Croma blindate, chili di tritolo, vetri in frantumi, colpi di pistola, pozze di sangue e flash di fotografi.
Sono 27 i magistrati uccisi barbaramente in Italia dal 1969 al 1994, insieme alle loro ombre: gli agenti delle scorte.
Nomi dei quali si è perso il ricordo, se escludiamo qualche piazza o aula di giustizia.
Paride Leporace, direttore di frontiera de “il Quotidiano della Basilicata”, ne traccia la carriera e la morte seguendo il ritmo incalzante di un destino ineluttabile, con una prosa coinvolgente che sa lasciare l’amaro in bocca. Vite spezzate da un sistema di potere che fa rima con connivenza, che è l’anagramma di “terrorismo”, una metafora di Stato dove lo Stato è assente o, peggio, complice. Vicende scomode che finalmente riaffiorano colmando uno scandaloso vuoto di sapere, ulteriore oltraggio senza clamore e (apparentemente) senza violenza.
In chiusura, vi lascio con un’eloquente esternazione di Silvio Berlusconi, datata 4 settembre 2003: “Questi giudici sono matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana”.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.