Capaci, 23 maggio1992
Vito Schifani (Palermo, 23/02/1965)
Il più giovane della pattuglia, svolge il servizio militare in Marina e nel febbraio dell’89 si arruola nella Polizia di Stato. Viene assegnato all’XI Reparto mobile di Palermo e da qui, nel marzo del 1990, trasferito in questura, prima alla squadra mobile e poi, dal dicembre ’91, all’ufficio scorte. Ha lasciato la moglie, Rosaria Costa, e il figlio Antonino di 5 mesi, oggi tenente della Guardia di Finanza, che si occupa di antiterrorismo e racconta così suo padre: «Cerco, col mio lavoro, di onorarne la memoria. Purtroppo non ho suoi ricordi diretti, ero troppo piccolo quando accadde tutto, ma papà lo ho vissuto nel ricordo degli altri, tanti, che me ne parlavano e che continuano a parlarmene. Mi auguro soltanto di riuscire a essere alla sua altezza».
Antonio Montinaro (Calimera, LE, 08/09/1962)
Entra in polizia nell’81 e dopo aver prestato servizio alla questura di Bergamo viene trasferito a Palermo, nell’88, e assegnato all’Ufficio scorte. Nell’agosto ’89 passa alla Squadra mobile. Frequenta corsi di specializzazione tra i quali quello di addestramento antisequestri e dal dicembre 1991 torna alle scorte. Ha lasciato la moglie, Concetta Mauro Martinez, e i figli Gaetano e Giovanni, di quattro anni e di 18 mesi. Il ricordo che Tina ha di suo marito è quello di una persona solare, di cuore: «Era un riferimento per le persone, diretto nei modi, non portava rancore. Svolgeva il suo lavoro a 360° ed è riuscito a lasciare il segno anche nel quartiere in cui vivevamo».
Rocco Dicillo (Triggiano, BA, 13/04/1962)
Perito chimico industriale, terminato il servizio di leva nell’Esercito, sceglie la Polizia di Stato e vi si arruola nel giugno 1987. Dopo il corso da agente a Bolzano, viene assegnato, nel dicembre ’87, all’Ufficio personale della questura di Palermo, poi dal giugno dell’88 presta servizio all’Ufficio scorte. Rocco Dicillo aveva trent’anni in quel maggio del 1992, non era assegnato sempre alla scorta di Falcone, di solito proteggeva padre Ennio Pintacuda, il sacerdote che avrebbe dovuto celebrare il successivo 20 luglio il suo matrimonio con Alba Terrasi. Era uno degli uomini che hanno sventato il 21 giugno del 1989 il primo attentato alla vita di Giovanni Falcone, sulla spiaggia della villetta affittata dal magistrato all’Addaura: segno che Rocco aveva visto in faccia il rischio del suo lavoro. La sua città natale, Triggiano, in provincia di Bari, nel giugno di ogni anno gli dedica una Biennale d’arte.
Via d’Amelio – 19 luglio 1992
Agostino Catalano (Palermo, 16/05/1949)
Assistente capo, 43 anni, veterano delle scorte alla questura di Palermo, sostiene le prove per il concorso da vice sovrintendente riuscendo a ottenere l’ammissione al corso (sarebbe partito nel settembre successivo). La sua carriera inizia ai Reparti mobili, prima di Foggia, poi di Genova, infine di Palermo, la sua città. Successivamente viene assegnato alla questura. Sposato, aveva perso la moglie ed era rimasto con tre figli già orfani di madre, adolescenti al momento della tragedia. Appena poche settimane prima aveva salvato un bambino che stava per annegare in mare di fronte alla spiaggia di Mondello. Sua madre Emilia, scomparsa nel 2013, dopo la perdita del figlio si è impegnata in prima linea nell’educazione alla legalità nelle scuole e nelle associazioni, per scongiurare il pericolo per i giovani di cadere nella tentazione mafiosa, ed è anche l’autrice del volume dedicato ad Agostino “Hanno ucciso mio figlio, chiedo perdono per loro”. Anche la figlia, Emilia, racconta di Agostino: «Era una persona sempre allegra, amava scherzare. Ma era nato per fare il poliziotto, lavoro in cui credeva, di cui andava orgoglioso. Quando è stato messo nella scorta di Borsellino credo già sapesse quale sarebbe stato il suo destino, ma non si è mai tirato indietro».
