
Ho riconosciuto il Paolo Gozzi ex consigliere comunale Pd, una macchina da voti, nel ponente genovese, poi passato al gruppo misto, e in quel periodo in perfetto accordo con il popfilosofo divisivo Simone Regazzoni, nell’ultimo post di stamattina. Temevo che con l’andare del tempo e saltato il fosso – ma mi spiegano che anche la politica è diventata una cosa liquida e la rigidita’ delle ideologie è come nel sesso l’osservanza dei generi – si fosse troppo appiattito sulla sua ultima benefattrice, l’assessore Elisa Serafini, di cui è diventato saggio. O grillo parlante, fate un po’ voi. Quindi pensavo che, in osservanza alle regole del centrodestra genovese e ligure, che in questo momento pende fortemente verso la cotèe leghista – vedi la voglia di indipendenza del governatore Giovanni Toti e del suo fido scudiero Marco Bucci, omologato agli arancioni – anche il bello del ponente si schierasse con Marione Mandzukic e la sua Croazia. Del resto il “capitano, mio capitano”, Matteo Salvini aveva confidato che sarebbe volato a Mosca per la finale del mondiale, solo per gufare contro i blues di Macron, reo, a suo avviso, di innervosirlo con tutti quei suoi saltelli.
Invece Paolo il bello, o il caldo, come si preferisce, ha deciso di affrancarsi dal becerume della politica applicato anche a una partita di calcio. E mentre sui social andava per la maggiore il post di Cesare Sacchetti, che faceva riflettere sulle origini dei calciatori francesi, per la maggior parte di colore, e sulla contrapposizione di una nazione giovane di appena 4 milioni di abitanti che arriva sul podio della massima competizione calcistica con calciatori autoctoni, lui, il Paolo, è andato clamorosamente contro corrente.
Ragionare con un po’ più di argomentazioni gioverebbe, tenuto presente che la Francia per molti secoli ha basato il suo potere politico sull’imperialismo e sulle colonie e che ai giorni nostri sono pochissimi i selezionati da Dalic che giocano in patria. Insomma sovranisti emigrati per contratti milionari che si ritrovano per una scampagnata e coronano un sogno. E poveri neri che hanno avuto l’onore della cittadinanza francese. Sullo sfondo dello ius soli, o no, mentre l’assemblea nazionale transalpina ha provveduto a cancellare la parola razza dalla sua Costituzione, proprio qualche ora prima dalla festa nazionale e dalla celebrazione della presa della Bastiglia.
Paolo Gozzi, comunque sia, glissa e prende le distanze. Una partita di calcio è una partita di calcio perché volerla irretire e costringere nelle recondite masturbazioni della politica? Lui ammonisce e come la Svizzera si dimostra neutrale e posta deciso: “Quindi anche di una banale partita di calcio si riesce a fare una diatriba fra sovranisti e globalisti. Non sono più ideologie, sono patologie”.
E perciò lo ringrazio per avermi riconciliato con il gioco del pallone, quello del “gira la palla, gira la palla, falla gira’”. E anche per aver preso le distanze da un suo collega di barricate che qualche giorno fa in occasione dell’ottavo fra Argentina e Francia aveva invitato a tifare “senza se e senza ma”per Leo Messi e per il tatuatissimo Sampaoli. Adducendo, come ottima ragione, che i francesi non avendolo non potevano fare uso del bidet. Io, che sono dichiaratamente globalista spero, che idealmente i francesi possano sollevare la coppa del mondo come se si trattasse della trasfigurazione impreziosita di quel bidet per cui, a prescindere dalle origini africane, in nome del politicamente scorretto, sono stati messi alla gogna. Perché a patologia è giusto rispondere con la patologia. E curatevi un po’ se ci riuscite.
Giona


Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.