Epilessia: cos’è, come si cura, cosa fare quando assistiamo a un attacco

L’epilessia è un disturbo neurologico molto diffuso: si calcola che una persona su cento, nel corso della propria vita, riceverà una diagnosi di epilessia.
Si tratta di una patologia senza confini, che colpisce indipendentemente dal ceto, dalla razza o dal sesso e che oggi, con i suoi 50 milioni di malati, si è guadagnata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il riconoscimento di malattia sociale.

Numeri che rendono l’idea, nonostante se ne parli pochissimo: lo sapevate, ad esempio, che in Italia ne soffrono circa 500.000 persone e in Liguria ben 15.000? Probabilmente no.
I pazienti e le loro famiglie, infatti, tendono a nascondere la malattia perché la vivono con disagio e vergogna, si sentono discriminati, citati a sproposito sui media quando si parla di fatti criminosi scatenati genericamente dalla “follia”.
È accaduto per il delitto di Cogne, dove si è arrivati a dire che l’assassina fosse in preda a una crisi epilettica nonostante sia noto a tutti i neurologi che durante una crisi non è possibile mettere in atto azioni complesse tali da causare comportamenti delittuosi.

Già nell’antichità le persone con epilessia erano discriminate. Il Codice di Hammurabi prevedeva limitazioni sociali per i soggetti epilettici e nell’Antico Egitto era vietato loro l’ingresso nei templi.
Nella Bibbia l’epilessia è correlata alla possessione demoniaca tanto che, in epoca medievale, i soggetti che ne soffrivano erano spesso mandati al rogo.

Quello degli epilettici è tuttora un universo parallelo e poco conosciuto, fatto di isolamento e di reticenze.
Non a caso oggi, nella giornata mondiale per l’epilessia, l’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera di Genova insieme alla LICE (Lega Italiana contro l’Epilessia) ha organizzato l’incontro divulgativo “Parliamo di epilessia e giovani” mettendo al centro il dialogo: è solo uscendo allo scoperto e parlando della malattia, infatti, che si può rendere più efficace la battaglia per l’affermazione dei diritti e l’accettazione sociale.

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L’epilessia colpisce tutte le età della vita, ma i due picchi d’incidenza si hanno nell’età infantile e negli anziani. L’impatto che questo tipo di disturbo può avere nella vita pratica dipende dalla gravità della forma. In età scolare, ad esempio, il bambino e l’adolescente possono avere problemi di inserimento scolastico ma quasi sempre le difficoltà sono legate all’ignoranza e al pregiudizio collettivo perché, almeno nelle forme non gravi, l’epilessia non interferisce sulla memoria o sulla capacità di apprendimento.

Dal punto di vista clinico, per fare una diagnosi di epilessia è necessario che la persona sviluppi almeno due crisi a distanza di tempo (avere una convulsione febbrile non significa che la situazione evolva necessariamente verso l’epilessia) e che queste crisi siano spontanee e non indotte. Esistono, infatti, fattori scatenanti che possono funzionare da stimolo, come le luci delle lampade stroboscopiche da discoteca o i video terminali.
Famoso è il caso Pokémon panic” accaduto in Giappone nel 1997, quando 700 bambini furono condotti in ospedale in preda a crisi epilettiche dopo aver guardato in tivvù il trentottesimo episodio dell’anime Pokémon.

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Nell’80% dei casi, le terapie farmacologiche disponibili oggi riescono a tenere sotto controllo le crisi. Esistono, tuttavia, episodi di resistenza ai farmaci e in questo senso la nuova sfida nel campo dell’epilessia è la ricerca genetica.

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Simona Tarzia

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

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