Genova – L’obiettivo della petizione, lanciata ieri in conferenza stampa da L’Altra Liguria, è la “fattiva applicazione della normativa Seveso III anche alle condotte di trasporto di materiali pericolosi e della normativa vigente in tema di tutela della salute“.
Ecco, tutto nasce da qui: il 17 aprile del 2016, ad urne ancora aperte per il referendum sulle trivelle, la rottura di una tubatura dell’oleodotto di proprietà IPLOM S.p.A. ha causato lo sversamento di seicentomila litri di greggio nel rio Fegino e poi, attraverso il torrente Polcevera, in mare.
Tracce di quel petrolio sono arrivate in Francia.
Intervistato da Sky TG 24 nei giorni subito successivi al disastro, Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente, disse che si trattava di “un disastro ambientale” per il quale sarebbe stato “impossibile quantificare i danni permanenti”.
“Un disastro ecologico incommensurabile” ribadisce Danilo Zannoni, coordinatore de L’Altra Liguria, che ci tiene a precisare: “I disastri ecologici, lo sappiamo, non si curano. Bisogna che non succedano perché, se accadono, non abbiamo gli strumenti per risolvere la questione”. La petizione chiede al Parlamento proprio questo: uno strumento che imponga prescrizioni molto più restrittive di quelle vigenti in materia di manutenzioni e messa in sicurezza delle infrastrutture critiche.
Uno strumento facile da ottenere. Basterebbe interpretare in maniera estensiva la normativa Seveso, appunto.
Qui le cose si complicano perché la pubblica amministrazione, fino ad ora, si è limitata a un’interpretazione formalistica della legge che lascia fuori le condotte da questi controlli rigorosi.
Ma come stanno davvero le cose dal punto di vista giuridico? Esistono i presupposti per questa interpretazione estensiva?
“La novità relativamente recente – conferma Marco Grondacci, giurista ambientale che segue le lotte del comitato di Fegino che da anni si batte per la messa in sicurezza dell’impianto IPLOM – è che la Commissione Europea ha dichiarato esplicitamente l’obbligo per gli stati membri di estendere l’ambito di applicazione della direttiva Seveso III all’interno della propria legislazione nazionale oppure di adottare specifici distinti provvedimenti (vedi QUI). La petizione chiede al Parlamento di dare attuazione agli indirizzi dell’UE“.
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Certo che, nel Paese del tubo, non può stupirci che nessuno ci abbia pensato prima.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.