di una procedura aperta che ha visto la multiutility Iren come unico soggetto a rispondere. Da tanto tempo sia l’assessore all’ambiente Italo Porcile che il direttore generale del Comune di Genova Franco Giampaoletti, hanno scritto il primo e detto il secondo che erano in corso contatti tra Iren e Amiu per definire il piano industriale, le sinergie e, successivamente a questi incontri, c’è stata da parte della Giunta l’espressione dell’avviso-invito.
Sicuramente, secondo me, ci sono stati degli effetti di distorsione del mercato.
Io sono convinto che i servizi pubblici possano rimanere in mano esclusivamente pubblica ma i soggetti devono essere esclusivamente pubblici! Nel momento in cui ci sono soggetti che hanno nella loro pancia le banche o privati di qualunque natura, è la stessa UE a dire che ci debba essere una gara aperta senza distorsione della concorrenza.
A me pare che la procedura seguita e i fatti che hanno portato a questa delibera che andremo a votare a metà gennaio non vadano in questo senso.
In un Paese normale è possibile che per una questione così importante come Amiu partecipi una sola azienda?
No, è molto strano e molto negativo.
Direi che è molto strano e molto negativo anche poter lasciare la gestione dei rifiuti, che sono una questione delicata, al fluttuare dei mercati finanziari. Gli aspetti ambientali, che normalmente sono all’attenzione della Giunta, rischiano di passare in secondo piano se saranno in mano a soggetti quotati in borsa, che hanno investitori finanziari privati.
È una situazione dovuta probabilmente a scelte negative del passato. Da almeno dieci anni si dice che Amiu non deve basare tutto sul conferimento alla discarica di Scarpino ma riciclare, trasformare. Purtroppo questo cambiamento non c’è stato e oggi Scarpino è chiusa per motivi ambientali.
Non so perché non sia stata chiesta l’emergenza ambientale e quindi l’intervento di finanze da parte della Regione e dello Stato per risanare la discarica. Certo è che in questo modo ci troviamo con Amiu in gravi difficoltà finanziarie perché deve portare i rifiuti fuori Genova e pagare un costo ulteriore.
La libera circolazione sul territorio nazionale dei rifiuti da incenerire è prevista dall’articolo 35 del decreto “Sblocca Italia” che, tra l’altro, definisce gli inceneritori come “siti di preminente interesse nazionale”.
Grazie a questa norma, l’accordo Amiu-Iren può prevedere di trasportare i rifiuti fuori regione non solo in fase transitoria di emergenza ma anche a regime. Perché?
Nel corso del luglio 2015 c’è stato un accordo tra la Regione Liguria e la Regione Emilia Romagna per cui 200 tonnellate al giorno di rifiuti che avrebbero dovuto finire a Scarpino sono andati all’inceneritore di Piacenza, di proprietà di Iren.
Sicuramente, ma anche all’inceneritore del Gerbido di Torino che è sempre di proprietà di Iren. Già adesso la crisi Scarpino porta a incenerire una parte dei nostri rifiuti negli inceneritori di questa multiutility. Ed è una delle condizioni che probabilmente Iren pone per entrare in società. Tant’è vero che il piano industriale sui rifiuti approvato dalla Città Metropolitana verrà modificato. Almeno questo è quanto si trova scritto nella delibera che ci è stata consegnata. Viene chiamato “piano industriale ottimizzato” e prevede la possibilità di portare i rifiuti fuori Genova, anche in impianti di termotrattamento.
“Ottimizzazione”.
Leggere questa parola nel piano industriale sui rifiuti genovesi ci mette, a dire il vero, un po’ d’ansia e ci fa pensare: ottimizzare il ciclo dei rifiuti significa farli bruciare altrove? Significa delocalizzare la diossina?
In Liguria abbiamo una percentuale di raccolta differenziata (RD) che è ancora lontana dal 65% che ci chiede l’Europa entro il 2020. Ma quale interesse ha Iren ad aumentare questa percentuale visto che guadagna bruciando?
