Già il titolo Genoa Western Oresteia, così imprevisto, è una scoperta.
“Il titolo è una citazione – ci racconta l’autrice, Alessandra Giordano – perché Oresteia è un riferimento all’Orestea di Eschilo, una tragedia dove i personaggi hanno già dall’inizio il destino segnato”.
Il romanzo si svolge nel quartiere di edilizia popolare Ca’ Nova, sulle alture genovesi tra Voltri e Prà, dove l’umanità di periferia è intrappolata in un irrisolvibile stallo, dove è forte la percezione dolorosa della propria infelicità, della propria insufficienza, della propria impotenza, del vuoto. Di qui nascono l’affanno, la disperazione e la violenza.
Certamente l’animo umano non è stato mai sorpreso in una condizione così tormentata e pesante come quella di chi vive ogni giorno nella giostra infernale del CEP.
E Western, infatti, si rifà allo stereotipo del selvaggio west, caotico e violento, perché “trattandosi di un romanzo ho descritto un determinato spaccato di questa società. Molti – continua l’autrice – mi hanno detto che leggendo questo romanzo emerge un affresco negativo di chi abita al CEP. Non è così. In realtà emerge l’umanità di tutti i personaggi, che alla fine sono privi di colpe”.
Chi sono questi personaggi?
Sono i rifiuti della società, avanzi di galera, la canaglia delle case popolari.
Una povera umanità più sventurata che colpevole, che vive nei quartieri low-cost, in palazzi nutriti d’amianto, lontani dal centro, ai margini della società, luoghi dai quali fuggire appena possibile.
“Tali quartieri servono per evitare che certa gentaglia circoli in città e che si mescoli con gli autoctoni. E se pure hanno un nome, esso è indicato con delle sigle che rimangono appiccicate all’individuo e lo proteggono e lo condannano”.
CEP. Luogo di vite baldracche che se mai tenti di risollevarti vieni ripiombato impietosamente nella tua desolazione. Vite che quando va via la luce restano come il ricordo dell’ospite di un giorno, che subito passa.
Questi sono gli eroi del romanzo di Alessandra Giordano, una sostanza umana che vive in spazi di fortuna, instabile, inadeguata, una folla invisibile ma ben presente nel buio della società.
Perché il CEP non è mai stata una casa accogliente, è un giaciglio umido che non riesce a proteggere i sogni, è l’indicatore spaziale del degrado.
“Don Pietro non riusciva a capire che cosa non avesse funzionato lì o a Scampia o a Baggio: interi quartieri pieni di figli che morivano di rabbia, di inedia, di alcool, di droga”.
Genoa Western Oresteia è un romanzo di dialoghi scarni, immediati e vivi. Il ritmo è quello delle pagine vissute, il linguaggio schietto compone un quotidiano molto simile al vero e la parola diventa protagonista dell’avventura più coraggiosa, quella che conduce nell’esperienza degli altri.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.