Pucciare il biscotto

Sgombro il campo da ogni possibile, pretestuosa, polemica sul titolo. Che ovviamente può rimandare a riminiscenze sessuali del tempo che fu. Anche se – suvvia diciamocelo – il senso rimane purtroppo quello.
È il modo di provare e procurarsi libidine che cambia. Un po’ come domandarsi se il piacere in definitiva non sia già l’attesa del piacere. Se esso debba o possa essere onanismo egoriferito, oppure scambio reciproco. Almeno di coppia.
Già il piacere, ma per carità, non in quel senso lì, che poi tutti pensate che abbia in testa una sola cosa.
Il piacere nel senso del piacere, cioè dell’esigenza effimera dell’essere approvati dagli altri. Mostrarsi per quel che si è, o non si e’. Per apparire. Finendo, magari, per essere anche un po’ invidiati.
La voglia e le prove di successo, in pratica. E pucciare il biscotto equivale ad esserci. Cioè a mostrarsi. Giusto negli appuntamenti che contano. A farsi ritrarre, chessò, con un piattino e un tovagliolo in mano nei pressi del buffet.
Si sconsigliano, comunque, foto o selfie con la bocca piena. Che fa tanto abbuffatore professionista, o peggio…. giornalista.

E, perciò, nemmeno interessa quale sia l’evento a cui presenziare per farsi ritrarre o per ritrarsi. Tutto va bene e tutto fa brodo. Basta che se ne parli.
Dal Museo Galata che, nell’occasione imperdibile dell’ inaugurazione della nuova terrazza, ha ripulito i finestroni dopo 14 anni. Quasi lo spazio di tre legislature. Per dire Pericu bis, Vincenzi e Doria.
Ci voleva il centrodestra con Marco Bucci per spandere un po’ di Vetril che consentisse alla luce di far nuovamente capolino da quei finestroni. Che poi la luce che torna a far capolino finisce per essere persino una metafora assai potente, dopo anni di oscurantismo di sinistra.  E mi perplime, almeno un po’, non averla letta, fino ad oggi, su qualche post di improvvisati giornalisti.
Comunque la cedo gratuitamente, ove la volesse utilizzare, al mio collega Massimiliano Lussana che, con la sua rubrica “La puntina”, punzecchia periodicamente con aculei intinti nel miele o nella melassa.
Già #Genovameravigliosa è anche  questo: l’oscurantismo della sinistra battuto da uno straccio e un po’ di Vetril. E ci voleva così poco scalzare un’immagine di grigiore nel quale la nostra città sembrava piombata da anni.

Poi a volo d’uccello venerdì l’inaugurazione dell’edizione “rivoluzionaria” di Euroflora, quella innovativa allestita nei suggestivi giardini dei parchi di Nervi riaperti da qualche tempo, ma, nell’occasione, in pompa magna, dopo il putiferio della tromba d’aria. E tramutati per la rassegna in fantastico sito per specie di fiori e grandiose coreografie.

Tutte create con i fiori come se si trattasse di un gigantesco carnevale di Sanremo. Con esodo della storica mostra dai padiglioni espositivi di una fiera ormai in ginocchio, dove nei mesi passati i migranti l’hanno fatta da padroni aumentando la percezione del degrado a cui la nostra Fiera sembra votata da tempo. E allora, per l’appuntamento da non perdere, il rinnovarsi del carosello dei soliti noti.

