Bordighera, lo strano caso di Villa Mariani: tra guardie, ladri e rivelazioni di un condannato di ‘ndrangheta

Non vi nascondo che avverto una certa inquietudine nel raccontarvi la storia di Villa Mariani. L’inquietudine di vivere in un Paese dove l’assurdo è elevato a sistema e dove ci si può risvegliare, un giorno, chiusi dentro al progetto di qualcun altro. E quando il progetto rientra nel sistema dell’imprenditorialità mafiosa, le cose si complicano.
Ma cominciamo dall’inizio.
Villa Mariani è la casa museo di Pompeo Mariani, pittore ottocentesco che qui, sulle alture di Bordighera, si fece costruire nel 1909, dall’architetto Rudolf Winter, il suo famoso atelier, La Specola, uno degli studi d’artista più importanti al mondo, rimasto intatto così com’era all’epoca.
L’atelier e la villa sono circondati da un parco di circa un ettaro, propaggine dei famosi giardini Moreno dove Claude Monet, nel 1884, eseguì almeno tre dipinti: Vedute di Ventimiglia, Studio di piante di ulivo, Giardino a Bordighera, impressioni del mattino.
Quindi ricapitoliamo.
Atelier, villa, giardino botanico, vista mozzafiato. Perché non mettere tutto a profitto e costruire un bel residence con parcheggio, ben più redditizio di un museo?
32 appartamenti e 50 box, per la precisione, secondo un progetto predisposto da tale Vincenzo Palmero quando era a capo dell’ufficio tecnico comunale, un personaggio che ritroveremo più avanti, legato alle amministrative 2013 del Comune delle palme.

Non è fantascienza

Leggendo il memoriale di Ettore Castellana, imprenditore edile imperiese condannato nel processo “La Svolta”, un processo di ‘ndrangheta, pare che fosse davvero questo il destino di Villa Mariani.
Il motore dell’operazione sarebbe proprio quell’imprenditorialità mafiosa che ha disintegrato l’economia del Ponente ligure, complice la politica e la sua accettazione delle condizioni di subalternità e di emarginazione imposte dal nuovo corso economico malavitoso.

“Con un po’ di rammarico devo dire che, in questi vent’anni, da parte delle istituzioni della provincia di Imperia non abbiamo avuto una particolare attenzione. Anche la Regione non si è mai occupata di questa struttura, così come i sindaci che si sono succeduti qui a Bordighera, che non hanno mai sposato la nostra causa”.
A parlare è Carlo Bagnasco, proprietario della villa dal 1997 e presidente della Fondazione Pompeo Mariani, che ascolto incredula mentre racconta dell’aggressione al suo patrimonio.
Un progetto speculativo che ha visto tra i suoi attori anche la Banca Monte dei Paschi di Siena che nel 2012, per un debito su un mutuo, ha messo all’asta la villa.
I particolari sono ancora nel memoriale di Castellana dove si legge che Piergiorgio Parodi, noto costruttore della zona al quale lo stesso Castellana aveva sparato per  mancati subappalti  nel porto di Ventimiglia, lancia l’assalto alla villa nel 2010, a Montecarlo, durante una cena di “Amitiè sans frontieres” dove incontra Giuseppe Mussari, avvocato catanzarese e allora presidente di MPS, lo stesso che nel 2013 si dimise dalla presidenza dell’ABI dopo lo scandalo Monte Paschi.
L’intento è quello di affossare Bagnasco in modo da mettere all’asta la villa per poi acquistarla con quattro spiccioli, e quasi ci riescono.
Tuttavia, quando il bene finisce a gara, Bagnasco chiede la conversione del pignoramento e, pagando 62.000 euro al mese per diciotto mesi, evita la vendita.
“Il tribunale di Imperia ha poi convenuto che questo debito non fosse dovuto in toto, che fossimo stati vittime di usura – continua Bagnasco – e la stessa banca ha riconosciuto che i conti non erano proprio giusti e che una parte dei soldi dovevano esserci restituiti”.

Una storia assurda

Sempre Castellana, in quel memoriale consegnato alla Procura di Imperia, racconta che la gamma degli interventi di Parodi per mettere le mani sulla villa tocca perfino le candidature alle amministrative del 2013: decide, infatti, di far candidare a sindaco di Bordighera l’ex capo dell’ufficio tecnico comunale, Vincenzo Palmero, che lo stesso Castellana aveva fatto entrare in massoneria, nella loggia Mimosa di Bordighera.
Si ritirerà a pochi giorni dalle elezioni.

Se vi sembra incredibile quanta esperienza e perizia nel delinquere impunemente si possa nascondere in certe persone, aspettate di ascoltare l’episodio del caveau fantasma.
Alcuni anni fa, quando MPS era ancora Antonveneta, la famiglia Bagnasco aveva depositato in un armadio blindato dell’agenzia di via Santi Giacomo e Filippo, a Genova, “diversi beni, tra i quali venti chili d’oro, un’opera di Degas e gioielli importanti di mia madre, tra i quali uno smeraldo da 100 carati” ricorda Bagnasco che poi aggiunge: “Quando abbiamo chiesto di accedere al caveau, per vendere alcuni beni e pagare la conversione del pignoramento, l’accesso ci è stato impedito”.
Si scoprirà solo grazie a un blitz della Guardia di Finanza di Genova, su ordine della Procura di Sanremo, che il caveau è vuoto.

Il Degas rubato dal caveau

“Se si consultano gli atti della Procura – precisa Bagnasco – risulta che in un primo tempo c’è stato un accesso della banca senza informarci, e il perito incaricato di accedere dice di non ricordare se questo accesso è stato fatto in modo forzoso o  è avvenuto tramite chiave”.
La banca aveva in mano una terza chiave che non doveva possedere? Non è chiaro.
“Poi c’è stato un secondo accesso – prosegue Bagnasco – e agli atti si dice che è stato chiamato un fabbro per forzare l’armadio blindato. Le indagini hanno rilevato grosse anomalie da parte della banca ma non è stato individuato alcun responsabile. Per questo, nonostante la nostra opposizione, il reato di furto è stato archiviato per ben due volte dalla Procura di Imperia”.
Anche le videoregistrazioni, a detta della banca, erano state distrutte perché era passato troppo tempo.
“Tra un anno e mezzo, due, mi pare che il reato vada in prescrizione“, conclude Bagnasco.

E se vi sembra una storia incredibile, ascoltate direttamente dalla sua voce i retroscena, le omissioni e le trame allucinanti di chi avrebbe voluto mettere le mani su Villa Mariani che oggi, per fortuna, sta per essere dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità.

Simona Tarzia
© riproduzione riservata

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *