Al di là degli stereotipi: la poligamia nel mondo islamico e arabo-islamico

Estranea alla nostra società occidentale e alla fede Cristiana, la poligamia costituisce una realtà ben consolidata nella tradizione islamica. Vista la convivenza delle due religioni sul nostro territorio e i numerosi casi di matrimonio misto, ci sembra utile cercare di conoscere e capire (il che non significa affatto accettare) tale realtà. La poligamia è un diritto che l’Islam riserva all’uomo, al quale Dio permette di sposare più di una donna stipulando con ciascuna, in momenti diversi, un contratto di matrimonio. Il versetto Coranico che tratta della poligamia così recita:

“…Le donne sposatele, quelle che vi vanno a genio, due o tre o quattro, e se temete di non riuscire ad essere giusti, sposatene una sola” (Sura Al Nisaa’ IV vers. 3).

Il matrimonio si contrae con una donna alla volta. Nel corso della vita poi, a volte a distanza di anni, l’uomo può sposare altre donne. Spetta dunque all’uomo, secondo le proprie inclinazioni, decidere se limitarsi ad una moglie sola od usufruire appieno della licenza divina. Nel versetto citato, Dio pone come unica condizione alla poligamia la giustizia,ossial’equità. Qualora l’uomo nonsi reputi in grado di trattare tutte le sue mogli con equità, dovrà limitarsi a prendere una sola moglie. Il versetto è chiarissimo: lo status naturale delle cose nella sharia islamica è la poligamia. Per cui la realtà è ben diversa da come a volte la si descrive, a conclusione di interpretazioni forzate e di maldestri tentativi di capovolgere il dettato del versetto coranico.

Va sottolineato che la poligamia non è obbligo bensì un diritto che l’uomo può esercitare o meno. In molti casi infatti l’uomo si limita a sposare una sola donna, anche perché la conditio sine qua nonper accedere alla poligamia – garantire l’equità di trattamento tra le varie mogli – è lungi dall’essere banale. Lo afferma un altro versetto coranico:

“Non riuscirete mai a essere del tutto imparziali fra le vostre mogli, anche se lo desiderate vivamente…” (Sura Al Nisaa’ IV vers. 129).   

Tra le altre cose, il marito deve impegnarsi a dare a tutte le mogli una dimora adeguata e di pari livello sociale. Questo perché ciascuna moglie ha diritto alla propria dimora, a meno che la casa del marito non sia sufficientemente grande per accoglierle tutte. Inoltre, ciò che l’uomo spende per una moglie deve spenderlo per tutte le altre. Ma non si tratta solo di mero aspetto logistico o economico; anche il tempo deve essere diviso equamente tra le varie mogli. A ciascuna l’uomo deve dedicare lo stesso numero di ore del suo tempo libero e lo stesso numero di notti.
L’unico aspetto per il quale non è richiesta l’equità è il sentimento. È infatti impossibile controllare i propri sentimenti e l’inclinazione del proprio cuore. Dio stesso, che ha creato l’uomo e che pertanto ne conosce bene la natura, lo ammette chiaramente nel versetto ora citato. Raccomanda però all’uomo che ha fatto la scelta della poligamia di non dedicarsi completamente ad una moglie trascurando le altre:

“…Non seguite però la vostra inclinazione fino a lasciarne una come in sospeso…” (Al Nisaa’ IV vers. 129).   