Neoparlamentari del centrodestra, il presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini, la sfilata degli assessori e del vicesindaco Stefano Balleari. Naturalmente il sindaco Marco Bucci, originario di Nervi, a far gli onori di casa. Lo stuolo dei saggi, cornice anonima e da tempo muta dei nostri amministratori. Imprenditori, da Edoardo Garrone a Vittorio Malacalza in completo di velluto a sudare le proverbiali sette camicie. A riprova che lui, self made man, per arrivare ai vertici di una banca,  lui, quelle proverbiali sette camicie se le è sudate proprio tutte.
Persino il nuovo comandante dei vigili Gianluca Giurato che per l’occasione, dopo averla tirata fuori dall’armadio, ha indossato la nuova divisa. Naturalmente per farsi ritrarre dai fotografi per l’immagine di rito.
E non poteva mancare il segretario generale uscente del Comune di Genova, Luca Uguccioni, in completo rigidamente grigio, stile necroforo, con tanto di panciotto. Lui che dopo essere stato riconfermato a gennaio, e sino a data da destinarsi nel suo ruolo, ha deciso di salutare tutti e trasferirsi a Forlì per ricoprire lo stesso incarico.
Ovviamente l’esercito di giornalisti. Per raccontare come l’azzardo di Bucci prima poi potrà restituirci la #Genovameravigliosa sognata di cui tanto si parla. E addirittura con occhiali da sole ed espressione un po’ alla Giona, il pericoloso portasfiga di Cucciolo e Beppe, Roberto Urbani ex amministratore delegato di Fiera Spa. Presenza su cui qualcuno, probabilmente, avrà pure effettuato gli scongiuri di rito.
Hai visto mai che il sindaco Marco Bucci avesse ragione e che per rilanciare Euroflora bastasse cambiare la cornice? Un’abbuffata generale di vedute con fiori posticci. Perché il buffet su cui a più riprese si informava il collega Marco Benvenuto in un commento ad un post del fotografo Roberto Bobbio, si limitava al caffè, a qualche bicchiere di acqua fresca o frizzante, indispensabile vista la calura, e un calice di vino bianco. Niente da mettere sotto i denti per smorzare l’attesa della prima visita dedicata alla stampa.

Per il resto tanti fiori, posticci. Un tappeto steso sull’esistente che via via sfiorirà e al termine della manifestazione, il 6 maggio, restituirà i parchi di Nervi ai soliti utenti. Bambini e genitori che per quindici giorni saranno costretti ad emigrare altrove per godersi gratuitamente il verde pubblico.

Con il curioso paradosso per la prima giunta di centrodestra di aver fatto, dopo 27 anni, finalmente qualche cosa di sinistra. E cioè di aver livellato un quartiere residenziale, almeno per quindici giorni, a centri meno appetibili o addirittura alle periferie, dove gli spazi verdi, per abitanti e non, latitano. Con lunghissime circumnavigazioni automobilistiche per evitare ingorghi e alla ricerca di un parcheggio. Inevitabile obolo da pagare per la strombazzata resurrezione di #Genovameravigliosa.

In mezzo all’accedere e poi all’incedere di tanta folla mi sono chiesto per una buona mezz’ora davanti allo specchio, annodandomi e sciogliendomi autisticamente il nodo alla cravatta, se mi si sarebbe notato di più per la presenza o per l’assenza in mezzo, fiore fra i fiori, a tante facce di una certa importanza.
Poi ho desistito, ho rimesso la cravatta fiorata nel cassetto e mi sono risolto a restare a casa e a seguire i clamori via facebook o sui social. Ipotizzando addirittura l’arrivo di una Mary Poppins qualunque che volando, trascinata da un qualunque ombrellino, pescato chissà dove in una delle tante piazze e piazzette di #Genovameravigliosa, atterrasse sui parchi di Nervi e somministrasse a tutti i presenti il famoso zuccherino per addolcire la pillola amara.
Ovviamente Mary Poppins non si è vista, trascinata lontano da qualche refolo di vento maligno. O forse di fronte a tanti fiori posticci ha deciso di non prestarsi al supercalifragilistichespiralidoso di una giunta che continua indefessa con lo zuccherino delle operazioni di facciata. Tapulli per farci credere di essere pronta a tirare via tutte le magagne e le buche di una città votata ormai al degrado e ad un insanabile declino. Operazione a cui in tanti hanno deciso di metterci un po’ la faccia. Io per protesta ho deciso, coadiuvato dall’insostituibile amico Fabio Palli, di farmi ritrarre per l’occasione come Venere, sbocciante da un fiore, e con un cespo di banane per copricapo, come l’eterna soubrette Carmen Miranda. Eterea con tanto di banane. Come l’omologa Repubblica. Dove a ognuno è consentito di pucciare, almeno un po’, il famigerato biscotto.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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