Genova – In attesa che la delibera di aggregazione Amiu-Iren Ambiente torni in Sala Rossa per la terza volta, il 2 e il 3 maggio insieme al bilancio, i comitati che da anni si battono contro la svendita dei servizi pubblici alle multiutility, si sono incontrati sabato a Palazzo Tursi per fare il punto sulla situazione delle partecipate nel Nord Italia, anche in vista dell’incorporazione in Iren di ACAM La Spezia.
Organizzata dal GCR Liguria – il Coordinamento ligure per la Gestione Corretta dei Rifiuti – e dal Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua, l’iniziativa pubblica ha visto una pioggia di smentite sulle dichiarazioni della Giunta e del CdA di Amiu.
A sgombrare il tavolo è, innanzitutto, Roberto Melone, del Forum per l’Acqua Pubblica ligure: “Un grande Monopoli, questo stanno facendo dei nostri servizi pubblici locali, svendendoli a quattro grandi player nazionali come Iren, Acea, a2a ed Hera”, poi alza il tiro e ricorda come Erasmo D’Angelis, all’epoca capo dell’unità di missione Italiasicura, abbia salutato la nascita di Utilitalia, nel 2015, con la frase: “Siamo l’ultimo paese sovietico d’Europa”, per aggiungere in seguito: ”Dobbiamo passare da 1.500 società partecipate a 20 regionali per la gestione dei rifiuti, 5 grandi player per il servizio idrico integrato, 3 per la distribuzione del gas e 4 per il trasporto pubblico locale”.
Questo il disegno del Governo per privatizzare gli utili e socializzare i costi che, auspica Melone, “dobbiamo rendere, tutti insieme, il più tortuoso possibile”.
“Dovete richiedere l’intervento dell’Europa perché questa aggregazione è in palese violazione delle sue leggi liberiste perché si privatizza senza mettere a gara ma con semplice assorbimento” consiglia Emilio Molinari del Forum Nazionale per l’Acqua Pubblica e aggiunge un richiamo alla coerenza: “su questa aggregazione si gioca la politica del Comune e non ci si può presentare agli elettori facendo finta che questi non siano problemi, non si può non metterli al primo posto nei programmi”.
In Europa e nel mondo le cose vanno in modo diverso: nel 2015 il diritto umano all’acqua entra con la prepotenza di 1.8 milioni di firmatari al Parlamento europeo e apre la discussione sui beni comuni non mercificabili (per il testo “L’acqua è un diritto” approvato dall’Europarlamento clicca QUI).
Non solo. Lubiana è la prima capitale europea che ha assunto la strategia Rifiuti Zero.
“Credo che Genova abbia il compito storico di passare dalla gestione disastrosa della discarica di Scarpino (per il testo della Commissione Parlamentare di Inchiesta clicca QUI) a una gestione virtuosa” spiega Rossano Ercolini, fondatore del movimento Rifiuti Zero e vincitore del Nobel per l’ambiente 2013, e poi non perde l’occasione per puntare il dito su alcuni concetti chiave in discussione in questi giorni: “Genova deve uscire dalle grinfie delle multiutility che decidono le sorti dei territori gestendo le risorse nel nome del business, as usual. Ci attendiamo una svolta, l’assunzione della sfida piena, coraggiosa dal punto di vista civico ma possibile sul piano industriale ed economico, di adottare la strategia Rifiuti Zero”. E ancora: “Le tre sorelle – Iren, Hera e a2a – aiutate dalla deregulation che permette la libera circolazione dei rifiuti introdotta con l’articolo 35 del decreto Sblocca Italia, disegnano i territori come tavoli da gioco: noi, insieme, dobbiamo far saltare quei tavoli”.
Accanto a queste criticità, ci sono delle occasioni perse. Nel Bilancio di Sostenibilità di Amiu 2015, a pagina 72, si legge che “l’azienda, di concerto con l’azionista, cioè il Comune di Genova, ha elaborato un piano industriale improntato al superamento dell’emergenza Scarpino in una prospettiva di continuità finanziaria e occupazionale di medio – lungo periodo, che prevede nuove assunzioni, investimenti in mezzi e impianti tecnologici atti a una piena ottemperanza alla normativa europea attraverso l’istituzione di un ciclo completo di gestione del rifiuto”.
Poi qualcosa è cambiato. “Si sono modificate completamente le prospettive” denuncia Federico Valerio, consulente del GCR, “questo qualcosa è stato l’ingresso di Iren in questa scorta. Hanno cominciato a circolare notizie e informazioni false. Un meccanismo che la Giunta Doria ha in qualche modo voluto e appoggiato per poter arrivare all’obiettivo che si era prefisso, l’aggregazione”.
La prima scorrettezza? “La notizia che la chiusura di Scarpino abbia creato un extra costo di 28 milioni di euro all’anno. Si dimentica di dire che prima nessuno ci regalava lo smaltimento a Scarpino. Il costo reale aggiuntivo è di 16 milioni di euro all’anno”.
Equivale al 10% circa della TARI che i cittadini pagano oggi.
