Genova – In questo mese d’agosto #fivedabliu ha dato il via a un ciclo di incontri con l’architetto Mauro Marsullo, con l’idea che parlare di riqualificazione urbana sia inutile se viene tralasciato il discorso sociale, antropologico e psicologico che connota la città e i suoi abitanti.
La città è fatta di persone che vanno, perché no, anche educate al bello, in modo che possano percepire il territorio come uno spazio fisico da difendere e la città come un bene comune.
Ma quando le scelte urbanistiche si subiscono, quando la Pubblica Amministrazione ragiona per stereotipi seguendo solamente lo strumento della variante urbanistica, si innesca un processo di delegittimazione del cittadino che porta al degrado.
Perché l’identità negata è essa stessa degrado.
L’antidoto potrebbe essere la democrazia partecipativa, quella venduta un tanto al chilo nei discorsi elettorali.
Un dibattito sulla città e il suo destino, dunque, che nella puntata di oggi affronta il tema della resilienza e dove si vuole far presente il senso negativo del termine “adattamento” in base all’analisi dei suoi prodromi. Cioè: sono sempre le follie del metabolismo di questa società industriale che portano l’uomo, la città, gli ecosistemi, a dover esprimere una resilienza.
Simona Tarzia
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Per ascoltare gli altri dialoghi:
Dialoghi sulla città, parte prima. La rilettura della città come sistema organico.
Dialoghi sulla città, parte terza: il degrado. Come si genera, come si interviene.
Dialoghi sulla città, parte quarta. Mobilità e discriminazione.
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.
Ricevo spesso sollecitazione per “farmi conoscere” frequentare questo o quel contesto, magari iniziare dalle parrocchie o dai circoli delle bocciofile locali perché mi dicono, alcuni autorevoli personaggi genovesi che bisogna partire dalla base. Ho ascoltato l’intervista del bravo Mauro Marsullo, ha ragione. Il problema è che poi le cose che dicono nessuno è in grado di prendere una decisione o le sa fare. Ho visto a Genova solo delle grandi stupidate. Cita il forte Begato ma direi tutti gli altri forti. Cosa ci vuole a fare un progetto sostenibile, ovvero che serva, sia presidiato e gerenti profitto. Sono anni che dico che la politica della casa in Italia è demenziale e ora vediamo le conseguenze. La proprietà della casa è inversamente proporzionale alla ricchezza individuale e collettiva, ma continuiamo a puntare su quella, con leggi che consentono di contrarre mutui per i giovani disoccupati. Nessuno che si sia mai chiesto come è possibile che Paesi come la Svizzera puntino sulla casa in affitto e con una proprietà ridotta al 34,6 % come fanno i paesi ricchi mentre quelli poveri sono tutti proprietari di casa? Si è parlato delle aree dismesse che io avrei trattato per conto del Governo di Vienna di cui io sono stato consulente per lo sviluppo che era interessato, ma ho trovato solo degli sprovveduti improvvisati amministratori senza ne arte né parte, per cui restano i convegni, i lamenti e le interviste sperando che qualcosa accada. Un amico epidemiologo e oncologo pure lui vorrebbe che io mi attivassi in tal senso e non riesce a capacitarsi del fatto che nel mondo si lavora diversamente. Questo non è un segreto ed è a disposizione di tutti. Con questo sistema abbiamo contribuito a creare milioni di posti di lavoro in mezzo mondo, ma non uno in Italia. Rappresento una Organizzazione internazionale leader dello sviluppo nonché la voce più autorevole dell’Urbanistica a livello internazionale. Io sono genovese però ho dovuto scappare. La più parte delle Università del mondo vengono da noi per imparare. Parliamo,di Stanford con la quale abbiamo creato i presupposti per la Silicon Valley. Non esiste città nel mondo che è citata per il suo successo che non abbia avuto il nostro contributo. Provate a chiedere ad una Istituzione o ad una Università italiana chi siamo e cosa facciamo? Questa è la prova del nove. http://www.forumpachallenge.it/soluzioni/un-nuovo-rinascimento-italiano