Non è un paese per vecchi

Le regole d’ingaggio del professore per i ragazzi delle tre classi che di lì a poco avrebbero potuto partecipare all’incontro organizzato all’interno dell’edificio scolastico erano state subito rigide e chiarissime.
“Niente domande di curiosità infantile del tipo: Hai mai ucciso? o Hai mai rischiato di morire?” impone il prof. Come a preservare la scuola in uno scrigno di sacralità ove violenza e morte non debbano provare ad entrare. Oggetto della loro curiosità di adolescenti sarebbero stati tre trentenni  dell’YPG, formazione Militare in cui confluiscono tutti i combattenti migliori che il popolo curdo è in grado di fornire. Un esercito irregolare – tanto per capirci – che ha difeso strenuamente Kobane dall’incursione delle truppe  di Ankara. Milizia popolare della quale Nassrin Abdalla, una comandante dello YPG di Kobane, ha detto: «YPG non è soltanto portare un’arma: è un sistema e un’ideologia». Solo che i tre relatori con cui avrebbero dovuto confrontarsi gli studenti del Bergese (istituto superiore Alberghiero di Sestri Ponente), sono ragazzi che da qualche tempo vengono portati in giro a fare opera di proselitismo da aderenti e simpatizzanti di gruppi antagonisti,  non sono curdi, ma italianissimi. Provengono e sono partiti dalla Lombardia espressamente per dare una mano ai curdi. Qualcuno – forse a torto – semplifica e li descrive come foreign fighters, mentre il professore del Bergese che, nel caso specifico, è diventato il loro talent scout sottilizza e vorrebbe che venissero chiamati internazionalisti.
Il fatto è che già a da novembre li stanno portando in giro, tanto che nell’ultima settimana di febbraio li ostentano nella nostra città. Quasi come fossero le stelle del Festival di San Remo che si è appena concluso.

Alla mattina all’istituto  Bergese, poi, la stessa sera si replica al Buridda, associazione attorno alla quale si raccolgono gruppi antagonisti. “Antifascismo e anticapitalismo – Support Afrin- Voci dal Kurdistan, difendere Afrin ad ogni costo” spiega il manifesto che invita ad una cena popolare alle 20, e poi, messo a tacere l’appetito, per tentare di fare la stessa cosa con la coscienza di classe e anticapitalista, lo stesso manifesto propone “l’incontro con 3 combattenti italiani arruolati nell’YPG, (Unità di protezione del popolo) di ritorno dal Medio Oriente in fiamme. Il tutto in collaborazione con l’associazione Verso il Kurdistan. Tempisticamente prima Alessandria e poi a qualche mese di distanza i due appuntamenti genovesi.

In tournee, come le stelle di Sanremo, quelle del teatro Ariston dove ha trionfato “Non mi avete fatto niente” ballata cantata dal Ermal Meta e Fabrizio Moro. Un inno contro gli attentati dei terroristi dell’Isis in cui fra l’altro si dice “E questo corpo enorme che noi chiamiamo Terra
Ferito nei suoi organi dall’Asia all’Inghilterra
Galassie di persone disperse nello spazio
Ma quello più importante è lo spazio di un abbraccio
Di madri senza figli, di figli senza padri
Di volti illuminati come muri senza quadri
Minuti di silenzio spezzati da una voce
Non mi avete fatto niente”.

