Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente: “L’inquinamento atmosferico sta danneggiando la salute umana e gli ecosistemi. Larghe fasce della popolazione non vivono in un ambiente sano. Per imboccare un cammino sostenibile, l’Europa dovrà essere ambiziosa e andare oltre la legislazione attuale”
FONTE: EEA. POPOLAZIONE URBANA UE-28 ESPOSTA A CONCENTRAZIONI SOPRA I LIMITI E I VALORI TARGET. LA % AUMENTA SE SI FA UN CONFRONTO CON LE LINEE GUIDA SULLA QUALITÀ DELL’ARIA (WHO) DELL’OMS. ANNO 2014.
L’inquinamento atmosferico è una questione ambientale e sociale importante, che pone molteplici sfide sia in termini di gestione e mitigazione degli inquinanti nocivi, che di ammodernamento dei sistemi produttivi e salvaguardia dell’occupazione.
Il contesto europeo
Secondo le stime di Air Quality in Europe 2016, l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), nonostante la crisi economica e le politiche degli ultimi decenni abbiano determinato una notevole riduzione delle concentrazioni di inquinanti nell’aria, queste sono ancora troppo elevate e una parte della popolazione europea vive in zone dove si superano i limiti fissati dalle norme in materia di qualità dell’aria.
FONTE: EEA. TABELLE MORTI PREMATURE ATTRIBUIBILI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E ANNI DI VITA PERSI, ANNO 2013.
Gli effetti dell’esposizione all’inquinamento atmosferico incidono soprattutto sulla durata della vita.
Per l’anno 2013, infatti, l’agenzia Europea dell’Ambiente ha calcolato che siano state 504.000 le morti premature nell’UE-28 attribuibili all’esposizione al particolato (PM2,5), al diossido di azoto (NO2) e all’ozono (O3), gli inquinanti atmosferici più dannosi.
Sempre nel 2013, le stime del numero di anni vita persi (YLL, years of life lost) nell’UE-28 a causa dei medesimi inquinanti è pari a 906.668.
Mappe e tabelle del rapporto Air Quality in Europe 2016 si basano sugli inventari delle emissioni forniti dalle stazioni di monitoraggio ufficiali di tutta Europa, presenti in oltre 400 città.
I dati e le valutazioni sul trasporto a lunga distanza degli inquinanti atmosferici, sono dati EMEP (European Monitoring and Evaluation Programme), il programma che, nel quadro della Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza UNECE (CLRTAP), ha il compito di sorvegliare e valutare tale trasporto attraverso inventari sulle emissioni, misurazioni e modelli di calcolo.
I trasporti
Il settore dei trasporti, comprese le emissioni dovute ai trasporti aerei e marittimi internazionali, è responsabile del 24% del totale delle emissioni di gas serra nell’UE. La sua dipendenza dal petrolio, stimata attualmente intorno al 96%, è insostenibile e, tuttavia, i prezzi dei carburanti non inviano segnali forti volti a incoraggiare la scelta di modalità più efficienti.
L’impatto sulla salute, anche se l’inquinamento dell’aria spesso non si vede, è significativo.
Alla luce di queste considerazioni, l’Unione Europea ha ritenuto di dover adottare una strategia comune per identificare le influenze delle attività portuali sulla qualità dell’aria del Mediterraneo in cinque aree portuali pilota, Venezia, Genova, Barcellona, Marsiglia e Salonicco, con l’obiettivo di individuare misure concrete di miglioramento.
I progetti APICE e CAIMANs
“La soluzione dei problemi di inquinamento atmosferico è una questione più politica che scientifica”.
Lo dice Paolo Prati, professore di Fisica Applicata al Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Genova, che con noi parla delle metodologie e dei risultati dei progetti APICE (Action for the mitigation of Port Industries and Cities Emissions) e CAIMANs (Cruise and passenger ship Air quality Impact Mitigation ActioNs), entrambi finanziati con il Programme MED 2007-2013.
