Another brick in the wall

Una chiacchierata con Piero Caroleo, direttore della Cooperativa Atlante che in Calabria gestisce 6 progetti SPRAR

Da sinistra: Sandra Perfetti, coordinatrice Centro SPRAR di San Gregorio d'Ippona - Piero Caroleo, direttore Cooperativa Atlante - Anna Riccio, coordinatrice Centro SPRAR di Santa Caterina dello Ionio.
Da sinistra: Sandra Perfetti, coordinatrice Centro SPRAR di San Gregorio d’Ippona – Piero Caroleo, direttore Cooperativa Atlante – Anna Riccio, coordinatrice Centro SPRAR di Santa Caterina dello Ionio.

Solidarietà. Sappiamo tutti che cosa significa. È quello spirito altruista che si manifesta nei confronti di altri uomini meno fortunati di noi.
Spesso, tuttavia, questa solidarietà si fonda su una visione troppo semplicistica delle situazioni e finisce con l’ottenere un effetto contrario. Questo perché, ignorando gli obiettivi a lungo termine, ci si muove nell’ambito ristretto delle contingenze immediate, che possono offrire una visione distorta e accrescere la miseria futura.

È lungimirante catalogare la disperazione? Separare i migranti economici dai richiedenti asilo negando loro l’accoglienza? È solidarietà?

“Se non possiamo accoglierli tutti – sottolinea Piero Caroleo, direttore della Cooperativa Atlante che in Calabria gestisce 6 progetti SPRAR – occorre influire lì sul posto, con una sorta di nuovo contratto sociale planetario. Uno stock dei proventi che derivano all’Occidente dallo sfruttamento delle risorse nei Paesi extra europei deve restare lì, implementato in progetti sociali. Basterebbe un po’ di buonsenso – continua Caroleo – invece c’è tutta un’ipocrisia intorno ai migranti economici che rimuove persino i sensi di colpa”.

Un genocidio senza rimorsi?

La concezione che gli uomini hanno di ciò che è giusto o sbagliato, che si traduce poi nelle varie linee di azione, oggi è determinata anche dalla paura.  Una paura alimentata dalle parole della politica che sta inventando una nuova etica per la quale la morte per grandi numeri è lo scotto da pagare per continuare a vivere in sicurezza.

In nome di questa sicurezza, quando non possiamo respingerli li emarginiamo.

“Se produco esclusione – osserva Caroleo – avrò come risultato degli emarginati che fanno paura, che ci faranno sentire minacciati nelle piccole cose che abbiamo. Il ruolo dei media in questo senso è cruciale. Posto che accogliere non è facile, è anche vero che alcuni fenomeni come l’alcolismo sono gestibili. Non si tratta di cosa grave da allarme sociale. Ma se voglio cavalcare la cosa… Accogliere è un dovere ma è molto più facile parlare alla pancia della gente”.

In nome di questa sicurezza, costruiamo muri.

L’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, al primo comma recita: ”ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni stato”.

Il Regno Unito costruirà un muro alto 4 metri e che si estenderà per un chilometro lungo la strada che conduce al porto di Calais. Ma questo non scoraggerà i tentativi dei migranti di aggrapparsi ai camion che si imbarcano per l’Inghilterra. “Non illudiamoci, i muri non fermano – conclude Caroleo – i muri rendono solo tutto più faticoso”.

I nostri stati fortificati per cittadini ad alto reddito non fermeranno la miseria e la disperazione. Se ricostruirà muri e frontiere l’Europa negherà sé stessa e lo spirito per cui è nata e noi, cittadini europei, saremo soltanto un altro mattone nel muro.

Simona Tarzia

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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