Già non mi avete fatto niente.
Racconta Genova24.it preannunciando l’incontro del Buridda “Se Kobane è stata la nuova Stalingrado per l’ ISIS – si legge nella locandina dell’incontro – Efrìn sarà il Vietnam per il fascista Erdogan“. Con questa frase viene presentato l’incontro organizzato in collaborazione con l’Associazione Verso il Kurdistan che avrà luogo giovedì 22 alle ore 21 presso il Laboratorio Occupato Autogestito Buridda. Spiega Massimiliano Salvo su “La Repubblica” dopo aver assistito all’incontro del Bergese in un articolo comparso in pagina 21 e collocato di taglio basso con il titolo “Bergese, a lezione con tre foreign fighter. In classe un incontro con tre combattenti italiani di ritorno dalla guerra in Siria”.
E racconta:Kurdistan, Rojava. Abdullah Ocalan, il Pkk, il rapimento di Giuliana Sgrena e le armi al fosforo bianco. Temi che si non si affrontano spesso, nelle scuole superiori. E’ successo questa mattina nell’istituto alberghiero Bergese di Sestri Ponente, dove tre classi hanno partecipato a un incontro con quattro ospiti inusuali: tre combattenti italiani di ritorno dalla guerra in Siria e un giornalista esperto di conflitti. «Informare i ragazzi è il mio dovere», dice il professore Roberto Marras, il docente che ha organizzato l’incontro. «Molti studenti vivono l’attualità con distacco, per non dire indifferenza e menefreghismo. Far incontrare loro testimoni diretti di argomenti di attualità di cui parliamo in classe è un modo per interessarli».  Il giornalista genovese Roberto Roggero, 52 anni, free lance indipendente, lo ha fatto raccontando la sua esperienza in Iraq. «Là ci sono ragazzi più giovani di voi che a 13 anni asfaltano le strade», dice. «E sono quelli fortunati. Altri arrivano ad avventurarsi nei campi minati in cerca dei detonatori delle mine da rivendere al mercato nero. E non sempre se la cavano».

I tre foreign fighters, ragazzi lombardi e piemontesi che vengono da Torino e sono vicini agli ambienti No-Tav, dei movimenti case-occupate e dei centri sociali, precisano subito di non voler parlare di sé.  «A differenza di altri combattenti non vogliamo cedere alla spettacolarizzazione di quanto abbiamo fatto», dicono. «Preferiamo soffermarci sugli ideali che ci hanno spinto a lasciare l’Italia per andare a combattere in Siria». Tra l’autunno del 2016 e la fine del 2017 i tre hanno aderito allo YPG, l’unità di protezione popolare che costituisce la milizia della regione a maggioranza curda del nord della Siria, il Rojava. «Un territorio dove si sperimenta il confederalismo democratico: una forma differente di governo e autogestione del territorio», spiega uno dei tre combattenti, Riccardo, 26 anni. «Le decisioni non sono imposte dall’alto, come da noi, ma partono dal basso». Nei loro racconti un sistema paritario, dove si pratica una democrazia pura, egualitarista. Una sorta di comunismo primitivo sorto  negli ultimi anni in un paese devastato dalla guerra, ma che in diversi Paesi è diventato un modello per i movimenti marxisti o comunque di sinistra radicale. <Sia chiaro, in Rojava c’è instabilità», precisa uno dei tre combattenti, che preferisce comparire con il suo nome curdo, Cekdar Aghir. «Non è certo come qua che siamo abituati a stare tranquilli, con il piatto di pastasciutta assicurato». In vista del dibattito sui temi affrontati, il professore Roberto Marras aveva avvertito i suoi studenti. «Niente domande di curiosità infantile del tipo “Hai mai ucciso?” o “Hai mai rischiato di morire?». I suoi studenti lo accontentano. «E’ una rivoluzione che riuscirà?», domanda una ragazza. «Riusciranno mai ad applicare il confederalismo democratico?». Precisando che in ballo c’è un Paese allo sbando, la Siria, e un altro molto potente che lo avversa, la Turchia, le risponde uno dei tre foreign fighter, Omar.  «I curdi dicono che il Rojava è come un bambino. Non sappiamo come crescerà».

Salvo, che pubblica il resoconto dell’incontro anche sulla sua bacheca social, assiste e cerca di sedare una lite violenta a botte di commenti fra Andrea Pizzorno e il professor Roberto Marras che ha organizzato il tutto. Lo stesso Roberto Marras che in un post in cui Massimiliano Salvo chiedeva se Antonella Marras, candidata di Potere al Popolo, avesse fatto bene a lasciare la trasmissione a cui era stato invitato perfino un candidato di CasaPound, rispondeva schietto: “Ha fatto bene, nessun dibattito con i fascisti! L’unico fascista buono è quello morto!”

