Il “tengo famiglia” e la decisione ArdimenTosa

 

Ci risiamo.
Ci risiamo con i populismi distorti, l’antipolitica a singhiozzo, il cambiamento proclamato che poi incappa nella paura del diverso
. Quello che con il proprio comportamento responsabile rischia, in qualche modo, di mettere in crisi il solito sistema, oliato, rioliato, funzionante e marciante. Che poi, per miopia, rischia di essere il sistema paese, tuttora in voga, molto in voga. Alla faccia del Governo autoproclamatosi come Governo del cambiamento. Accade che nel di’ di Ognissanti il sottoscritto, Paolo De Totero, indulga e si dilunghi in un periglioso articolo. Scritto di getto dopo la tempestosa notte del dolcetto scherzetto, coincisa con l’approvazione del cosiddetto decreto Genova, Ischia, fanghi e idrocarburi. Un articolo dal titolo non casuale “Ognissanti”.
Irridente – almeno così sarebbe stato nelle mie intenzioni – per i comportamenti dei nostri santissimi della politica locale, da destra a sinistra e da sinistra a destra, che hanno usato lo scontro (prima) e la votazione con approvazione (poi) per farsi un po’ di sana propaganda social. E non tanto sui contenuti circostanziati del decreto Genova, che comunque passerà fra una decina di giorni al vaglio, a mio giudizio nuovamente periglioso, del Senato. E anche lì ci sarebbe, comunque, da dire. Quanto sugli emendamenti personalmente sostenuti e inclusi nel provvedimento. Tanto da far sembrare la nostra emergenza marginale rispetto a qualche ordine del giorno che porta notorietà ed acqua al mulino di qualche singolo già a caccia di voti personali per qualche prossima battaglia elettorale. E ho fatto nomi e cognomi sui quali, per carita’ di patria, adesso mi fa piacere glissare. Concludevo, in mezzo a tanti presunti santi votati al martirio di una maratona parlamentare, tanto per tener fede a quel motto che dice che la speranza è l’ultima a morire, indicando un personaggio, anche lui marginale, per la politica. Facendone nome e cognome per un comportamento degno di nota ma quanto mai distonico nell’ambiente di cui parlavo prima.

Un addetto stampa che nel bel mezzo di tanto distorto conformismo, di facciata e pratico, ha osato rassegnare le proprie dimissioni, in omaggio alle proprie idee politiche che avrebbero dovuto sopravvivere a una coscienza compressa ed oppressa. Avevo così concluso riportando per intero il suo post, parola per parola. Un messaggio in cui intravedevo un messaggio di speranza per la politica tutta. Anche quella degli ultimi, i dimenticati, gli emarginati, quelli che pagano tutti i giorni il fio del compromesso e della praticita’ del fine dei partiti che è quello del potere e del governo della cosa pubblica.

Un comportamento, si badi bene, non marginale anche se tale è stato giudicato da qualcuno. Lorenzo Tosa è il nome dell’incauto dimissionario che non ce l’ha più fatta e si è ritrovato disoccupato a dare le dimissioni dal ruolo di addetto stampa del M5S in Regione. Giornalista che ha giudicato, a torto o a ragione, troppo alto il prezzo da pagare per il compromesso fra le proprie idee politiche, la sua coscienza professionale, e la trasformazione a livello nazionale del partito per cui faceva il comunicatore.

E mi è toccato assistere, sui social, fra un post e tanti commenti ad una sorta di processo sommario contro chi ha osato denunciare il sistema, il sistema paese, l’andazzo comune di chi si è sempre barricato dietro la giustificazione consunta e italianissima del “tengo famiglia”. Un comportamento, si badi bene, al limite dell’eroismo, in un paese che quotidianamente, non solo fa del compromesso interessato e personale un’arte, ma suppone di poter dare ignominiosamente dell’imbecille a chi da diverso, comportalmente trasgredisce a regole non scritte.

