Genova – Quando arrivi a Fegino, alla periferia di Genova, ti viene incontro la puzza. Quel tanfo tipico di idrocarburi che impregna il naso come l’odore di fritto che irrancidisce su una giacca.
Ma non sempre.
Nei giorni in cui il vento è quello buono, puoi ancora sentire la campagna, quel tocco lieve di un’aria che sa di fiori ed erba tagliata. Un profumo umile e antico che evapora insieme all’anatomia stessa di questo luogo snaturato, decaduto, periferico.
Un luogo dove la terra e l’acqua si sono fatte petrolio, e la salute dei cittadini è diventata merce da decomporre per far crescere il profitto.
Un luogo dove la fisicità stessa degli spazi è vincolata dall’abbraccio di un deposito di idrocarburi troppo vicino alle case.
Vivere a Fegino non è facile.
Soprattutto quando devi fare i conti con il balletto burocratico degli articoli di legge che spostano le competenze di qua e di là, con i dati dell’analisi di rischio che ancora non sono stati resi pubblici, con le assenze di chi, delle risposte, avrebbe il dovere di darle.
Così è stato anche ieri, in Consiglio Comunale, dove la Commissione V Territorio e Politiche per lo Sviluppo delle Vallate, che aveva il compito di produrre un aggiornamento sulla situazione ambientale nelle zone colpite dallo sversamento dell’oleodotto IPLOM nel 2016, ha portato avanti i lavori in assenza di Arpal, ASL, Regione Liguria e Città Metropolitana.
A fare il punto per noi, invece, Antonella Marras, Presidente del Comitato Spontaneo Cittadini Borzoli e Fegino, che in Commissione c’era!
Simona Tarzia
Questa la Pronuncia del Ministero dell’Ambiente

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.