Kosovo, veleni per i soldati italiani

La Sindrome dei Balcani che colpisce i reduci dalle missioni nella ex-Jugoslavia

Gli inquieti Balcani attorno all’Albania. In Kosovo il veleno ai nostri soldati ed ex patrioti-terroristi capi di Stato. Paese di recentissima e travagliata formazione e attorno, gli albanesi di Serbia, di Montenegro, di Grecia e i molti di Macedonia. Sfida demografica e instabilità garantita per tutta l’area da qui al futuro del mondo.
In Macedonia l’ex uomo del nazionalismo slavo, Gruevski che rischia il carcere e il Paese uno scossone interno.

Kosovo dei veleni

Veleni politici con qualche morto attorno, e veleni concreti quelli respirati dai nostri militari (e non solo loro) che hanno operato in Kosovo successivamente ai bombardamenti Nato sulla Jugoslavia del 1999. È stato il medico militare Ennio Lettieri stamane davanti alla Commissione Parlamentare sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito, a denunciare che il contingente italiano in Kosovo ha bevuto a lungo acqua cancerogena, e comunque inquinata. Il medico ha spiegato che “l’acqua analizzata nel 2015 e presente fino al 2016, conteneva bromato, cancerogeno di classe 2B, in quantità di 65/67 microgrammi-litro, a fronte di un limite di 10 tollerato”. Il medico ha detto anche che “dalla base di Film city (sulla alture della capitale Priština), sono ben visibili le ciminiere della compagnia elettrica Kek”, sottolineando che “soprattutto la sera c’era aria giallognola che rendeva l’aria malsana e irritante per le vie respiratorie”.

Centrale elettrica di Obilić – foto Fabio Palli

Uranio impoverito

Non solo acqua da bere (l’Acqua Dea, versione frizzante risulta ancora oggi in distribuzione a Film City). Ancora Lettieri: “A 7 km da Pristina è situata la compagnia elettrica Kek, le cui ciminiere sono ben visibili dalla base di Film City ed emettono nuvole giallognole che rendono soprattutto nelle ore serale l’aria malsana ed irritante per le vie respiratorie. La polvere che fuoriesce dall’impianto – ha rilevato – è un composto di piombo, fenolo (altamente cancerogeno) ed altre sostanze chimiche, che si deposita a diversi km di distanza anche nella base di Pristina, sede del comando Kfor e nella base dei nostri Carabinieri che è più vicina a Kek. Quindi o per inalazione e per ingestione queste particelle possono introdursi nell’organismo e provocare anche a distanza di 10 anni patologie tumorali”. Il tenente colonnello aveva chiesto di sottoporre a sorveglianza sanitaria mirata il personale italiano al rientro in Patria. Risposta? Avrebbero mandato una squadra per verificare quanto riportato.
“Ma non ho mai avuto nessun riscontro in merito”.

Il Kosovo extra lege

Uno Stato riconosciuto dalla metà degli paesi Onu, un presidente, accusato e inquisito come elemento centrale delle attività criminali condotte dal Kosovo Protection Force, che si occupava di ‘pizzo’ effettuato con metodi mafiosi. Adesso un vincitore di elezioni ex premier e prossimo premier Ramush Haradinaj, incarcerato, processato e assolto dal Tribunale penale internazionale dell’Aja dall’accusa di crimini contro l’umanità. Anche lui era dell’Uçk, l’Esercito di liberazione del Kosovo. Assolto per insufficienza di prove. Testimoni a carico tutti morti prima di deporre. La Serbia lo accusa di crimini di guerra e lo scorso aprile la Francia ha negato la sua estradizione verso Belgrado, dopo il suo arresto all’inizio di gennaio. Resta il fatto che l’11 giugno,  Haradinaj, con una sua coalizione, tutte liste legate all’ex Uçk, denominata ‘coalizione di guerra,  ha vinto le elezioni anche se pure in Kosovo viene sollevato qualche dubbio di opportunità per un suo incarico da premier.

 

Ennio Remondino – Foto Fabio Palli

2 thoughts on “Kosovo, veleni per i soldati italiani

  1. Un ulteriore crimine? Non verificare con rigore scientifico, super partes, lo stato di salute della popolazione residente nelle zone contaminate e dei nostri ‘missionari’

    1. Speriamo di poter andare a Mitrovica molto presto dove, sembra, gli abitanti intorno alla miniera di Trepca muoiono come mosche per motivi non chiari. Esiste la volontà di non far sapere lo stato di salute della popolazione.

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