È dal 30 marzo 2018 che i palestinesi partecipano alla “Marcia del Ritorno”. Una manifestazione di protesta per chiedere che i discendenti dei rifugiati che hanno perso le loro case durante la “nakba” – l’esodo del 1948 – possano ritornare alle proprietà della loro famiglia nei territori che attualmente appartengono a Israele.
A Gaza, le équipe chirurgiche di Medici Senza Frontiere (MSF) continuano ad assistere i feriti degli scontri con l’esercito israeliano, in particolare dopo il picco del 14 maggio, fornendo cure post-operatorie a oltre 900 pazienti che ne hanno ancora bisogno. Molti di loro hanno riportato disabilità permanenti e subiranno gli effetti delle ferite per tutta la vita.
Dal 1° aprile al 28 maggio, MSF ha assistito nelle proprie cliniche un terzo di tutti i feriti colpiti dai proiettili veri sparati dall’esercito, ovvero 1233 pazienti, tra cui 1208 uomini, 25 donne, 149 minori (l’età media è 25 anni, il più piccolo, ferito a una mano, ha 7 anni). Nel 90 per cento dei casi le ferite, spesso gravissime, sono agli arti inferiori. Le équipe di MSF hanno eseguito 315 interventi chirurgici, di cui 30 amputazioni, e hanno ricomposto 534 fratture. 319 pazienti sono stati dimessi, gli altri 914 stanno ancora ricevendo medicazioni e cure, di cui 354 richiederanno trattamenti a lungo termine e ulteriori interventi.
“Dal 1° aprile stiamo lavorando senza sosta. I bisogni sono enormi, la maggior parte dei pazienti subirà gli effetti delle ferite per tutta la vita” ha detto Alessandro Trainito, anestesista MSF, che il 14 maggio era all’ospedale Al Aqsa che ha ricevuto nello stesso momento circa 400 feriti.
Un tale afflusso di pazienti non si era mai registrato nemmeno in tutto il 2014, quando l’esercito israeliano lanciò l’offensiva “Margine di protezione”. Oggi si guarda con preoccupazione al 5 giugno quando è previsto un nuovo giorno di proteste di massa.
Per questo MSF sta rafforzando la propria risposta chirurgica nella Striscia di Gaza. Prima degli scontri del 30 marzo, MSF gestiva tre cliniche per cure post-operatorie, una quarta è stata aperta dopo lo scoppio delle violenze e una quinta sarà attiva tra poco per far fronte ai crescenti bisogni. Nel 2017 era attiva una sola équipe chirurgica, oggi sono quattro, negli ospedali di Al Najah, Al Aqsa, Al Hawda e Friendship. Una quinta sarà al lavoro dai prossimi giorni.
“Essere un chirurgo in queste circostanze è per certi versi semplice. Sai che fuori c’è l’inferno, ma non puoi fare nulla per quello. Entri in sala operatoria e ti concentri sul tuo paziente. Poi fai del tuo meglio per il successivo. Uno alla volta. Provi a non pensare a quelli che verranno dopo” dice Elda Baggio, chirurga di MSF.
In tutto il 2017 le tre cliniche di MSF avevano assistito 4900 pazienti. Nel 2018 sono 1233 solo nei mesi di aprile e maggio.
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