Forsisti e sfascisti

 

Io l’avevo detto. Anzi lo avevo suggerito. Anche se, per non prendermi troppo sul serio avevo, chiesto al mio amico Fabio Palli di ritrarmi e pubblicare la mia foto con un ombrellino che mi cingesse il capo nella copertina dell’articolo comparso appena qualche giorno fa su Fivedabliu. Pretendevo, con quell’immagine, di sfrondarmi da ogni potenziale sensazione di saccenza che potessi correre il rischio di trasmettere ai lettori. Comunque nel finale del mio articolo, dedicato a una moderata celebrazione del Sindaco Marco Bucci per i risultati ottenuti da un’estemporanea Euroflora – estemporanea per i tempi organizzativi stretti -, avevo consigliato ai nostri amministratori di tornare sui banchi di scuola, con doveroso ripasso almeno della Carta Costituzionale, quella del referendum che ha mandato a casa l’allora premier Matteo Renzi. Avevo l’impressione, suffragata anche oggi dagli eventi nella seduta monotematica del Consiglio Comunale, che i principi fondanti della nostra Costituzione non fossero ben chiari in alcuni nostri rappresentanti istituzionali.
Anche se poi, a leggere bene l’intervento del Sindaco Marco Bucci, in cui per tre volte ha parlato di medaglia d’oro al valore militare e non di medaglia d’oro al valore militare per la resistenza, qualche dubbio in più non può che venire.
E insomma, per ben tre volte il primo cittadino, pur interrotto dal pubblico e dai banchi dell’opposizione, ha tenuto a ribadirlo “Medaglia  d’oro al valore militare”.

E poco gli è importato se nella motivazione si fa un esplicito riferimento alla lotta partigiana: “AMOR DI PATRIA DOLOR DI POPOLO OPPRESSO FIERO SPIRITO DI RIBELLIONEANIMARONO LA SUA GENTE NEI VENTI MESI DI DURA LOTTA IL CUI MARTIROLOGIO E’ UNA FULGIDA GEMMA ALL’AUREO SERTO DI GLORIA DELLA “SUPERBA” REPUBBLICA MARINARA – I MILLEOTTOCENTOSESSANTATRE CADUTI IL CUI SANGUE NON E’ SPARSO INVANO I DUEMILADUECENTOCINQUANTA DEPORTATI IL CUI MARTIRIO BRUCIA ANCORA NELLE CARNI DEI SUPERSTITI COSTITUISCONO IL VESSILLO CHE ALITA SULLA CITTA’ MARTORIATA E CHE INFERVORO’ I PARTIGIANI DEL MASSICCIO SUO APPENNINOE DELLE IMPERVIE VALLI TENUTE DALLA VI ZONA OPERATIVA – A PROSEGUIRE NELLA EPICA GESTA SINO AL GIORNO IN CUI SUONO’ LA DIANA DELLA INSURREZIONE – PIEGATA LA TRACOTANZA NEMICA OTTENEVA LA RESA DEL FORTE PRESIDIO TEDESCO – SALVANDO COSI’ IL PORTO – LE INDUSTRIE E L’ONORE – IL VALORE IL SACRIFICIO E LA VOLONTA’ DEI SUOI FIGLI RIDETTERO ALLA MADRE SANGUINANTE LA CONCUSSA LIBERTA’ E DALLE SUE FUMANTI ROVINE E’ SORTA LA NUOVA VITA SANTIFICATA DALL’EROISMO E DALL’OLOCAUSTO DEI SUOI MARTIRI. 9 SETTEMBRE 1943 – APRILE 1945”.

E in effetti racconta Maria Elisabetta Tonizzi: “La liberazione di Genova a seguito dell’insurrezione avvenuta tra la sera del 23 e il 26 aprile 1945 rappresenta l’unico caso europeo in cui un intero dispositivo militare tedesco si arrende alle forze della Resistenza senza alcun intervento bellico da parte degli Alleati che sopraggiungono soltanto il giorno 27. Li accoglie una città martoriata ma fiera di mostrare ai vincitori una ritrovata dignità civile. I trasporti pubblici e gli altri servizi urbani sono, infatti, regolarmente funzionanti e l’ordine pubblico è sotto il controllo delle autorità prontamente nominate dai partiti antifascisti riuniti nel Comitato ligure di liberazione nazionale (CLN), a dimostrazione di efficienza militare, capacità di governo e di selezione della nuova classe dirigente che ne legittimino agli occhi dei vincitori la candidatura a protagonisti della vita politica italiana del dopoguerra. È stata inoltre evitata la distruzione dell’apparato produttivo e delle difese foranee del porto, peraltro danneggiato in modo gravissimo dai bombardamenti angloamericani e dai sabotaggi compiuti dai tedeschi durante l’occupazione successiva all’armistizio dell’8 settembre 1943”.
E conferma Rai Storia: “Il CLN decide di dare l’avvio all’insurrezione per la liberazione di Genova. Il Comitato di Liberazione Nazionale della Liguria e il Comando Militare Regionale decidono di far partire un’offensiva in città contro i presidi militari tedeschi. Il 26 Aprile Genova è libera. Il corpo d’armata tedesco a Genova è l’unico in Europa ad arrendersi a formazioni partigiane”.

