Se telefonando, la crisi viaggia sul filo del telefono

Era già tutto scritto, la liaison dangereuse, la telefonata evocata e mai avvenuta, di cui fantasticava Mina per mettere fine a un rapporto consumato e frutto di un colpo di testa. Perfino quella che allunga la vita, come recitava il finale di una pubblicità del 1993, quando esisteva ancora la Sip. E Massimo Lopez era l’indimenticabile condannato a morte nel fortino della Legione Straniera nella campagna Sip-Telecom diretta da Alessandro D’Alatri.

Già, la liaison dangereuse fra Luigino Di Maio e Matteo Salvini, trionfatori populisti delle ultime politiche. Con accordo plausibile, possibile, ipotetico fra due movimenti dell’antipolitica che alla fine gli ozi, gli agi e i privilegi della politica hanno potuto pregustarseli benissimo e per questo ben risoluti a cercare di andare sino in fondo. Magari raccontandosela pure in buona fede… che un qualche tipo di relazione in fin dei conti poteva essere possibile. Sarebbe bastato mettere da parte i punti di criticità fra le due proposte, cancellarli. Poi riscrivere il contratto e richiamare gli italiani, una parte degli italiani, ad esprimersi attraverso i gazebo o on line. Loro, Salvini e Di Maio il loro impegno ce lo hanno messo tutto. Anche se avevano capito sin dal primo incontro che mettere su famiglia, un nucleo che potesse avere una qualche stabile solidità futuribile, sarebbe stata avventura difficilissima se non impossibile.

E la storia, a partire dal bacio omosex fra Di Maio e Salvini, che in molti hanno postato sui social, c’è tutta – come dicevo – nel testo della canzone del 1966 di Maurizio Costanzo e Ghigo Di Chiara con musica del maestro Ennio Morricone. Brano di 52 anni fa. Parole e musica eccezionali per raccontare una situazione, normale o forse no, anormale, che a tutti noi sarà capitato di vivere, da una parte o dall’altra, almeno una volta. E perciò di una banalità sconcertante. Ma “Mai rimpianti – diceva qualcuno – solo rimorsi”.

Perciò le bellissime parole di Maurizio Costanzo sembrano un presagio incombente 

“Lo stupore della notte
spalancata sul mar
ci sorprese che eravamo sconosciuti
io e te.
Poi nel buio le tue mani
d’improvviso sulle mie,
è cresciuto troppo in fretta
questo nostro amor.
Se telefonando
io potessi dirti addio
ti chiamerei.
Se io rivedendoti
fossi certa che non soffri
ti rivedrei.
Se guardandoti negli occhi
sapessi dirti basta
ti guarderei.
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito”…

Canzone d’amore frutto di un’intuizione sublime che l’ha consegnata alla storia della musica insieme all’interpretazione di Mina con l’inizio inconfondibile. Spiegano i musicofili: “L’introduzione di fiati ispirata, per ammissione dello stesso Morricone, alle sirene della polizia di Marsiglia, apre un brano di cui diventa subito motivo portante e sorregge un testo che racconta la fine telefonica di un amore. Più esattamente di una passione intensa, improvvisa e delicata che si spegne così velocemente da non dare a nessuno il tempo di una spiegazione dell’accaduto. Il famoso testo al condizionale «Se, telefonando, io potessi dirti addio, ti chiamerei…» ben trasmette questa sensazione di impotenza e incompiutezza”.

E sono proprio quella sensazione di impotenza e incompiutezza che, appena trasfigurati, si attagliano perfettamente a quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Al contratto sottoscritto ai gazebo, al governo del professor Giuseppe Conte, ai consigli più o meno benevoli del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sino al veto. Ma quello fa parte di un altro capitolo. Successivo, che comunque viaggia e si dipana sempre sul filo del telefono.

Torniamo all’incipit  “LO STUPORE della notte/spalancata/sul mar/ci sorprese che eravamo sconosciuti/io e te./Poi nel buio le tue mani/d’improvviso/sulle mie…/É cresciuto troppo in fretta/questo nostro amor…”.

Scrivono ancor gli esegeti della canzone esaminandone il testo:

Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara nel 1966 scrivono il testo di Se telefonando. Serviva la sigla del programma di cui erano autori, Aria Condizionata. Nell’epoca delle intercettazioni telefoniche, dopo 44 anni i nostri lettori l’hanno eletta “canzone di Mina più bella” scegliendola tra una rosa di 15 pezzi che l’artista ha cantato e portato al successo. Fu Morricone a scrivere la melodia e curare gli arrangiamenti. Per il ritmo dell’inciso, il maestro ha detto spesso di essersi ispirato al suono della sirena delle ambulanze della città di Marsiglia. Morricone, che allora si cimentava con le canzoni, la suonò per Mina nella saletta prove di Via Teulada seduto davanti a un piano verticale. Lei aveva il foglio dei due autori tra le mani. La leggenda narra che cominciò a cantarla come se l’avesse sempre fatto. Come se fosse familiare, scritta apposta per la sua voce. Nata dalle corde di una grande artista che – racconta il figlio – non si è mai presa sul serio”.