Così Andrea Pizzorno apre il fuoco: “Una scuola pubblica in cui tre assassini o aspiranti tali, non possiamo saperlo, vengono invitati per insegnare agli studenti adolescenti come “gira” il mondo è una scuola ben disgraziata. Dovrebbero essere licenziati gli organizzatori dell’incontro”. E uno degli organizzatori, appunto Roberto Marras, chiamato in causa ovviamente reagisce “Tu dovresti essere licenziato da qualsiasi attività pubblica o privata, povero demente analfabeta!”. E a questo punto è battaglia vera in cui Il povero Salvo, senza riuscirci cerca di imporre una tregua.

Andrea Pizzorno “E questo sarebbe un professore”
Massimiliano Salvo “Dai non litigate per favore, non qua almeno”
Andrea Pizzorno “Io cerco di fare ragionare la gente ma vengo insultato”
Roberto Marras “Ah, sì, tu sei quello che cerca di far ragionare??? E nella pagina del Buridda chi è stato il primo a insultare e diffamare tutti senza nemmeno sapere di che cosa stesse parlando??!! Ma vai a infilarti di nuovo nel pertugio da cui sei uscito!!!”
Roberto Marras ”Coglioni”, “stupratori”, “pistoleri”… Chi le ha usate queste parole nei confonti di persone che non ha conosciuto né ascoltato, ma solo sulla base di un pregiudizio molto discutibile??”
Roberto Marras Gli invitati, giustamente, rifiutano la definizione di foreign fighters, generalizzante e usato spesso in quanto sinonimo di terroristi. Più corretto definirli internazionalisti.
Massimiliano Salvo “Capisco cosa preferiscono, ci mancherebbe. Però nemmeno si può giocare con le parole. Nel senso: “internazionalisti” cosa vuol dire? A parte loro, chi potrebbe mai comprendere in un articolo questo termine?”
Roberto Marras “I lettori si educano????????”
Massimiliano Salvo “in realtà i lettori si informano!”
Roberto Marras “Sono pochi quanti s’informano, la maggior parte legge “foreign fighters” e per tali li considera, senza approfondire. Se invece avessi scritto internazionalisti, forse si sarebbero chiesti che cosa significasse. Scusa, Massimiliano, non intendo insegnarti il tuo mestiere, ma penso di avere una certa esperienza. Del resto, se ho imparato a conoscerti bene, preferisci le voci attive a quelle passive”. Del resto Pizzorno si era già espresso contro la manifestazione “Domani in un centro sociale occupato di Genova tre mercenari italiani in Kurdistan racconteranno le loro belle avventure: a me questa gente fa schifo e mi spiace che non ne siano ancora crepati. I ragazzini ignoranti ovviamente sbavano a vedere degli “eroi” che hanno messo a repentaglio la propria vita per difendere i più deboli come cent’anni fa avrebbero sbavavato per i soldati che si sacrificavano per la “patria”. In realtà chi va volontario in guerra è soltanto un malato psichiatrico che vuole provare l’ebbrezza del combattimento. La comunità internazionale permette alla Turchia di massacrare i curdi perché la Turchia sta diventando una potenza industriale, i salari aumentano e tra breve in Turchia ci saranno milioni di nuovi consumatori che compreranno le merci dei Paesi industrializzati come l’Italia e per questo il modo migliore per aiutare i curdi è quello di consumare meno per fare fallire le industrie più schifose, ma questo costerebbe fare sacrifici (come quello di ascoltare anche musica a volume un po più basso visto che il 50% dell’energia elettrica consumata in Italia viene prodotta dalle centrali nucleari francesi che schiavizzano gli abitanti del Niger per prendere l’uranio e quelli di altri Stati a cui rifilano le scorie radiattive e poi questi vengono qui con i barconi) mentre è più comodo consumare tantissimo e applaudire quattro merde mercenarie (si mercenarie perché anche se non hanno incassato le cifre incassate da Quattrocchi ora hanno una qualche carriera assicurata negli ambienti degli idioti che li applaudono). Chi stima le merde in divisa col kalasnikov e la bandana non legga il mio libro, non lo capirebbe perché è troppo difficile per simili stupidi”.
E sulla differenza fra opera di proselitismo e informazione, questione su cui non sempre è facile intuire od essere d’accordo fra confini e linee di demarcazione, la polemica sanguigna parrebbe arenarsi.