Le giustificazioni addotte a difesa della poligamia

Quattro sono i principali motivi evocati per giustificare la poligamia all’interno del mondo islamico ed arabo-islamico:
– Eventualità di malattia grave ed incurabile della moglie. Avviene che la moglie si ammali e sia impossibilitata ad avere una vita sessuale sana e regolare. Il marito decide di prendere una seconda moglie, ma non volendo ferire la prima e desiderando dimostrarle riconoscenza, non divorzia da lei abbandonandola a sé stessa, visto che proprio a causa della sua malattia non potrà più risposarsi. Egli la manterrà quindi sotto la sua tutela morale ed economica, in particolare se gli ha già dato dei figli.
– Eventuale sterilità della prima moglie. Lo stesso ragionamento vale anche nel caso di sterilità della prima moglie. Considerando che la donna non è per nulla responsabile, l’uomo può decidere di non divorziare. Ciò anche perché nella società araba è molto difficile per non dire impossibile che una donna divorziata a causa della sua sterilità possa trovare un marito. Se avverte il desiderio imperioso e legittimo di paternità, l’uomo prende allora una seconda moglie in grado di dargli dei figli.
– Freno alle relazioni extraconiugali. Per quanto a prima vista la cosa possa sembrare strana, nell’Islam la poligamia può costituire una soluzione al fenomeno delle relazioni extraconiugali, assolutamente vietate ad entrambi i sessi. Invece di figurare, per la religione e la società, come amante e non godere quindi di alcun diritto, oltre ad esporsi a critiche ed anche a pene severe, la donna preferisce sposarsi e condividere il marito con altra moglie. Essendo moglie a tutti gli effetti, la donna sarà tutelata dalla legge, darà ai suoi figli un padre e si garantirà accettazione sociale e sicurezzaeconomica.
L’uomo, che secondo alcuni studiosi islamici possiede per natura un desiderio insaziabile, può, seppure appaia ingiusto nei confronti della prima moglie, rivolgersi alla seconda quando la prima è oggettivamente impossibilitata a dargli piacere – durante le mestruazioni ad esempio, oppure nel periodo postparto – o semplicemente se ritiene che una donna sola non basti a soddisfare pienamente il suo desiderio sessuale. Scegliendo la poligamia, egli non commette peccato per la religione né scorrettezza dinanzi alla società, come invece accadrebbe se decidesse di prendersi un’amante.
– Servizio alla comunità e al riequilibrio demografico. Una comunità numerosa essendo per definizione una comunità forte, i musulmani sono incoraggiati a procreare e contribuire così alla crescita della comunità di cui fanno parte. In epoche trascorse, i figli maschi erano destinati alle armi o costituivano la mano d’opera indispensabile al lavoro nei campi. Oggi, oltre ad incrementare il numero degli appartenenti alla comunità al servizio della fede musulmana, essi continuano ad essere una forza produttiva.

Il mondo musulmano vanta una società costituita soprattutto di giovani, se paragonata a quella occidentale che ostenta un’età media piuttosto avanzata e quindi risulta in notevole parte composta da passivi consumatori. In altre parole, mentre nel mondo occidentale la piramide demografica presenta una base alquanto larga costituita dagli anziani, nel mondo islamico ed arabo-islamico la piramide è capovolta: nella parte bassa, più stretta, troviamo i cittadini di età matura e gli anziani, nella parte alta i cittadini giovani, di età compresa tra i 15 e i 20 anni, quindi nel pieno vigore fisico. Ciò è dovuto alle numerose nascite – anche se oggi si registra un decremento rispetto al passato, per motivi principalmente economici – in forte contrasto con il calo demografico che caratterizza attualmente il mondo occidentale.

In caso di conflitti armati che durano anni, la società subisce un drastico sbilanciamento tra i due sessi per la morte di centinaia di migliaia di uomini.Come esempio concreto prendiamo l’Iraq, paese oggi stremato. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista “PLOS Medicine”, mensile della Public Library of Science, la guerra e l’occupazione in Iraq hanno causato circa mezzo milione di vittime (su 32,6 milioni di abitanti) tra il 2003 e il 2011, con un picco tra il 2006 e il 2007. A questa cifra va aggiunto il numero dei caduti nel corso degli otto anni di guerra con l’Iran e durantela guerra civile tra Sunniti e Shiiti, nonché le vittime del cosiddetto Isis. Un milione di morti dunque, nella stragrande maggioranza uomini. È questo il tragico bilancio che pesa sulla società irachena, con il risultato che circa altrettante donne, ancora giovani, hanno visto svanire la possibilità di trovare una figura maschile con cui fondare una famiglia o sono rimaste vedove, con o senza figli.
Queste donne saranno condannate alla solitudine perché se in Occidente la donna può comunque vivere la propria vita sessuale e magari anche decidere di avere figli senza doversi necessariamente sposare, ciò non è assolutamente possibile per le donne musulmane. La società islamica non contempla, per la donna, alcun altro modo al di fuori del matrimonio per vivere la propria sessualità, e quindi anche la maternità, e qualsiasi strappo alla regola viene considerato adulterio, punibile anche con la morte sia per la donna che per l’eventuale creatura che avesse dato alla luce. È chiaro quindi che se la monogamia fosse regola imprescindibile, un gran numero di donne arabe musulmane sarebbero condannate ad una vita solitaria, dovendo esse rinunciare, insieme al matrimonio, alla sessualità e alla maternità. Queste donne preferiscono allora diventare seconde mogli ed avere i loro figli piuttosto che rinunciare a tutto. La poligamia, in questi casi, diventa pertanto “la” soluzione, in quanto offre a quelle donne vita coniugale e maternità senza infrangere i dettami della religione e della società islamica.  Privare queste donne del matrimonio e quindi della procreazione avrebbe effetti deleteri sulla demografia. Se si considera che il numero di figli che una donna può mediamente e ragionevolmente partorire nel corso della sua vita feconda è di cinque, nel caso dell’Iraq ciò equivarrebbe a 5 milioni di persone in meno.