APICE ha esaminato l’impatto delle attività portuali sulla qualità dell’aria, con particolare focus sul particolato atmosferico fine (cioè PM10 e PM2,5), andando a quantificare il contributo di questa realtà emissiva rispetto ad altre sorgenti sul territorio, come il traffico veicolare e il riscaldamento domestico.
Questa identificazione è stata possibile grazie a metalli quali Nichel, Vanadio, solfati, nitrati, ioni di ammonio, tipici della combustione di quell’olio pesante utilizzato come carburante dal trasporto navale.
La campagna di campionamento e analisi che ha toccato 5 aree pilota (Barcellona, Marsiglia, Genova, Venezia e Salonicco), è durata un anno e a Genova ha riguardato tre delle centraline della rete di monitoraggio del traffico stradale dell’ARPAL: in corso Firenze, a Multedo e a Bolzaneto.
“In media – spiega Paolo Prati – il contributo delle attività portuali alle concentrazioni di polveri sottili in città, varia dal 7-8% nella zona più interna, al 10% nella zona costiera”.
È il traffico la sorgente dominante, con il 40% del totale.
Tuttavia, lo studio ha evidenziato che le polveri sottili prodotte dall’attività portuale raggiungono aree urbane lontane anche diversi chilometri e che, nel periodo estivo, la concentrazione delle polveri portuali è tutt’altro che trascurabile, arrivando a raggiungere circa la metà di quello che è il contributo attribuibile al traffico cittadino.
“L’incremento estivo è determinato sia dalle particolari condizioni meteorologiche – continua Prati – che sono più sfavorevoli a causa dei venti che provengono da Sud-Sud Est e che trattengono l’inquinamento sulla città, che dall’aumento del traffico passeggeri. Si è ritenuto, dunque, di approfondire il contributo delle navi da crociera e dei traghetti con uno studio specifico: il progetto CAIMANs”.
Si tratta di un progetto di calcolo ad alta risoluzione per ottenere le mappe di concentrazione atmosferica dei principali inquinanti nella zona tra Sampierdarena e la Foce.
Non più un focus solo sul particolato atmosferico, dunque, ma un’analisi che osserva anche gli ossidi di azoto e gli ossidi di zolfo.
La ricerca ha tenuto conto delle caratteristiche delle navi passeggeri che attraccano a Genova, delle rotte di ingresso e di uscita dal porto, delle banchine di attracco, e ha valutato le emissioni sia durante lo stazionamento che in manovra.
“I risultati per PM10, PM2,5, Ossidi di zolfo e altri microinquinanti mostrano un contributo delle navi passeggeri molto piccolo – precisa Prati – l’unico inquinante che ha raggiunto valori elevati, ma sempre entro i limiti di legge, è il Diossido di azoto (NO2). Questi dati sono stati incrociati con la densità abitativa del Comune di Genova per quantificare il numero di persone esposte alle concentrazioni più elevate di NOx, cioè gli ossidi di azoto e le loro miscele: sono un centinaio”.
Ci chiediamo: viste le concentrazioni così elevate, se il conteggio avesse riguardato anche le navi mercantili, si sarebbero superati i limiti di legge?
Gli ossidi di azoto
La sigla NOx identifica in modo generico gli ossidi di azoto che si producono come sottoprodotti durante una combustione. Alcuni di essi, in presenza di radiazione solare, reagiscono con l’ossigeno formando ozono e altri composti del cosiddetto smog fotochimico.
Il triossido ed il pentossido di azoto sono solubili in acqua e con l’umidità atmosferica possono formare acido nitroso e acido nitrico, entrambi presenti nelle cosiddette piogge acide. Gli ossidi di azoto impattano sul sistema respiratorio, sul fegato, sulla milza e sul sangue.
Per questi motivi sono annoverati tra gli inquinanti atmosferici più critici.
Le preoccupazioni dei cittadini
“La Valutazione annuale della qualità dell’aria di ARPAL per l’anno 2015 – puntualizza Enzo Tortello, Presidente del Comitato Tutela Ambientale Genova Centro Ovest – evidenzia che le attività portuali nell’agglomerato di Genova, in primo luogo le navi in stazionamento, incidono sulla produzione di NOx per il 62% e determinano il superamento del limite della media annuale“.
