Sudan – Una nota stampa di Amnesty International riporta la notizia dell’annullamento della condanna a morte per impiccagione, inflitta in primo grado il 29 aprile 2018, a Noura Hussein, la donna sudanese giudicata colpevole di omicidio premeditato per aver ucciso, con un atto di autodifesa, Abdulrahman Mohamed Hammad, l’uomo che era stata costretta a sposare a 16 anni e che intendeva stuprarla. Il 26 giugno la Corte d’Appello di Omdurman ha deciso che Noura Hussein dovrà trascorrere cinque anni in carcere e versare alla famiglia della vittima un risarcimento di 337.500 sterline sudanesi (circa 7200 euro).
“L’annullamento della condanna a morte è un fatto assai positivo ma ora occorrono riforme per assicurare che non vi saranno più casi come quello di Noura”, ha dichiarato Seif Magango, vicedirettore di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi laghi.
“Resta inoltre il fatto che cinque anni per una vittima di un attacco brutale da parte del marito sono una condanna sproporzionata”, ha aggiunto Magango.
“Le autorità sudanesi devono avviare un processo di riforma delle leggi sui matrimoni forzati e sullo stupro coniugale, in modo che in futuro non saranno le vittime a essere penalizzate”, ha concluso Magango.
La vicenda di Noura:
Noura Hussein è in carcere dal maggio 2017.
Quando aveva 16 anni suo padre e il futuro marito firmarono il contratto di matrimonio. La cerimonia si svolse nell’aprile 2017, alla fine del compimento degli studi superiori.
Lei non voleva consumare il matrimonio con una persona che non aveva scelto. Per stuprarla, suo marito si fece aiutare da due fratelli e un cugino che la tenevano ferma.
La seconda volta che cercò di stuprarla, Noura si difese con un coltello. L’uomo morì per le ferite riportate. Lei corse dai genitori per raccontare l’accaduto, ma il padre la consegnò alla polizia.
La condanna a morte inflitta a Noura Hussein in primo grado si era basata su una legge del 1991 che non riconosce lo stupro coniugale.
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