Un sistema difensivo che finalmente mostra qualche crepa. E pazienza, anzi meglio, se l’individuo in questione invece di rosicare in privato, rende pubblico il suo pensiero, provando a mettere alla berlina il re nudo. Decisone ardimenTosa e come tale, estremamente pericolosa per un mondo, quello dei social, abituato alle reazioni di pancia e ad emarginare immediatamente, oltre alla capacità di ragionamenti più approfonditi, chi ha l’intraprendenza di rifiutare di punto in bianco quel sistema che fino ad oggi, gli ha permesso di sopravvivere, e Percio’ tempestivamente lo emargina. Perché, spesso il metterci a contatto con la propria rispettiva coscienza è diventato in mezzo esercizio da rifiutare fideisticamente. Con l’atteggiamento del Pinocchio che con il martello schiaccia il grillo parlante.

Il grillo parlante, no non il Beppe di Sant’Ilario conosciuto come l’Elevato, aveva sentenziato “Quello che é accaduto é uno smottamento quasi impercettibile nella storia dell’uomo ma epocale nella grammatica temporale moderna; é accaduto che una quantitá non trascurabile di idee e conquiste che consideravamo assodate oggi sono ufficialmente – e profondamente – di nuovo in discussione. In ordine sparso: aborto, divorzio, scienza in tutte le sue declinazioni, Europa, europeismo, informazione, multiculturalismo, cultura, competenza, sviluppo economico, un certo grado di libertá sessuale e di benessere. Stiamo costruendo un mondo in cui, se fai figli, ti regalano un terreno da coltivare, in un’equazione prole > raccolto > forza lavoro che credevo di ripassare giusto in qualche volume di Jacques Le Goff. Come fai, di fronte a questa onda anomala, a mettere davanti lo stipendio? Come fai a continuare a ripeterti – e a ripetere a tuo figlio – che lo stai facendo per lui quando duecento uomini, donne e bambini vengono tenuti in ostaggio per giorni in mezzo al mare, nel silenzio da brividi di un’intera classe politica? Come puoi rinunciare a credere che quella cosa ti riguarda, ci riguarda e ci sta dicendo chi saremo tra cinque minuti, un anno, vent’anni?”. Già, i nostri figli e il loro futuro, e il mondo che stiamo preparando loro. I fascismi, i rigurgiti, l’intolleranza, i proclami elettorali che alla fine si sono dimostrati tali. La convivenza indigesta, i compromessi inghiottiti e digeriti per esercitare il potere. Il cambiamento, i populismi, l’antipolitica già malata di politica, quella degli interessi personali o di partito.

Il resto è il post di sabato di Lorenzo Tosa, messo a contatto con la realta di tutti i giorni, con il compromesso quotidiano che ti consente di portare a casa tutti i mesi lo stipendio. Tosa, 35 anni, è il figlio di quella generazione choosy di cui parlava la vituperata Fornero o del “calcetto” dell’ex ministro Poletti che, oltre al divertissement, poteva creare occasione di impiego. La sua colpa è stata quella di rifiutare, per una volta, tutti questi luoghi comuni messi insieme dalla nostra classe politica, più o meno progressista e movimentista. Qualcuno e’ arrivato persino a pronosticargli con spregio una futuribile candidatura.

Scrive Lorenzo Tosa: “Un rompicoglioni in meno”. A scanso d’equivoci, me l’hanno scritto due volte. Era il messaggio tutto sommato più gentile. Tra le offese. Solo che, in mezzo, è arrivata una quantità di affetto, solidarietà, speranza, da farmi dimenticare persino come tutto era cominciato. In una parola: empatia. Umana, umanissima, come non credevo, come non speravo più. In fondo, è tutto lì, in quell’empatia lì, nella capacità di tornare a guardarci, ad ascoltarci, in quella schiena meravigliosamente dritta di migliaia di persone che non si arrendono. Nonostante tutto.