Ecco la potenza dell’apparizione di una Mina bellissima. Nel filmato Mina appare in tutto il suo fulgore in abito lungo e scuro e capelli raccolti a crocchia. E ricorda con il suo fisico proprio l’iconografia di “donna Italia”. Come se non bastasse, ad aumentare la suggestione surreale, l’abito e le braccia sono stretti da lacci e lacciuoli. Mentre la location del video è il tetto del costruendo palazzo delle poste di fronte alla stazione di Napoli. Potere delle raffigurazioni di un’ Italia in pieno boom economico. E poi, oltre alle immagini, appunto le parole, in cui rivive tutta la vicenda politica in cui ci siamo andati a cacciare cinquantadue anni dopo. Spiegano ancora i musicofili: “Il testo resta audace e intellettuale. L’incontro di una notte tra due persone, al mare, probabilmente d’estate. Un rapporto sessuale occasionale (Poi nel buio le tue mani/d’improvviso/sulle mie). Sesso con amore, ma senza amore in prospettiva. Almeno per uno dei due, quello che chiamerebbe ma solo se potesse dire addio. Il fatto che il testo sia stato cantato da una donna è il lato mistificatorio della canzone, l’uomo diventa la vittima. Il dopoguerra è lontano, la libertà del Sessantotto, anche se nella nostra versione edulcorata, è vicina e inizia a colorare abiti e capelli. La piccola borghesia perde terreno e l’inganno si addolcisce con la melodia della canzone, si sdrammatizza nella profondità del testo, e grazie all’interpretazione di Mina. Che dietro la durezza di un addio non detto, mantiene il senso della malinconia e di una voglia interrotta privata del saluto”. Dalle porte del Sessantotto alla liberazione della donna nelle relazioni amorose. Quanta strada prima di tornare indietro, ai nostri giorni. Dall’amore alla politica, dal personale che diventa politico sino ad oggi. Ai social alle fake news. Strada in discesa, o di nuovo in salita.

E poi c’è tutto il crescendo dei toni musicali dopo un’attesa infinita. Proprio come è accaduto dopo la remissione del mandato da parte di Conte. Con i due amanti sullo sfondo, Salvini che, colpevolmente, stenta a fare la telefonata e Di Maio che la subisce. Salvini, che dalla relazione ha tratto tutti i presupposti positivi per un domani alle porte. Di Maio, che si era illuso ed ora compreso il tranello è costretto a leccarsi le ferite. Ci stanno i “non detti” e l’imponderabile nei panni dei coprotagonisti, cornice di questo amore fulmineo e impossibile, consumato in una sola notte. La notte della Repubblica – dice qualcuno – nell’ora più buia, ricordando il film su Winston Churchill.

Ecco, i coprotagonisti, da Mattarella al prof. Savona, dal Mercato allo spread, dalle accuse di alto tradimento all’Europa, dalla Merkel alla Lepen. Dai rigurgiti sovranisti alle ragioni pro e contro dei costituzionalisti. Anche di quelli dell’ultima ora.

A me piace poi proporre questa versione dove sulle note di “Se telefonando” compaiono dalla Magnani a De Sica, da Fellini a Mastroianni, con i frame di ladri di Biciclette a quelli della Ekberg nella fontana di Trevi, sino a Francesco Golisano e Brunella Bovo di Miracolo a Milano in volo sulla scopa, seguiti da un orda di emarginati nel cielo di Milano “verso un regno dove buongiorno vuol dire finalmente buon giorno”.il tutto a rinverdire i fasti culturali di un paese abituato a rinascere.

E poi c’è la storia dell’altro tradimento.

Insomma ad onta dei social prima si torna indietro al 1966, poi all’elenco dei casi dei ministri eccellenti cancellati con un battito di ciglia. Da Darida a Previti, da Maroni a Gratteri. E infine, sempre sul filo del telefono, viaggia anche la solidarietà a Mattarella. Niente tweet o post, solo fax. “La telefonata che allunga la vita”, come nel caso dello spot Telecom Sip in cui Massimo Lopez è grandioso nel prendere tempo di fronte al plotone d’esecuzione. Un altro cammeo che starebbe a pennello alla vicenda che ha sollevato fiumi di commenti.

E se qualcuno, arrivato sino in fondo, ha cominciato ad avvertire qualche leggero sintomo di urticamento non se la prenda. Perché sono solo canzonette e qualche spot pubblicitario.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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