Vincenzo Li Muli (Palermo, 19/03/1970)
Il più giovane della pattuglia. Appena 22 anni, appassionato di auto e di moto da corsa. Ma il suo sogno di sempre è quello di entrare in polizia. Nel ’92 ottiene la nomina ad agente effettivo. Dopo un primo periodo di servizio al Reparto mobile di Palermo, viene destinato all’Ufficio scorte della questura. Entra far parte della scorta di Paolo Borsellino dopo la strage di Capaci. «È cresciuto in una famiglia numerosa che amava, e nonostante la giovane età stava già pensando a costruirsene una – è il ricordo di sua madre Provvidenza, che mentre ricorda Vincenzo lo guarda nella foto che tiene in cucina – allo stesso modo era innamorato del suo lavoro che aveva scelto, nonostante avesse una formazione da perito elettronico. Era molto affettuoso, non voleva farci preoccupare, diceva che le persone che scortava non erano a rischio, ma da mamma avevo capito la sua preoccupazione».
Eddie Walter Cosina (Norwood, Australia, 25/07/1961)
Avrebbe compiuto 31 anni qualche giorno dopo l’attentato che gli è costato la vita. Nell’81 sceglie di entrare in Polizia e dopo il corso di formazione presta servizio alla questura di Trieste, nell’83 entra nella Digos e nel ’90 nel nucleo anti- sequestri, per poi passare nell’Ufficio scorte. Chiede di essere assegnato a Palermo, e in virtù dell’esperienza acquisita nella città giuliana, è destinato alla scorta di Paolo Borsellino. Di famiglia triestina, Eddie nasce nel periodo dell’emigrazione in Australia, poi dopo il ritorno a Trieste si arruola in polizia; a ricordarlo è la nipote Silvia che aveva 16 anni nel ’92: «In una famiglia al femminile rappresentava il capofamiglia, era il nostro “sole”. Non voleva darci preoccupazioni, al punto che non sapevamo fosse parte della scorta di Paolo Borsellino. Era un uomo di grande generosità, la sua idea di famiglia non era solo nei rapporti di sangue ma la estendeva anche nei confronti dei colleghi: la partenza per Palermo è stata una sua scelta, per sostituire un collega che era appena diventato papà».
Claudio Traina (Palermo, 02/09/1965)
Non aveva ancora compiuto 27 anni il 19 luglio del 1992. Per scelta della questura di Palermo era stato assegnato all’Ufficio scorte, dopo aver trascorso cinque anni in Polizia con la qualifica di agente a Milano e ad Alessandria. Poi il ritorno a casa, nella sua città. A Palermo comincia il suo servizio a difesa di uno dei bersagli più esposti alla vendetta mafiosa. Poliziotto come suo fratello Luciano, di cui in qualche modo aveva seguito le orme: «Uno degli ultimi ricordi che ho di mio fratello, in quella tragica giornata, è stata la mattinata che abbiamo trascorso insieme a pesca, la nostra passione comune. E poi le ultime parole pronunciate con la solita ironia che lo caratterizzava, quasi una premonizione, “stasera raduna tutti i familiari”». Quel 19 luglio di 26 anni fa Claudio lascia un figlio di soli 11 mesi, Dario, che oggi vive in Brasile.
Emanuela Loi (Sestu-Cagliari, 09/10/1967)
Aveva studiato per insegnare, ma a vent’anni entra in Polizia, partecipando al concorso per accompagnare la sorella Claudia che aveva sempre sognato di arruolarsi. Dopo 16 mesi di addestramento a Trieste viene trasferita a Palermo, al commissariato Libertà. Ragazza solare e sorridente, sognava di tornare presto nella sua Cagliari, dove era in procinto di sposarsi. Ma dopo la strage di Capaci del 23 maggio viene assegnata al servizio scorte, dove servivano rinforzi. La sua battaglia in prima linea nel capoluogo siciliano dura appena tre anni.
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta
Vi ringrazio per questo articolo, che ci fa conoscere chi erano le altre vittime “silenziose”.