Invece il punto focale e fondamentale è proprio questo. Anche perché l’evento che di lì a qualche ora si sarebbe trasferito al Buridda, associazione antifascista con simpatie antagoniste, ha avuto il suo prologo nei locali di una scuola pubblica. Ove, per dirla tutta, lo stesso professore aveva avuto l’accuratezza (o forse no?) di avvertire gli allievi che non sarebbero state ammesse domande (infantili?) come “Hai mai ucciso”, o “Hai mai rischiato di morire”. Probabilmente intendendo ridurre il tutto non tanto ad una questione di coscienza individuale quanto ad una lezione collettiva di attualità e politica. Come se quelle due  questioni legittime, e a mio parere fondamentali, sul perché questi tre ragazzi le avessero superate e ormai saltate a pie’ pari dovessero restare fuori, sovrastate dall’attualità di una guerra che continua a fare vittime. La predominanza di una ideologia, insomma, sulle ragioni più profonde della coscienza.

Ideologia e coscienza. Coscienza e libertà di opinione e di espressione. Gli stessi argomenti di attualità su cui gli utenti dei social, qualche giorno dopo si sono confrontati e scontrati discutendo sul caso di Torino, dei tafferugli durante il corteo antifascista contro CasaPound. Con un’insegnante, Lavinia Flavia Cassaro, messa sotto accusa per gli insulti agli agenti intervenuti per riportare l’ordine. “La Stampa”: “Tafferugli a Torino durante il corteo antifascista contro CasaPound. I manifestanti sono arrivati a ridosso del cordone con cui le forze dell’ordine hanno sbarrato corso Vittorio Emanuele per tentare di raggiungere l’albergo in cui è previsto un comizio elettorale di Simone Di Stefano. Al tentativo di forzare il blocco la polizia ha risposto con idranti e una brevissima carica di alleggerimento. Tra i manifestanti anche l’insegnante Lavinia Flavia Cassaro, messa sotto accusa per gli insulti agli agenti”. Lavinia Flavia Cassaro, su cui la rete si è divisa, che qualche giorno dopo è stata descritta come vicina ai centri sociali e solidale alla lotta No Tav. E poi, avvicinata da un inviato di Matrix, ha rincarato la dose: «Ho augurato la morte a polizia e carabinieri – ha spiegato – perché stanno proteggendo il fascismo».

Massmo Angelo Pestarino fa sue le parole di BruciaBabilonia “Manifestare facendo presente che il fascismo é reato, di contro trovarsi servi dello Stato che proteggono il fascismo invece di perseguire per legge il fascismo…averne insegnanti cosí nelle scuole pubbliche. Noi stiamo con Lavinia…. eccome”.

