Luogo comune universale, sono disposto a credere che anche Hitler abbia detto una frase del genere, la retorica sul Natale con annessa una miriade di luoghi comuni è pronta a scatenarsi nei prossimi giorni con evergreen del genere, ma anche con fresche novità derivate dalla cronaca e dalla politica degli ultimi tempi. Facciamo come sempre un passo indietro, a 2017 anni fa per la precisione. La storia, risaputa da tutti, vede essenzialmente una coppia con la donna in stato interessante, intraprendere un lungo viaggio supportati da un animale da soma, per raggiungere un remoto paese, Betlemme, attraversando terre insidiose e sconosciute per rispondere al censimento che l’Impero Romano aveva indetto su tutti i suoi territori. Nonostante la moglie incinta, Giuseppe non trova ospitalità e si deve accontentare di una stalla. La situazione si aggrava ulteriormente dal momento che il bambino decide di nascere in quelle ore. Momento criticissimo visto che la donna deve partorire da sola nella paglia, allo scuro di una caverna, con due animali, un bue e un asino che garantiscono un parziale riscaldamento.
Nonostante tutto, il miracolo della nascita avviene e mentre in cielo appaiono strani fenomeni come la comparsa di una stella luminosissima, altra gente costretta all’addiaccio come i nostri due, pastori, contadini e piccoli artigiani si premurano di aiutare la coppia in difficoltà con quello che hanno e quello che possono. Il significato di questa vicenda per il cristianesimo è fondamentale e il suo simbolismo talmente forte da fare del Natale, la festa più sentita e partecipata dai cristiani per quanto la Pasqua sia l’evento decisivo e di scarto rispetto alle altre religioni. Quali sono i valori che emergono dalla storia del Natale, omettendo per esigenze di spazio l’elemento prettamente teologico? Potremmo dire il coraggio e l’amore di una coppia per la propria storia affettiva. Trovarsi in una grotta a partorire non è il massimo e i due sono costretti ad affrontare una prova che rischia di essere mortale per la donna e il bambino. Poi la solidarietà, non dei benestanti del paese che lasciano la donna senza un luogo sicuro e riparato, ma dei poveracci, di quelli che avendo un lavoro faticoso e difficile che li costringe a stare fuori di casa nelle ore notturne si accorgono dell’evento e portano l’aiuto che possono. Il paradosso, infine, per cristiani e no, che una persona discretamente importante può anche trovarsi in condizioni disperate e che quindi quello che conta nella vita, non è il bieco servilismo nei confronti di chi ha autorità, ma quello che portiamo dentro, la bontà del nostro animo che si muove per una gratuita “compassione” (nel senso di compartecipe a un fatto appassionante) verso l’altro. Nei secoli questi “valori” hanno influenzato gli uomini e la loro convivenza. Si è cercato di creare e di organizzare società ispirate al sostegno dei soggetti più “deboli”, di bambini, donne e poveri, ma dall’altra parte, sono aumentate a dismisura le diseguaglianze di ricchezza e di divario tra chi ha sempre più ricchezza e chi ne ha meno.
Charles Dickens nel suo memorabile racconto “Canto di Natale” ambientato in Inghilterra nel periodo della prima rivoluzione industriale, traccia una trama essenziale di quanto tutto sommato, ancora oggi, ammodernando i costumi, è la tragica dialettica tra i valori del Natale e la cruda realtà. Il vecchio imprenditore, avaro e maligno, tiranneggia il povero impiegato incurante dello spirito natalizio che però avrà cura di andarlo a trovare la notte spiegandogli un po’ di cose della sua vita piena di egoismo e cattiveria. (Qui nell’accattivante e efficace versione della Disney)
Quanto del vecchio Scrooge si è insinuato in noi? Moltissimo e forse anche di coloro che chiusero la porta in faccia alla coppia con la donna incinta 2017 anni fa. Il luogo comune che rimpiange i valori del Natale appare un’ ipocrita nostalgia che nulla ha a che fare con quel lontano e pur sempre attuale episodio, la cronaca ci propone ogni giorno tragedie (quella dei profughi che muoiono annegati mentre fuggono verso una possibile speranza di vita, in primis) e delitti verso l’umanità che non possono interrogarci, mentre tutt’al più ci lasciano indifferenti se non addirittura impegnati a gisutificarli e a mitigarne la drammaticità. L’immagine più tipica del Natale, il presepe, viene addirittura usata come strumento di opposizione a altre culture e altre religioni in una aberrante sofisticazione di significati.
La civiltà che dobbiamo difendere è il gesto gratuito del pastore e del contadino che portarono quello che poterono alla capanna per sostenere due persone in difficoltà e per ripristinare quei valori. Non vale cullarsi nel tepore nostalgico di un’arcadia di buoni sentimenti, ma pensare che come quel contadino e quel pastore, anche oggi e in qualsiasi momento, la piccola porzione di felicità a cui ambite sta nel vostro coraggio, nel vostro amore e nella vostra compassione verso gli altri e in nient’altro, credenti o non credenti.
Anche se con un po’ di anticipo, buon Natale.
Giovanni Giaccone