Sfregiata con l’acido nell’aprile 2013 da Altistin Precetaj e Rubin Talaban, mandante l’ex fidanzato Luca Varani, Lucia Annibali è il volto della violenza devastante di cui è capace quella “maschilità contemporanea” che sembra non trovare uno spazio di dialogo oltre l’aggressività.
Abbiamo voluto raccogliere la sua voce, ieri di passaggio a Genova, e una delle prime domande a venirci in mente ha riguardato la drammaticità del dolore fisico che prova un ustionato: “L’esperienza di grande ustionato quale io sono – spiega Annibali – è un’esperienza faticosa dal punto di vista psicologico perché comporta l’accettazione di una nuova versione di te, ma lo è anche dal punto di vista fisico perché gli ustionati soffrono moltissimo, soffrono per anni. Gli ustionati si sottopongono a continue operazioni. Quello che mi ha aiutata è l’equilibrio che ho raggiunto, l’accettazione che il dolore fisico è parte integrante del mio guarire“.
Portatrice di un messaggio importante per le altre donne che subiscono violenza e consapevole che molto spesso, dietro la paura di denunciare il compagno o il marito, c’è la preoccupazione di proteggere i propri figli, Annibali sottolinea come “in realtà, rimanere in quel luogo non protegge né la loro vita né i loro figli da difficoltà future. Anzi, assistere alla violenza può creare problemi in futuro, a livello personale” e poi lancia il suo appello: “Il mio consiglio è quello di aprirsi e di riuscire ad avere fiducia. Uscire significa già aprire una porcina verso una nuova possibilità”.
A questo proposito nell’ultimo anno e mezzo Lucia Annibali, che nel frattempo è diventata Deputata del PD, ha collaborato con il Dipartimento per le Pari Opportunità e da questa collaborazione sono nate le “Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza”: “Un risultato molto bello, perché le linee guida mettono a regime, a livello nazionale, quelle che sono le buone pratiche per accogliere una donna che accede al pronto soccorso, anche dal punto di vista umano. Uno degli aspetti positivi, infatti, è quello di creare un’interazione tra la struttura ospedaliera e quello che sta fuori, per aiutare la donna a trovare un percorso di fuoriuscita dalla violenza”.
La violenza contro le donne è un fenomeno di una gravità sociale poco indagata ma che impedisce in realtà il libero sviluppo della persona, la sua autodeterminazione, il suo diritto di costruire sé stessa in base alle proprie aspirazioni, e la chiude in una gabbia di stereotipi, figlia di una mentalità che non è la sua.
Eppure uscirne si può, “è un percorso faticoso, ma invito sempre tutte ad affrontarlo con un po’ di speranza verso il futuro e verso altre possibilità”, conclude Annibali.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.