Sull’altra sponda hanno ovviamente opinioni differenti.
Ubaldo Borchi, rappresentante di Fratelli d’Italia, pubblica sulla sua bacheca una foto dell’insegnante in piena trance agonistica che tiene mano una bottiglietta di birra aperta e commenta: “Quando vi chiedono ma esattamente per “zecca” cosa intendi? Mostrategli questa…”. E mentre il ministro Valeria Fedeli predispone una indagine su Lavinia Flavia Cassaro un altro simpatizzante di Fratelli d’Italia, Beppe Aleo, condivide il post di Giuseppe Antona, rappresentante delle forze dell’ordine “Scrive la figlia di un collega “Cara professoressa, ti parla la figlia di un appartenente alle forze dell’ordine. Tu che gli urli “dovete morire”, vedi ogni volta che mio padre si allaccia gli anfibi e si chiude il cinturone ho davvero paura che qualcuno lo faccia morire. Forse tu non sai cosa vuol dire. Tu non sai cosa vuol dire vivere di turni, vivere di imprevisti, di compleanni in cui nelle foto ci sono tutti: tranne lui. Del pranzo di Natale che diventava freddo a forza di aspettarlo. Del cuscino vuoto accanto a mia madre. Del freddo, del sonno, del sangue sulla strada, degli insulti che gente come te ogni giorno rivolge a chi indossa una divisa. Cara professoressa, hai mai provato ad accarezzare la stoffa della giacca di un poliziotto o di un carabiniere? Sai non è di un cotone morbido, non è il lusso che tutti credono che lo Stato regali a quegli uomini e a quelle donne in divisa. Cara professoressa, tu sai che mentre auguravi a quei ragazzi la morte a casa c’erano i loro bambini che si erano appena addormentati che si aspettavano di vedere i loro papà il giorno dopo come tutti i giorni? Lo sai che c’erano madri, fidanzate e mogli che in quel preciso momento stavano pensando a loro? E stavano pensando se magari potevano avere troppo freddo là fuori? Non sono dei mostri come li dipingete. Ma sono persone. Le stesse persone che chiamate a tutte le ore se avete bisogno di aiuto, e loro anche se voi gli augurate le morte vengono ad aiutarvi: perché hanno giurato di esserci, e quella divisa che tanto odiate rappresenta anche questo. C’è chi della propria divisa ne fa un abuso, come ovunque c’è la mela marcia e sono concorde nel punirlo adeguatamente secondo le leggi, ma non per questo bisogna augurare il male a tutti coloro che indossano una divisa. Perché io nonostante tutto non auguro del male a nessuno e mai lo farò, perché mi hanno insegnato il rispetto per la vita di tutti. Così, cara prof, ora vai e guarda negli occhi tuo padre e tuo marito/compagno/ fidanzato che sia (se ne hai uno), guardali negli occhi e cerca solo di immaginare cosa si possa provare: a sapere che tanta gente come te augura la morte a quegli uomini che per noi sono la vita”. Già, la vita e la morte. E il rischio di morire. Le stesse domande cassate nell’incontro del Bergese.

Intanto il Miur ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti dell’insegnante. Spiega sul suo profilo Tiziana Notarnicola, esponente del centrodestra, simpatizzante di Direzione Italia di Raffaele Fitto e insegnante di scuola primaria presso l’Istituto Comprensivo Albaro: Il provvedimento del MIUR.
Nella giornata del 28 febbraio, intanto, il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli aveva comunicato che il “Miur, appena avuta segnalazione di quanto avvenuto, è intervenuto attraverso l’Ufficio scolastico regionale del Piemonte, che dopo aver svolto i necessari approfondimenti, ha avviato un procedimento disciplinare“. Il mio sdegno ad un’insegnante che non é degna di questa qualifica. La mia approvazione al MIUR: questa insegnante va sanzionata !”. Commenta Enrico Repetto “Un insegnante dovrebbe insegnare l’ amore, la tolleranza, il rispetto delle diversità e delle regole, l’educazione civica, i diritti ed i doveri…”
Nel frattempo Fratelli d’Italia fa votare in consiglio comunale un ordine del giorno contro la violenza che viene approvato all’unanimità. Racconta il consigliere di Fdi Antonino Sergio Gambino: “Oggi in Consiglio Comunale è passata all’unanimità, l’ordine del giorno presentato d’urgenza dal gruppo consiliare di Fratelli d’Italia, che impegna giunta e sindaco a condannare ogni forma di violenza, fisica e verbale, specialmente quelle a “scopi politici” e, a promuovere iniziative nelle scuole di ogni ordine e grado di educazione per il corretto esercizio della democrazia. #fdi
P.s. Si ho scelto l’immagine della professoressa che a Torino aggredisce verbalmente i poliziotti, rei di fare il loro lavoro, perché anche lei dovrebbe tornare a scuola, ma come studente, e seguire le iniziative che in Comune porteremo avanti per fermare questa escalation di violenza anche a Genova”.