E comunque il sindaco Marco Bucci, ignorandola volutamente, ha fatto finta che la motivazione non esistesse e che la medaglia d’oro al valore militare fosse caduta dal cielo, lasciando il tutto sotto una genericità sconfortante. Non contento, al termine del consiglio ha preteso di riprovarci. Perché sul suo profilo pubblico ha postato la fotografia della pagina del libretto che ha sbandierato sotto gli occhi dei consiglieri ripetendo per ben tre volte “Medaglia d’oro al valore militare”. E senza nemmeno curarsi di tirare via la motivazione dalla quale si evince che l’onorificenza è stata assegnata proprio perché la città si è sollevata e liberata da sola dai tedeschi. Dimostrando Lui, e non i presenti e i consiglieri dell’opposizione, di voler distorcere la storia. Mettendo in campo nel caso specifico persino una pervicacia inquietante.
Perché va bene non voler cadere nell’enfasi della propaganda – e può persino essere che per anni le amministrazioni di sinistra lo abbiano anche fatto – ma far finta di ignorare la storia della propria città, o peggio ignorarla per davvero, per un Sindaco somiglia tanto a un tradimento o a una blasfemia.
Il tutto comprovato da quel “forse la fascia tricolore era fuori luogo”che, a mio modesto avviso, non lascia spazio in futuro a ravvedimento alcuno. Come appare il pretendere di formulare un regolamentoda far approvare al Consiglio Comunale e poi sovrapporre o sottoporre – non si è capito bene – a un cerimoniale che esiste già, e in materia dovrebbe essere molto chiaro. Nell’occasione sarebbe bastato applicarlo con il dovuto rigore per non incorrere in gaffe alcuna. Il nuovo regolamento, invece, non è che il mezzo per rinviare tutto a una nuova discussione, spostando artificiosamente e allargando il motivo del contendere alla presenza del gonfalone e addirittura ai patrocini, in modo da edulcorare e annacquare il problema dell’antifascismo. Come si è tentato di fare anche ieri con tanto di operazione cerchiobottistica e presentazione di uninterpellanza da parte del capogruppo di Forza Italia, lavvocato Mario Mascia, sui fischi al Sindaco durante le celebrazioni del 25 aprile. Fischi, tanto per fare cronaca, già stigmatizzati nel corso del comizio dal Presidente dell’A.N.P.I. provinciale, Massimo Bisca.

 

La seduta di ieri, comunque, si è conclusa senza prendere una posizione netta nei confronti del consigliere Sergio Gambino, l’uomo della fascia tricolore alla commemorazione dei morti della RSI.
Non a caso Bucci ha preannunciato che si parlerà anche di patrocini, probabilmente per inquinare un po’ le acque. E ha fatto intendere, sempre il Sindaco, che si deciderà a colpi di maggioranza. Come se si trattasse di una delibera qualunque. Evitando di porsi minimamente il problema di fondo: se il Consiglio Comunale possa sancire di andare contro ad uno dei dettami fondamentali della Carta Costituzionale, l’articolo XII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione.

Insomma una strategia per far scendere la tensione, visto che ieri il parterredel pubblico era stato preso d’assalto sin dalla tarda mattinata e molti rappresentanti della FIOMe della Cgil erano forzatamente rimasti fuori. Una scelta precisa quella di riproporre il tutto a data da destinarsi. Quando, probabilmente, il caso mediatico si sarà dissolto, l’opposizione avrà abbassato un po’ la guardia e la piazza non minaccerà di invadere il palazzo.
In quell’occasione, probabilmente, verranno artificiosamente messi sullo stesso piano la fascia indossata da Sergio Gambino per la commemorazione del 28 aprile e il mancato patrocinio al Gay Pride. Come se le sensibilità istituzionali da porre sul piatto della bilancia fossero assolutamente le stesse. Lasciando così perfino un pericoloso senso di confusione. O peggio la sensazione urticante di un baratto temerario.

