Docenti in sciopero l’8 gennaio: la buona scuola continua sulla cattiva strada

Il disagio della scuola, eletta martire dalle manovre finanziarie degli ultimi governi che hanno tagliato le spese per l’istruzione e creato un precariato strutturale dove gli insegnanti arrivano ad essere assunti anno per anno e dove i percorsi per ottenere un ruolo sono stati frammentati tra graduatorie, concorsi e abilitazioni, non ha fine.
Il 15 novembre scorso, una sentenza del Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha, infatti, ribaltato l’orientamento giuridico per cui ai diplomati magistrale fino al 2002 veniva riconosciuta la natura abilitante del diploma, mettendo in mezzo alla strada qualcosa come 45.000 insegnanti delle scuole primarie e d’infanzia  che si ritrovano in mano un titolo non idoneo ai fini dell’insegnamento.

La storia è complicata.
Un primo riconoscimento del diploma magistrale risale al 1998, quando Oscar Luigi Scalfaro, mentre riforma l’esame di maturità con il D.P.R. n.323, dà diritto all’inserimento nelle graduatorie per l’assunzione confermando “l’attuale valore legale e abilitante all’insegnamento nella scuola elementare”:

D.P.R.323/1998

Nel 2002 si chiudono gli istituti magistrali e viene istituito il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria che nasce, però, con un grosso limite normativo: a differenza di quanto previsto per le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento nella Scuola Secondaria, la laurea non è abilitante e i neolaureati dovranno dunque attendere e superare un concorso ordinario.
Una laurea che vale meno di un diploma. Una categoria di lavoratori messi l’uno contro l’altro.
Il legislatore interviene nuovamente nel 2003, con la Legge n.53/2003, per sorpassare questa incongruenza:

Nel 2006 si mette mano al sistema di assunzione  scolastica con la Legge 296/06 e si escludono i diplomati magistrali dalle nuove Graduatorie ad Esaurimento, le cosiddette GaE, che sostituiscono le vecchie Graduatorie Permanenti strutturate su base provinciale e sono il canale per accedere al ruolo.
Ai diplomati è consentito l’accesso alle graduatorie di istituto di terza fascia, alle quali ogni scuola può ricorrere per attingere i supplenti, ma solo dopo che la graduatoria di seconda fascia è andata esaurita.

E arriviamo al 2014 e al parere del Consiglio di Stato (sez. II, n. 3813 emesso in data 11 settembre 2013) che, sulla base di un ricorso, riconosce l’illegittimità della mancata parificazione “di coloro che abbiano conseguito entro l’anno 2001/2002 il diploma magistrale ai docenti abilitati, inserendoli nella III fascia della graduatoria di Istituto e non nella II fascia”.
A questo punto, però, non è stato più possibile inserire i diplomati nelle GaE perché le graduatorie erano chiuse dal 2007, e si sono aperti innumerevoli ricorsi e contenziosi che hanno portato all’inserimento nelle stesse GaE di docenti diplomati per la maggior parte in attesa di una pronuncia definitiva.
Si tratta di circa 45.000 persone iscritte con riserva per le quali, oggi, il Consiglio di Stato fa un passo indietro: “Il possesso del solo diploma magistrale, sebbene conseguito entro l’anno scolastico 2001-2002, non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale” e ordina all’autorità amministrativa, il MIUR, di eseguire la sentenza.

Rimarrà di ruolo chi ha avuto una sentenza passata in giudicato prima del pronunciamento della Plenaria.
E gli altri? Cosa accadrà, ad esempio, ai precari con 36 mesi di servizio che la buona scuola, la Legge 13 luglio 2015, n. 107, doveva sanare?

Tante, troppe soluzioni che non hanno mai risolto i problemi e l’8 gennaio porteranno gli insegnanti ancora una volta in piazza, organizzati dai Coordinamenti Diplomati Magistrale Abilitati nati ad hoc su tutto il territorio nazionale.
Abbiamo chiesto a Provvidenza Migliaccio e Valeria Millaci, entrambe nel Coordinamento per la Liguria, di spiegarci le rivendicazioni di chi continua a vivere una vita da precario.

Simona Tarzia
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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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