Intanto per il pomeriggio del 2 marzo è stata organizzata in piazza Alimonda l’ennesima manifestazione antifascista contro Casapound e la presenza del candidato Simone Di Stefano che chiude la campagna elettorale a Genova. Avverte Il Secolo XIX “Centoventi poliziotti schierati e barriere mobili a chiudere le quattro vie di accesso alla discoteca Richmond di via Santa Zita nel quartiere della Foce dove intorno alle 20 di domani, venerdì 2 marzo, arriverà il candidato premier di Casapound Simone Di Stefano per la chiusura della campagna elettorale genovese del partito di estrema destra. Sono le misure decise questa sera al termine di una riunione che si è tenuta in Questura allo scopo di scongiurare che i militanti di Casapound possano venire a contatto con gli antifascisti e la sinistra antagonista che hanno lanciato un appello alla mobilitazione e convocato un presidio a partire dalle 18 in piazza Paolo Da Novi”. Il tutto, quasi profeticamente, il giorno dopo la ricorrenza del cinquantenario degli scontri fra studenti e universitari all’università Valle Giulia di Roma.

Vicenda su cui Pier Paolo Pasolini scrisse questa poesia “II PCI ai giovani!

II PCI ai giovani!!
È triste. La polemica contro
il PCI andava fatta nella prima metà
del decennio passato. Siete in ritardo, figli.
E non ha nessuna importanza se allora non eravate ancora nati…
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

Poesia controversa utilizzata a più riprese anche dal Pci al margine degli anni di piombo per creare un solco, dopo l’omicidio di Guido Rossa, che finalmente emarginasse i “compagni che sbagliano”.

Chiude così mestamente la campagna elettorale più conflittuale degli ultimi tempi. Con propaganda in cui si è consumata da una parte e dall’altra ogni atrocita’. Osserva Roberta Osti, simpatizzante storica del Pd “Una guerra ignobile con Renzi morto, bombe per far saltare in aria Gentiloni e Veltroni la Boldrini decapitata … insegnanti che vogliono poliziotti morti. Indigniamoci per questo senza distinguo però”. E condivide il post di Graziella Pagano “Qualche giorno fa ho pubblicato la foto che quel deficiente del Sindaco di Grosseto stava facendo girare in rete. C’era Matteo Renzi steso in una cassa da morto.
Oggi sono usciti questi manifesti funebri nella zona di Pomigliano d’Arco (…). Posso chiedervi di indignarvi? O dobbiamo sempre subire queste porcherie in silenzio? Fate voi”.

E torniamo alla scuola. Che dovrebbe essere elevata, o almeno così si pretenderebbe, a luogo sacro in cui si parla di vita e di morte, di pace e pacificazione, di condivisione, di integrazione e inclusione. Di rispetto e di storia. Mentre in Italia genitori e studenti assalgono il preside e i professori, negli Stati Uniti, dopo l’ultima strage in un campus, Donald Trump, il Tycoon diventato presidente, tanto per non scontentare la lobby dei professori di armi conta di armare gli insegnanti. Provocando il commento sconsolato, forse meglio “allarmato” di Barbara Barattani, mia amica social “Un mondo dove si pensa sia normale armare gli insegnanti, anziché vietare le armi agli studenti è un mondo malato, senza valore… auguri figli miei????”.

Insomma non è un paese per vecchi. Per questo conterei di suggerire agli studenti dell’alberghiero Bergese, possibili aspiranti cuochi, di tornare a sorridere. Perche’ nella vita non si sa mai. E potrebbe sempre succedere di capitare in un paese dell’entroterra e di chiedere i pinoli per preparare il pesto, ritrovandosi di fronte al commerciante che sconsolatamente risponde di non avere i pinoli ti offre le noci e, addirittura, suggerisce di servirsi del pesto confezionato della grande distribuzione. Quello senza aglio che piace tanto a Berlusconi. Loro finirebbero, magari, visti i cattivi maestri, per reagire come Javier Bardem. Un po’ di buonumore di fronte a tanta atrocità non guasterebbe, tanto da diventare un salvifico toccasana.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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