In questa direzione vanno anche le informazioni divulgate sui costi di bonifica: “Un altro dato falso è che i costi della bonifica di Scarpino e del conferimento dell’organico fuori regione dovranno gravare sulla TARI“ continua Valerio e aggiunge “Sappiamo che la problematica di Scarpino è stata determinata anche da eventi climatici estremi, dunque il Comune avrebbe potuto chiedere un risarcimento per calamità naturale” che si ripaga con la fiscalità nazionale.
Lo stesso vale per le dichiarazioni sul rinnovo del contratto di servizio: “È falso che senza Iren si debba andare a gara nel 2020. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto che i comuni sono liberi di conferire il servizio in house senza gara. Tra l’altro questa incertezza ha determinato che in questi giorni le banche si siano tirate indietro e abbiano bloccato la capacità di spesa di Amiu. Ecco che il meccanismo per enfatizzare l’ingresso di Iren è completo”.
“Quando c’è scritto S.p.A., la S.p.A. fa l’interesse degli azionisti e non del pubblico” a sottolineare la questione è Oscar Brunasso, Rifuti Zero Piemonte, che insiste sulla necessità di fare pressione sui decisori politici: “Non fa l’interesse dei cittadini ma di pochi. Dobbiamo rinfacciarglielo in ogni occasione. Questo vale anche per le politiche di comunicazione: il cittadino deve sapere che la sua azione ha un riscontro economico, bisogna introdurre la tariffazione puntuale. Amiat Torino, con la raccolta differenziata al 43%, guadagna 7 milioni di euro che sono integrati nel bilancio e non esplicitati al cittadino. È molto grave perché il cittadino continuerà a considerare la raccolta differenziata come un lavoro in più che non porta a nulla”. Poi fa un appunto significativo: “Da quando a Torino è partito l’inceneritore, siamo fermi a questo 43% di RD. Sono passati ormai dieci anni”.
A nessuno viene il dubbio che forse questo modo di fare reiterato abbia stancato molti italiani?
“C’è una forte assonanza con il caso di ACAM La Spezia perché in entrambe le città questa commistione tra pubblico e privato viene fuori quando ci sono i rinnovi delle amministrazioni” mette in evidenza Rino Tortorelli, di Italia Nostra, e rileva come “non sia solo poco opportuno dal punto di vista politico generale ma rappresenti anche come il potere politico, che teme di perdere queste amministrazioni, voglia prendere delle decisioni che impegnino per anni anche le amministrazioni eventualmente diverse, su un sistema che va in quel posto alle comunità locali”. Poi lancia l’idea del referendum consultivo comunale: “Sull’aggregazione ACAM-Iren stiamo promuovendo un referendum consultivo della città, proprio sotto elezioni, per dare un segnale politico forte”.
La posizione dei lavoratori
Al tavolo di sabato hanno partecipato anche le rappresentanze dei lavoratori Amiu e AMT.
“Ho uno striscione bellissimo davanti”, fa notare Tortorelli che sa bene come, per avere una speranza di vittoria, l’appoggio dei lavoratori sia essenziale e aggiunge: “Da noi non abbiamo un cartello con scritto ACAM in lotta. Da noi i lavoratori non si sono mossi. Sono tenuti sotto un sistema che fa definire La Spezia come la Caltagirone del Nord. Non hanno nessun tipo di reazione perché i lavoratori sono soggetti a telefonate minatorie”.
Lo striscione a cui fa riferimento Tortorelli è quello di ULA, l’Unione Lavoratori Amiu, che campeggia rosso e giallo in Sala Giunta Nuova e annuncia l’intervento di Roberto Delogu, che riparte dal KO inflitto da Iren a tutte le aziende che ha in mano: “Iren fa gare a un ribasso che sfiora il 50%, potete immaginare quale tipologia di servizio possa dare. Il call center di Mediterranea delle Acque è stato messo a gara e vinto da una ditta col 48% di ribasso: oggi è in Albania”.
Quindi non si lascia sfuggire un’altra stoccata: “Mi dispiace che alcuni, che non oso più neppure chiamare compagni, personaggi della CGIL e del Terzo Settore, non abbiano a cuore queste questioni”.
Un intervento articolato che fa il paio con quello di Marco Marsano, segretario di ORSA TPL Genova, che porta la solidarietà dei lavoratori AMT ai colleghi di Amiu e denuncia le sofferenze del trasporto pubblico genovese, dei lavoratori e degli utenti: “L’azienda continua a minimizzare, continuano a uscire mezzi in condizioni vergognose. Si fanno pressioni pesanti sugli autisti nella speranza che qualcuno ceda e prosegua comunque il servizio nonostante le avarie sui mezzi. Quello che è diventato il trasporto pubblico è sotto gli occhi di tutti”.
C’è contestazione, sì, e anche tanta rabbia per le sorti della partecipata del trasporto pubblico genovese: “Dietro a questa situazione c’è una regia politica, che è quella del PD, che prevede di privatizzare per fare entrare Bus Italia”.
Eppure, basterebbe rispettare il voto degli italiani che, con i referendum abrogativi del 2011 sull’acqua e i servizi pubblici locali, hanno deciso per uno stop alla stagione delle gare e dei ribassi.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.