L’interesse è assolutamente nullo. Sicuramente l’ingresso in Amiu di una multiutility cha ha tanti inceneritori mezzi vuoti in giro per l’Italia può essere un disincentivo. Spererei di no.
Questa mattina, in audizione in Consiglio Comunale, l’amministratore delegato di Iren Ambiente Roberto Paterlini ha detto: ”con questo modello si potrebbe raggiungere una percentuale di raccolta differenziata vicina al 45 per cento e, attraverso il trattamento della parte indifferenziata, avremmo un ulteriore recupero di materia che potrebbe attestarsi sul 65 per cento”.
È contro la legge. La RD deve essere almeno il 65% dopodiché c’è la discussione su come trattare il restante 35: la separazione secco-umido e le cose che dice Paterlini. Ma solo dopo. Si vede già che l’amministratore delegato di una società che intende diventare socia di maggioranza di Amiu non vuole applicare la legge, non vuole applicare l’obiettivo del 65% di RD e questo pone un problema politico, economico, occupazionale ma anche un problema amministrativo molto forte, cioè di legittimità.
Il Comune di Genova, per la gestione di Scarpino, aveva chiesto un prestito trentennale. Ora, con l’avvento di Iren, la proposta è di diminuirne la durata a dieci anni. Quali ripercussioni sugli utenti ed eventualmente sui lavoratori di Amiu?
Sicuramente un aumento della tariffa molto forte.
Uno dei motivi per cui la Giunta aveva detto che si doveva trovare un partner privato era quello della mancanza di fondi per gli impianti. Ora, mi pare di capire Iren decida di mettere dei fondi dopo che la tariffa si è abbattuta sui genovesi con l’aggravamento ulteriore della riduzione del mutuo da trenta a dieci anni.
È un effetto pesantissimo che dimostra come Iren non faccia beneficenza. Iren non è un soggetto gestito dal pubblico in nessun modo, c’è il dubbio se i sindaci abbiano una qualche influenza, e certo sono il managment e il mercato a decidere il da farsi.
Questo significa meno differenziata, meno ambiente, più tariffa e probabilmente un impatto sul costo del lavoro, ma questo non lo troviamo scritto esplicitamente perché il rischio è quello di avere delle proteste molto forti prima dell’approvazione della delibera.
Io penso che si potesse fare diversamente. Si poteva chiedere a Regione e Stato di intervenire nell’urgenza sanitaria gravissima di Scarpino. Si poteva decidere di coinvolgere dei privati, anche Iren, ma in sistema di “project financing”. Iren vuole costruire un biodigestore, che è uno degli impianti su cui tutti sono più o meno d’accordo, poteva farlo in partnership con il Comune senza entrare nell’azionariato di Amiu.
Che cosa importa al cittadino normale? Importa perché in questo modo Iren comincia a comandare, decide di fare meno differenziata, decide dove investire i soldi. Soprattutto mi chiedo: è Iren che aiuta Amiu o è anche Amiu che aiuta Iren avendo quest’ultima un debito spropositato, nell’ordine di miliardi di euro, e gli inceneritori mezzi vuoti?
Questa è la domanda che dovremmo farci.
Quanto è legata Iren al Partito Democratico?
Certamente ogni amministratore ha le sue idee politiche. C’è da dire che l’assessore allo sviluppo economico del Comune di Genova in quota PD, Emanuele Piazza, lavorava nell’ufficio legale di Iren. L’assessore Piazza è una persona squisita, uno dei possibili candidati ad essere sindaco. Però questo dimostra che c’è sicuramente un lavoro comune tra soggetti politici e soggetti imprenditoriali.
Federazione della Sinistra e Movimento 5 Stelle hanno presentato un’istanza all’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione. Cosa chiedete?
Chiediamo di indagare sulla distorsione del mercato. Sul fatto che presentarsi a questo avviso-invito possa essere contrario alle leggi sulla concorrenza avendo, Iren e Amiu, fatto insieme alcuni lavori propedeutici come i piani industriali di Amiu.
Noi siamo per mantenere il servizio tutto pubblico però, se dei privati ci devono essere, bisogna fare le gare e non il gioco delle tre tavolette.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.