Quei maniman della porta accanto

Metto le mani avanti. Non giudico. Voglio sospendere il giudizio. Ma osservo. Osservo soltanto. Stamane sono rimasto piacevolmente colpito da un mio amico social di centrodestra, passato dagli arancioni d’antan, quelli dell’inossidabile Sandro Biasotti, al verde Lega. Influencer politico di cui non faro’ il nome, in ottemperanza al buon costume di dire il peccato ma non il peccatore. Con particolare spirito campanilistico – del resto dalla sua parte in questi giorni si rivendica l’abuso del vessillo di Genova, la croce rossa in campo bianco, da parte della casa reale inglese – ha deciso di ribattezzare con un termine tutto zeneize, la tribu’ dei “rosiconi”, cioè’ di tutti coloro che nel passato week end hanno avuto vita facile e si sono intestarditi nel criticare, senza se e senza ma, lo scivolo che non scivolava. Vabbe’, mi si dirà che Governatore e Sindaco ci hanno messo del loro cercando di lanciarsi a capofitto giù per quella discesa tutta di plastica lungo via Venti Settembre. Sfidando la legge di gravità, raccolti a bordo di un salvagente e rimanendo spiaggiati a metà discesa. Immagine emblematica di una citta’ dove anche il divertimento ha un suo prezzo da pagare pur essendo la partecipazione alla scivolatanonscivolosa, grazie alla Costa interamente gratuita. A gratis per dirla con il popolo. Altra condizione capace di invogliare in maniera decisiva i genovesi. Ma torniamo al Nostro che ha ribattezzato i rosiconi “maniman”. Termine molto utilizzato per indicare coloro che “non si sa mai”, ma sono soliti sempre e comunque, prendere le distanze. Per poi poter dire “io ve l’avevo detto”. Un’operazione di marketing geniale, quella dell’influencer. Perche’ sino ad oggi i ferrei detentori del maniman sono stati a Genova gli esponenti, più o meno nobili, della classe imprenditoriale, oscillante fra destra e sinistra e cresciuta sotto l’ala protettrice delle partecipazioni statali. E della politica. Altra immagine tutta genovese di una Genova che non c’e’ più e tenta di ritornare GenovaMeravigliosa. Anzi, c’è persino qualcuno che fra red carpet, ombrellini, infiorescenze, e appunto, scivoli, è addirittura disposto a spergiurare che si stiano facendo molti passi in avanti per raggiungere la meta ambita. Questioni di percezione. Proprio come quella di una criminalità crescente o in rapida decrescita. Operazione, quella del maniman, che grazie al nostro comunicatore, ha avocato anche al popolo negletto questa curiosa prerogativa tutta genovese che una volta veniva compresa nell’ attitudine, quella si’ dal basso, al perenne mugugno del nostro popolo. Prerogativa antica del popolo di marinai, navigatori, naviganti e banchieri che che avrebbe inventato la croce di San Giorgio. 

E “belin” ne è poi l’intercalazione classica, a evidenziare il sospetto che poi qualche cosa non debba andare per il verso giusto.

Ma dirò di più. E questo l’influencer, passato da Biasotti al capitano Salvini non lo dice. O non lo vuole dire. Il maniman è diventato identificativo talmente popolare – chissà se la Serafini se ne sarà accorta, perché nel caso c’è da attendersi una mostra a tema, magari a Villa Croce – da percorrere tutto il panorama politico. Da sinistra a destra e da destra a sinistra. E il week end che, insieme alla rivendicazione di possesso per il vessillo bianco con croce rossa, passerà alla storia per il week end dello scivolo che non scivola, ce ne ha offerto un’ampia riprova, suffragato dai commenti social sulla maglietta, camicetta, t-shirt, indumento qualsiasi, persino una copertina per il gatto, iconicamente rossa, operazione di solidarietà lanciata da Don Ciotti per protestare contro la chiusura dei porti e i bimbi affogati in mare aperto.

Lì i maniman si sono scambiati le parti.

Epica una foto del Gad Lerner, Rolex al polso e in “camiseta rossa, che si presta ad uno scatto di protesta e dice “Facciamo presto sta foto che mi se scoce l’aragosta”. Vabbe’, io avrei suggerito un più popolano “me se sta a scoce’”. Ma Gad Lerner è pur sempre un giornalista e farlo esprimere nel romanesco del palazzo sarebbe stato un affronto troppo forte anche da parte di chi ha iniziato la sua carriera politica definendo “Roma ladrona”.

Insomma chi non risica non rosica, oppure, meglio, chi non rosica non risica. Che si addice di più a questi tempi in cui la comunicazione politica è tutto. E la narrazione, come spiega un altro mio amico social, finisce per avere un valore maggiore dei fatti. Maledetta politica. Anche se poi, nel merito, questo inossidabile virare dall’arcobaleno al rosso, avrà pure un suo significato nei salotti impegnati a prendere una sana boccata d’aria, immersi come sono a commentare il presagio di Matteo Renzi  che tornerà vincitore, all’alba, o forse no, all’assemblea nazionale del Pd.

Giona

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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