E poi c’è il modo deciso e ai limiti dello scontro con cui il primo cittadino si è contrapposto alla stampache chiedeva legittimamente se Gambino si fosse servito da solo; senza dare motivazioni delle ragioni per cui avrebbe preso la fascia tricolore.
Sul tema il sindaco si è chiuso dietro a un rigoroso silenzio minacciando addirittura si voltare la schiena e andarsene di fronte ad una raffica di domande. Sempre la stessa, reiterata.
Per non farsi troppo incalzare si è trincerato dietro a uno slogan,a mo’ dispotelettorale. Ha continuato ad assicurarci e a rassicurarci dicendo che Lui sta lavorando per la città del futuro.
Come se non si trattasse di un Sindaco ma di un manager o un tecnico qualunque. Comunque non un politico.

Del resto da tempo sui social compaiono commenti che invitano coloro che pubblicano o hanno pubblicato postsul mistero della fascia tricolore ad andare oltre e ad occuparsi di problemi più importanti per la nostra città.
E in effetti la percezione dell’importanza del simbolo istituzionale rappresentato dalla fascia tricolore dei sindaci è andata via via scadendo. Pochi giorni fa, durante una manifestazione erano comparsi fianco a fianco il Sindaco e un assessore con la fascia tricolore. Con un evidente contrasto. Qualcuno aveva cercato di giustificare il Primo Cittadino dicendo che probabilmente era arrivato all’ultimo minuto e aveva compiuto un atto di cortesia nei confronti dell’assessore designato in precedenza a rappresentarlo.

 

Niente di particolarmente grave se non l’evidenza di una certa confusione, anche se mi piace riportare un commento del parlamentare uscente del PD Mario Tullo in cui racconta quale attenzione avesse, negli anni in cui era consigliere comunale, per l’uso della fascia e persino nel riporla. Scrive Tullo, ratificando che probabilmente non ci sarebbe nemmeno bisogno di un altro regolamento:
“Le cose sono semplici:
1) La fascia si può avere con una delega scritta, che può anche essere permanente, ma se le regole non sono cambiate si deve comunque motivarne l’uso
2) le fasce in dotazione ovviamente sono più di una. Se il giovedì si celebrano matrimoni e contemporaneamente si deve partecipare a qualche manifestazione ad esempio servono più fasce. Alcune in dotazione ai servizi civici e altre presso l’ufficio della Segreteria del Sindaco se non ricordo male. Se la fascia è uscita senza motivazione, e solo sulla base di un eventuale delega permanente, si è commessa una grave negligenza degli uffici o di chi ne ha fatto richiesta ed uso.
Ricordo che quando feci l’Assessore e poteva capitare che se partecipavo a qualche evento di sabato o domenica mi portavo a casa la fascia, non l’ho mai lasciata nel bauletto dello scooter, o in macchina, ero sempre preoccupato di poterla perdere o rovinarla, per l’alto valore simbolico che rappresenta. É questo valore che è stato violato ed è per questo che è giusto conoscere le responsabilità”.

E lo stesso Tullo, nella mattinata di martedì, invitava ancora Bucci: “Sindaco non è complicato, si giri guardi quel Gonfalone e la sua medaglia e poi basterà dire che è stato un errore, che chiede scusa per conto di chi l’ha commesso, che non accadrà mai più, che il rispetto per la morte non significa che i morti son tutti uguali. C’era chi moriva dalla parte giusta: i Partigiani, e chi da quella sbagliata: i fascisti”.

E a volte, ma questo evidentemente Marco Bucci, tenendo presente anche come ha risposto ai giornalisti che chiedevano conto dell’operato di Gambino, lo ignora, a volte dicevo, ammettere un proprio errore non è sintomo di debolezza ma di forza. Sennò si corre il rischio di far la figura, in un sol colpo, di forsisti e sfascisti. O di quelli che intendono prendere in giro i genovesi. I concittadini che il Sindaco aveva promesso di rappresentare interamente, a prescindere dai suoi elettori.

P.S.
Io comunque, forte del principio di Bucci che permette di fare un po’ di confusione e di mescolare un po’ le acque (o le carte?), ci provo. Stavolta ho chiesto al mio amico Fabio Palli di poter comparire con fez in testa e fascia tricolore. Magari il prossimo regolamento lo prevedrà specificatamente. Con questi nostri politici mai dire mai.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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