Il 14 dicembre scorso l’ISTAT ha presentato la quarta edizione del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES).
Gli indicatori del Bes, in tutto 130, sono articolati in 12 domini: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi.
Oggi getteremo uno sguardo sul patrimonio culturale e l’ambiente.
Paesaggio e patrimonio culturale. Segnali di arretramento per tutela e valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale
L’Italia conserva il primato nella Lista del patrimonio mondiale dell’Unesco per numero di beni iscritti (51, pari al 4,8% del totale), seguita – ormai a brevissima distanza – dalla Cina (50) e poi da Spagna, Francia e Germania.
Tuttavia, il quadro complessivo segnala in molti casi difficoltà e arretramenti, in parte riconducibili alla lunga crisi economica che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Si è, infatti, ridotta sensibilmente la spesa pubblica destinata alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale (dallo 0,3% della spesa complessiva delle Amministrazioni centrali del 2009 allo 0,2% del 2015) e continua a crescere – sia pure nel contesto di una generale contrazione della produzione edilizia – il tasso di abusivismo. Si stima, infatti, che nel 2015 siano state realizzate quasi 20 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate, contro le 17,6 dell’anno precedente e le 9,3 del 2008.
Coerentemente con questi segnali negativi aumenta – soprattutto fra i giovani – la quota di italiani che si dichiarano insoddisfatti del paesaggio del luogo di vita, ritenendolo “affetto da evidente degrado”; sono il 22,1% nel 2015 contro il 20,1% dell’anno precedente e il 18,3% del 2012. Si osserva, contestualmente, un declino dell’attenzione al tema della sua tutela: diminuiscono gli italiani che indicano “la rovina del paesaggio causata dall’eccessiva costruzione di edifici” fra le cinque maggiori preoccupazioni in materia ambientale (15,7% nel 2015 contro 17,1% nel 2014).
Le differenze regionali riguardano prevalentemente le politiche pubbliche e l’abusivismo. Se si esclude la Sardegna, che si attesta su livelli di spesa intorno ai 14 euro, i comuni meridionali spendono in media 3,5 euro pro-capite a fronte di una media italiana di 10 euro. In Campania e Calabria il numero di edifici costruiti illegalmente si stima in crescita nel 2015: la quota rispetto a quelli autorizzati è pari rispettivamente a 63,3% e 61,8%; nelle altre regioni del Mezzogiorno si supera il 30%.
Insomma, il patrimonio culturale in Italia sembra sempre più sinonimo di mera esistenza e sempre meno presupposto per la creazione di valore.
Ambiente. Persistono ritardi e difficoltà strutturali
Le risposte alle problematiche di salvaguardia dell’ambiente, in gran parte guidate dalle normative europee o dall’insorgere di specifiche emergenze, appaiono ancora frammentate.
Negli ultimi anni l’estensione della superficie delle aree protette non ha subito modifiche rilevanti anche se è in aumento nel corso dell’ultimo decennio. Anche i territori inclusi nella Rete Natura 2000 non registrano variazioni, attestandosi al 19,3%, valore comunque superiore alla media europea (18,4%). In ambito urbano la disponibilità media di aree verdi nei comuni capoluogo è di 31,1 m² per abitante (due terzi circa dei comuni però si attestano sotto il valore medio e 19 città non raggiungono i 9 m² pro capite).
Sul fronte energia, materia e cambiamenti climatici, fra il 2014 e il 2015 scende visibilmente la quota di consumi energetici coperti da fonti rinnovabili, passando dal 37,3% al 33,1%. Tuttavia il valore dell’indicatore è più che raddoppiato negli ultimi dieci anni (era il 15,5% nel 2004).
In calo costante le emissioni, passate nel periodo 2004-2014 da 10,3 a 7,0 tonnellate di CO2 equivalente per abitante.
Gli indicatori soggettivi relativi alla preoccupazione per la perdita di biodiversità e alla soddisfazione della situazione ambientale della zona in cui si vive mostrano da un lato una maggiore sensibilità sul tema della conservazione delle specie: nel 2015 il 19% delle persone si ritiene preoccupato a fronte del 17,2% del 2014, in particolare i giovani (28,4% fra i 14-19enni). Dall’altro è in leggera flessione la soddisfazione per la qualità ambientale della zona di residenza, che si attesta nel 2015 al 69,8% delle persone di 14 anni e più (-1,5 punti percentuali).
Su questo aspetto è significativo il divario territoriale: nel Mezzogiorno la quota di persone soddisfatte è al 60,7% (contro il 75,3% del Nord) e in netta diminuzione rispetto al 2014 (64,3%).
Nonostante il trend in diminuzione in tutte le aree, resta elevata la quota di rifiuti smaltiti in discarica rispetto a quelli raccolti ed è pari a quasi la metà dei rifiuti nel Mezzogiorno, al 32,4% al Centro e al 19% al Nord.
Se è vero che proteggere l’ambiente significa anche impegnarsi investendo nelle energie rinnovabili e riducendo i rifiuti, allora l’Italia è ancora ferma sulla strada più sporca.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.