Attualmente, l’Unione Europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti del Comune di Genova.
Sotto la lente di Bruxelles il mancato rispetto della Direttiva 2008/50/CE sulla qualità̀ dell’aria, determinato proprio dal superamento dei limiti medi annui di NO2.
“Un altro dato che deve far riflettere – prosegue Tortello – è quello delle concentrazioni di zolfo (SOx).
La Direttiva 2012/33/CE, prevede che le navi all’ormeggio nei porti dell’Unione passino all’utilizzo di un combustibile diverso da quello di navigazione, con solo lo 0,1% di zolfo. Fanno eccezione le navi che sostino in porto per tempi inferiori alle due ore”.
Non sarebbe necessario valutare con attenzione questa deroga, soprattutto a Genova dove le emissioni navali contribuiscono ad aumentare i problemi dell’aria locale?
Cento morti in più ogni anno
“Tra la popolazione genovese si stimano cento morti in più ogni anno per il superamento dei limiti degli ossidi di azoto”.
A presentare il conto è Federico Valerio, chimico ambientale dell’ECOistituto RE-GE, che spiega: “ARPAL ha effettuato controlli a camino su alcuni traghetti in navigazione, che hanno confermato il problema degli NOx. Tuttavia, per quanto riguarda le normative internazionali a tutela del mare, sono risultati nei limiti”.
Ma allora qual è il problema? C’è, in effetti, un dato che non si deve sottovalutare.
Continua Federico Valerio: “In base alle prescrizioni nazionali, se queste navi fossero fabbriche fisse sul territorio, le loro emissioni a camino sarebbero fuori legge. E il porto è estremamente vicino alle abitazioni che, dunque, sopportano un inquinamento fuori legge. Inoltre, manca una rete di rilevamento dedicata, che richiederebbe il posizionamento di centraline nelle zone che la modellistica ha già individuato come zone di ricaduta delle emissioni del navale, ad esempio sui tetti delle case”.
Per non parlare dei lavoratori portuali, che sono parte della popolazione esposta…
Che fare?
“Noi non vogliamo far chiudere il porto”, si difende Marina Bellinazzo, segretaria del Comitato Tutela Ambientale Genova Centro Ovest, che ribadisce: “Sappiamo bene che è una ricchezza per la città. Vorremmo soltanto che il traffico marittimo non fosse nocivo per la salute dei cittadini e che si facesse tutto il possibile per limitare l’inquinamento”.
Le soluzioni ci sono. I progetti APICE e CAIMANs hanno prodotto studi di scenario al 2020 che i decisori politici potrebbero usare per adottare misure di mitigazione dell’inquinamento portuale. In particolare l’adozione di carburante GNL (Gas Naturale Liquefatto) su tutta la flotta passeggeri e l’elettrificazione delle banchine.
I numeri: usare GNL determina una riduzione del 90% degli NOx, del 100% degli SOx, del 100% del Particolato atmosferico fine e dei microinquinanti.
L’elettrificazione delle banchine del terminal passeggeri comporta una riduzione delle emissioni in fase di stazionamento pari all’ 80% per le navi da crociera e al 90% per i traghetti.
Insomma, in termini generali la conoscenza delle sorgenti, dei meccanismi dell’inquinamento atmosferico e dei metodi per ridurre le emissioni, è largamente consolidata.
Ora occorre che si muova la politica perché, se è vero che la normativa ambientale negli ultimi anni si è evoluta ed è diventata più stringente, la sua applicazione concreta ha messo in secondo piano la prevenzione sanitaria. Esempio classico sono proprio i limiti di legge previsti per l’inquinamento atmosferico che, spesso, non corrispondono ai limiti di sicurezza sanitaria dell’OMS.
Servono misure più incisive e coraggiose, che mettano fine alle logiche del profitto a tutti i costi, e che sottraggano al conto quei 100 morti genovesi stimati per l’anno prossimo.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.
Molto interessante, grazie.