Genova – Che fine fa la raccolta differenziata dei genovesi?
Lo abbiamo scoperto nell’impianto AMIU di via Sardorella, a Bolzaneto, insieme all’Associazione Amici del Chiaravagna che ha organizzato la visita nell’ambito degli eventi “A tutto Sesto”.
Questo centro per la lavorazione dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata, inaugurato nel 2013, occupa un capannone di oltre 3.000 metri quadri e opera sulla frazione secca, cioè multimateriale leggero (plastica, ferro, alluminio) e frazione cellulosica (carta e cartone).
Il vetro ha un’altra filiera che non è gestita da AMIU.
Le quantità trattate oggi si aggirano intorno alle 19.000 tonnellate all’anno per la frazione cellulosica e alle 7.500 tonnellate all’anno per la linea del multimateriale, per un fatturato che nel 2016 ha toccato i 4 milioni di euro e a fronte di un costo di esercizio pari a circa 3 milioni di euro.
La raccolta differenziata rende bene e, considerato che il centro è costato 3 milioni e mezzo di euro nel 2013 impiantistica compresa, è anche molto rapido il recupero dell’investimento.
Ma cosa succede ai materiali?
All’arrivo vengono separati e accatastati: carta e cartone da un lato e plastica e metalli dall’altro. Poi, a seconda della lavorazione, appoggiati sui nastri trasportatori e separati meccanicamente attraverso passaggi specifici a seconda che si tratti di plastica, contenitori ferrosi, alluminio, cartone oppure carta mista a cartone.
Ogni flusso subisce anche un controllo manuale: nell’impianto, infatti, si fa la pulizia del materiale, cioè si estrae la frazione estranea, e lo si rende trasportabile trasformandolo in balle pressate.
Due numeri: la frazione estranea che arriva all’impianto di via Sardorella è dell’1% per carta e cartone e sale al 30% per il multimateriale che, dopo la cernita, esce con un residuo del 14%.
Cos’è la frazione estranea?
La frazione estranea è costituita da tutto ciò che il Decreto Ministeriale 22 aprile 2014 non considera imballaggio, per esempio le custodie per cd, le posate usa e getta, i vasi da fiori o le bacinelle da bucato.
Una confusione normativa che complica la vita al cittadino e che si potrebbe superare trasformando i consorzi di filiera in consorzi di materia, così da recuperare anche tutto ciò che non è imballaggio.
Non solo. La presenza di frazione estranea incide negativamente sul corrispettivo riconosciuto ai comuni dai consorzi di filiera: quante più impurità sono contenute nel materiale conferito, tanto più bassa è la somma riconosciuta al comune.
Per saperne di più leggi l’allegato tecnico ANCI-COREPLA e l’allegato tecnico ANCI-COMIECO (ANCI è l’Associazione Nazionale Comuni Italiani).
Come funzionano i consorzi?
Il sistema Conai – Consorzio Nazionale Imballaggi – nasce nel 1997 con il Decreto Ronchi per recepire la Direttiva Europea n. 62/1994 in tema di imballaggi e rifiuti di imballaggi.
Il Conai indirizza l’attività e garantisce i risultati di recupero di 6 Consorzi di filiera: Ricrea che si preoccupa di assicurare il riciclo degli imballaggi in acciaio, CiAl per gli imballaggi in alluminio, Comieco per il recupero e riciclo di carta e cartone, Rilegno che ha il compito di recuperare i rifiuti di imballaggio di legno, Corepla per gli imballaggi in plastica e Coreve che è responsabile del riciclo e del recupero dei rifiuti d’imballaggio in vetro.
Il sistema consortile funziona così: per ogni tonnellata di imballaggi che immettono sul mercato, i produttori versano il contributo ambiente Conai – cac – al Conai, che distribuisce ai consorzi di filiera le quote spettanti.
Questo contributo è la forma di finanziamento che permette a Conai di intervenire a sostegno delle attività di raccolta differenziata e di riciclo dei rifiuti di imballaggi.
Tra le entrate del Conai si contano anche i ricavi ottenuti con la vendita dei materiali conferiti dai comuni, e dunque si riconosce a questi un corrispettivo a tonnellata per compensare gli extra costi sostenuti per la raccolta differenziata degli imballaggi.
Lo strumento attraverso il quale il sistema consortile garantisce ai comuni italiani la copertura dei maggiori oneri sostenuti è l’Accordo Quadro ANCI-CONAI, che si rinnova ogni cinque anni.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.