52 persone con sintomi della febbre emorragica.
28 casi di Ebola confermati in laboratorio.
Un caso a Mbandaka, città con oltre 1 milione di abitanti sulle rive del fiume Congo, via fluviale difficile da controllare. Sono questi i numeri dell’emergenza che colpisce la Repubblica Democratica del Congo, denunciati da Medici Senza Frontiere che avverte: “Ebola è un’infezione virale ad altissima letalità e molto contagiosa. Può uccidere fino al 90% delle persone che la contraggono, causando panico tra le comunità colpite”.
Per questo MSF sta incrementando le misure sanitarie: “Abbiamo organizzato una zona d’isolamento nell’ospedale principale di Mbandaka (5 posti letto) e una nell’ospedale di Bikoro (10 posti letto). Stiamo inoltre installando due Centri per il Trattamento dell’Ebola (CTE) a Mbandaka e Bikoro, ognuno da 20 posti letto”.
L’ultima epidemia di Ebola, senza precedenti nel numero di morti e di aree geografiche coinvolte, si è sviluppata in Africa Occidentale nel 2014.
Dalla Guinea, dove l’epidemia viene confermata per la prima volta il 22 marzo 2014, il virus si è rapidamente diffuso inLiberia, Sierra Leone e, con un’estensione contenuta, in Nigeria, Senegal e Mali. L’epidemia ha fatto registrare 28.652 casi sospetti, 15.261 casi confermati in laboratorio e 11.325 decessi con una mortalità pari al 40%.
Che cos’è l’Ebola?
L’Ebola è un’infezione virale ad altissima letalità ed estremamente contagiosa. Può uccidere fino al 90% delle persone che lo contraggono, causando panico tra le comunità colpite. Non esiste alcuna terapia specifica per curare questa malattia, ma nei nostri Centri per il Trattamento dell’Ebola possiamo curare i sintomi e garantire ai pazienti la necessaria idratazione, la somministrazione di antibiotici e antimalarici per prevenire le complicanze e rimedi contro il dolore.
Il trattamento sintomatico aumenta la probabilità di sopravvivenza del paziente e supporta il sistema immunitario nella sua risposta alla malattia.
Ci sono cinque ceppi diversi del virus Ebola: Bundibugyo, Ivory Coast, Reston, Sudan e Zaire, così chiamati a seconda del rispettivo luogo di origine. Quattro di questi cinque ceppi hanno causato la malattia negli esseri umani. Il sottotipo Reston, invece, non è patogeno per l’uomo.
Quando è stato scoperto il virus?
Il virus Ebola è stato identificato per la prima volta nel 1976 simultaneamente a Nzara, in Sud Sudan, e a Yambuku, nella Repubblica Democratica del Congo. L’ultimo caso di quell’anno venne registrato in un villaggio vicino al fiume Ebola, da cui la malattia ha preso il nome.
Come avviene la trasmissione?
Il serbatoio naturale del virus Ebola è un tipo di pipistrello o altri animali che vivono nella foresta. L’introduzione del virus Ebola in comunità umane avviene attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi biologici (es saliva, urina, vomito) di soggetti infetti (vivi o morti) e in contatto con ambienti contaminati da tali fluidi. Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, oltre al personale sanitario, per l’elevata probabilità di contatti. In Africa, dove si sono verificate le epidemie più gravi, le cerimonie di sepoltura e il contatto diretto con il cadavere hanno probabilmente avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia.
Quali sono i sintomi?
Inizialmente, i sintomi sono aspecifici, rendendo molto difficile la diagnosi clinica. La malattia è spesso caratterizzata da un improvviso accesso di febbre, astenia, dolore muscolare, cefalea e mal di gola. Questi sintomi possono essere seguiti da vomito, diarrea, eritemi, funzione renale ed epatica compromesse e, in alcuni casi, fenomeni emorragici che includono sanguinamenti dal naso, vomito ematico, diarrea mista a sangue, emorragie interne e congiuntiviti emorragiche.
Tuttavia, le emorragie si riscontrano in meno del 50% dei casi.
I sintomi possono manifestarsi da 2 a 21 giorni dopo il contatto, con un picco tra il settimo e il quattordicesimo giorno dal contatto.
Come viene curata la malattia da virus Ebola?
Non esiste alcun trattamento specifico per curare questa malattia. Il trattamento standard per l’Ebola è stato finora limitato a una terapia di supporto sintomatico che consiste nell’idratare il paziente, nel mantenerlo ossigenato e con un livello di pressione arteriosa adeguata, nel fornire un’alimentazione altamente nutritiva e nel trattarlo con antibiotici e antimalarici per prevenire ulteriori infezioni. Il supporto terapeutico offerto, a volte, aiuta il paziente a sviluppare una risposta immunitaria sufficiente per superare la malattia.
Tuttavia oggi, dopo un’ampia fase di ricerca clinica avvenuta sotto il coordinamento dell’OMS, in collaborazione con il Ministero della Salute della Guinea e con altre Istituzioni internazionali inclusa MSF, si è arrivati alla scoperta di un vaccino promettente che si è dimostrato “altamente protettivo” contro il patogeno dell’ebola (rVSV-ZEBOV).
La sperimentazione è iniziata nel 2015, nella fase finale dell’epidemia, su oltre 5.800 persone. Il vaccino ha dimostrato la sua efficacia praticamente al 100 per cento. Il test è avvenuto nelle comunità di Conakry, capitale della Guinea, e in otto prefetture circostanti, a Tomkolili e Bombali in Sierra Leone. I dati raccolti sulla sperimentazione e i risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista scientifica “The Lancet”.
Anche se non ancora registrato per l’utilizzo sui pazienti, questo vaccino potrebbe aiutare a controllare le future epidemie di ebola e perché questo avvenga occorre che il prodotto sia reso disponibile a un prezzo accessibile ai Paesi in via di sviluppo.
In mancanza di trattamenti e di vaccini autorizzati, la prevenzione si affida al rispetto delle misure igienico-sanitarie, alla capacità di una diagnosi clinica e di laboratorio precoci e all’isolamento dei pazienti e dei contatti ad alto rischio.
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