Diffusione della poligamia

La situazione varia da paese islamico o arabo-islamico ad un altro. Nei paesi più evoluti la poligamia è poco diffusa e comunque si limita a due mogli. In altri invece avere più di una moglie è praticamente la regola. A volte, in particolare nei paesi più ricchi, si segnalano abusi di questo permesso divino, che consistono ad esempio a divorziare da una delle mogli per prenderne un’altra al fine di rimanere entro il limite di quattro mogli ritenuto la norma.
Le donne musulmane, dalla più osservante alla meno osservante, hanno letto e capito quanto recita il versetto coranico che tratta della poligamia, ma quando giunge il momento di metterlo in pratica, non sempre lo condividono. La prima moglie però non può impedire all’uomo di esercitare un diritto che gli viene direttamente da Dio, per cui o si adegua alla nuova situazione o chiede il divorzio. Capita che a volte decida di rimanere col marito e di aiutare nella crescita i figli della seconda moglie come se fossero suoi. In taluni casi accade persino che sia la prima moglie stessa a scegliere la seconda moglie per il marito. Naturalmente la sua scelta cadrà su una donna di suo gradimento, in modo da non creare conflitti in seno alla famiglia.
Nel caso in cui la prima moglie, non sopportando di condividere il marito opti per il divorzio, la società la costringe a tornare a vivere con i genitori, con tutti i disagi che tale situazione indubbiamente comporta.

Quale futuro?

La Tunisia ha abolito la poligamia. Certo è un passo importante, ma anche una decisione audace, soprattutto se si considera che è in contraddizione con la sharia, che la contempla chiaramente. Molto apprezzata dalle prime mogli, l’abolizione della poligamia lo è molto meno per le donne destinate ad essere seconde mogli.
Ma viene da chiedersi se, considerata la natura della società araba ed arabo-islamica, questa sia effettivamente una buona decisione. Chiudere l’unica via d’uscita senza proporre valide alternative non ci pare la soluzione migliore.

Lara Manni

Lara Manni è nata ad Amman, in Giordania. Laureata in Lingua e Letteratura Inglese presso la University of Jordan e successivamente in Lingue e Letterature Moderne e Comparate all’Università di Verona, oggi è professore a contratto presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Genova, dove insegna Lingua e Letteratura Araba.

Pubblicazioni:
Su alcuni prestiti dall’arabo nel francese attuale. “Quaderni di Lingue e  eLetterature”, 31(2006).101-111;
La lingua e la civiltà arabe tra ieri, oggi e domani. “Europavicina”, 14 (2006),22-23;
La nuova BabelePresentazione di Petterlini, Verona, QuiEdìt. 200 pp.150;
The first Arabic Translation, inThe FirstTranslation of  Machiavelli’s Prince. DePol (Ed.). Part1: From the Sixteenth to the first Half of the Nineteenth Century. Amsterdam-New York. Rodopl.  2010,pp.279-304;
Noce su un manoscritto inedito di Raphael Zakhur (1759-1831). Contributo alla storia della fortuna del Principe di Machiavelli nel mondo arabo.Storia e politica”, Anno Il, 3-2010, pp.525-541.

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