I social rappresentano un buon veicolo per comunicare le proprie strategie aziendali, per essere cool, smart e, per molti, giovanilista. Il suo lato negativo è che ti tocca sorbirti le idee pasticciate, gli insulti e i ragionamenti sgangherati di un mucchio di persone con le quali neanche ti sogneresti di andare a prendere il caffè.
Nella speranza che la sbornia referendaria si esaurisca in fretta, mi chiedevo a chi andrà l’attenzione di Travaglio. Il direttore del Fatto è un bravo giornalista, ha saputo rinnovare il modo di fare giornalismo partendo dalle lezioni di Indro Montanelli, ma se non ha un nemico pubblico su cui mirare non riesce a dare il meglio. Sia chiaro, ognuno nel suo giornale scrive quel che vuole, esattamente come noi facciamo su questo giovanissimo blogghettino. E poi Marco Travaglio mi piace perché non mi annoia.
Le sue simpatie per Matteo Renzi erano note sin dai tempi in cui il rottamatore faceva ancora coppia con Pippo Civati e la giovane Deborah Serracchiani faceva finta di essere emergente punzecchiando Baffetto.
Poi cosa è successo? Forse Beppe Grillo, dopo aver detto di tutto alla categoria dei giornalisti, si è reso conto che in una nazione anzianotta non tutti erano abili a sostenere il M5S attraverso la tastiera. Aveva bisogno di uno sbarco sulla carta stampata.
Complice Matteo Renzi, reo di delirio aggravato di onnipotenza, Travaglio è diventato il fustigatore del premier fiorentino e nel frattempo ha condiviso con il M5S molte posizioni programmatiche.
Qualche scossone il PD lo ha preso, ma forte del risultato elettorale delle europee, ha navigato in mare sicuro scortato dagli imprenditori che intravedevano nelle posizioni liberiste di Renzi un futuro radioso. Persino Oscar Farinetti in un intervento disse che il PD del nuovo corso doveva diventare “simpatico”. Bell’affare. Se i consigli sulla simpatia li ha dati Natale (Oscar è il nome d’arte) si capiscono tante cose. Oltretutto non ho mai conosciuto un fiorentino simpatico.
Che cosa abbiamo visto sui social oggi? Tanti sostenitori del M5S che nell’esultanza da stadio non hanno capito che il movimento fondato da Grillo e Casaleggio sta cambiando stile. Il linguaggio si smorza, si arrotonda ,sempre meno parolacce, sempre più perbene. I militanti, dovrebbero essere informati che è in atto una nuova strategia di comunicazione che prevede toni meno accesi. Ancora molti di loro sono fermi su posizioni forcaiole. Puoi essere forcaiolo per un po’ di tempo ma se poi non tiri fuori la forca e consumi solo la tastiera non fai neanche più ridere. Certo ogni tanto Beppe Grillo qualche parolaccia la dice, ma lui fa il comico.
Ma ho letto anche tanti commenti di Piddini sconfitti che, come comandanti coraggiosi e a petto gonfio, sfidano la procella e affrontano l’abisso urlando all’ingiustizia del fato. Ehi, pronto? ma ci siamo o no? Vi piace la democrazia solo quando il 60% (per dire) lo prendete voi?
Ho persino letto di persone che, iscritte all’ANPI ma fedeli al SÌ, hanno minacciato di restituire la tessera offese dall’esito del voto. Certamente si sono perse un passaggio: Carlo Smuraglia, Presidente nazionale, ha dichiarato dall’inizio che la linea dell’Associazione partigiani era per il NO. Pretendere di aver ragione a tutti i costi è una castroneria, dovevano andarsene prima.
Molti rimproveri a chi ha votato NO, anche duri e risoluti, avevano come tema il rischio di consegnare l’Italia alle destre. Non voglio pensare che queste persone confondano il PD con il Partito Comunista, tenuto in vita solo dal Cavaliere, che apostrofava la folla con frasi tipo:” è colpa dei comunisti! Se non votate me i comunisti andranno al potere”. Tutti a cercare invano ‘sti comunisti, con il risultato di trovare il pessimo Bertinotti, che era tutto tranne che comunista e Diliberto che lo era nel tempo libero. Gli altri non pervenuti! Comunque la destra al potere c’era già, con Alfano e il Nuovo Centro Destra.
Veniamo a Renzi. Le ha provate tutte. Schede elettorali fac-simile che tali non erano perché non esisteva un originale di riferimento. Consiglio elettorale mandato a casa (pure a me, chissà chi ha pagato stampa e spedizione), uno e trino in TV, 4 milioni di schede agli italiani all’estero. Insomma, ha cercato di farci digerire sta riforma in tutti i modi anche con il nuovo sussidiario per la V elementare “Imparo facile” della Cetem, che spiega la formazione del Senato dando per scontata la vittoria del SÌ.
È andata male.
In un paese normale, il Premier, arbitro imparziale nelle contese referendarie, oggi continuerebbe il suo lavoro fino al termine del mandato. Qui no. Noi non siamo normali. Il Premier tenta di modificare la Carta Costituzionale a colpi di maggioranza, personalizza la campagna referendaria, perde e, come se fosse un vanto, dà le dimissioni. Qualcuno gli spiega che non erano elezioni politiche? L’ha fatto il Presidente Sergio Mattarella gli ha chiesto di “soprassedere alle dimissioni per presentarle dopo l’approvazione della legge di bilancio e per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio”.
Facendo i conti della serva e seguendo la corrente di quelli che, sbagliando sia chiaro, trasformano un referendum sulla Costituzione in un voto pro o contro Matteo Renzi, vi invito a valutare l’esito del voto.
Come era composto il fronte del NO? E quello del SÌ?
Quale percentuale aveva ottenuto il Premier uscente (ma congelato) alle Europee?
Il PD non è poi così spaccato mi pare, perché alla fine il consenso è immutato. Sconsiglio frettolose discese dal carro dello sconfitto perché prevedo sorprese.
Ora, visto che in due anni i nostri dipendenti romani non sono riusciti a produrre una riforma costituzionale condivisa, hanno partorito l’Italicum non al riparo da gravi vizi di incostituzionalità e abbiamo speso una cifra clamorosa per questo referendum, sarebbe bello se potessimo avere, bontà loro in tempi rapidi, una legge elettorale degna di un paese civile. Se questo non fosse possibile e volessimo continuare su questo profilo bassino, potremmo tirare verso le nostre posizioni i nostri partner europei. Comincerei consigliando ad Angela Merkel la consulenza di Jim Messina.
Vincitrice unica di questo referendum è la Costituzione.
fp
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.