Il fascismo, il populismo, non li combattiamo più con le armi ma con la straordinaria bellezza della complessità; nel rifiutare risposte semplici a problemi complessi. Smettendo di accettare la paura come giustificazione in un genitore che non vaccina suo figlio, in chi decide come devi vivere e come devi morire, ogni volta che qualcuno mette insieme le parole “sicurezza” e “immigrazione” come se facessero parte della stessa sfera semantica. Se ci pensate, l’unico vero confine oggi è quello tra empatia e paura.

Salvini, Di Maio, i sovranismi di ogni ordine e grado, non sono altro che un algoritmo di paure abilmente mescolate insieme. Elimina le paure e il mostro morirà piano piano, per inedia, per consunzione. Nulla é vero. Di reale c’è solo la paura, che pompa il razzismo, alimenta la violenza verbale e fisica, giustifica la cattiveria travestendola da pragmatismo. Avevo quasi rinunciato a lottare, mi ero quasi rassegnato a una qualche nicchia di sicurezza e comodità. Ma poi è capitato questo. Boom! Se c’è una cosa che mi porto a casa delle ultime 48 ore è l’incredibile potere della comunicazione, quella autentica, il suo potere virale capace di raggiungere luoghi e menti che neppure immaginavo esistessero. E in questa potenza ho ritrovato la bellezza di un gesto che avevo dimenticato in anni di narcolessia intellettuale. Ho imparato che non conta nulla quello che pensi, dici o scrivi ma a quante persone arriverai, quanti ti leggeranno, quanti condivideranno le tue idee, quanto impercettibilmente sei riuscito a spostare l’asse su cui ruota il piccolo pezzo di mondo che hai intorno. Se scrivere, fare giornalismo, comunicazione ha ancora un senso, eccolo qui. Se fare politica ha ancora un significato, eccoci qui. Io ci sono. Non so dove, non so come, non so quando né con chi, ma ci sarò. Spero insieme a tante menti libere”.

In mezzo a tanta sublime controversa bellezza, qualcuno pur di non ammettere che anche fra i CinqueStelle, il clima dopo l’accordo di governo è cambiato, arriva a insinuare un pronto e futuribile salto della quaglia, facendo regola delle distorsioni a cui lo scenario locale, e non, ci ha abituato da parecchi anni a questa parte. Per dire, da Razzi a tanti altri come Alfonso Gioia a livello locale.

E in tutto questo “dagli all’untore” nessuno si e peritato di andare un po’ più in là. Prendendo in esame lo stravolgimento a livello nazionale della linea politica grazie alla quale i CinqueStelle hanno vinto le elezioni. Senza prender in considerazione che, magari, anche a livello locale il Movimento si prepari ad un atteggiamento oppositorio un po’ meno inossidabile nei confronti di un Governatore, il Giovanni Toti, che ha sempre schiacciato e continua a schiacciare l’occhio alla Lega. Un modo come un altro per accorciare le distanze. Senza andare nemmeno troppo lontano, arrivando sino alle defezioni di Paolo Putti e Marika Cassimatis, messa alla porta dopo le “sindacarie” stravinte in favore dell’attuale capogruppo a Tursi Luca Pirondini. Il Movimento sempre in movimento parrebbe ormai essere arrivato alla stagnazione. Forse in vista di possibili risalite elettorali, lasciando a terra quelli che giudica un fardello gravoso, che poco ha a che fare con l’attuale linea politica del Governo verdeoro.

Ragionamento da ascrivere – chissà ? – alla fantapolitica. Almeno per ora. Lo sostituisce una collega che ha iniziato, dopo molte peregrinazioni occupandosi di food, il suo percorso professionale in Regione con la giunta di Claudio Burlando, alla corte dell’ex assessore UDC Giovanni Boitano, sindaco di Favale di Malvaro e riesumato fresco consigliere regionale al posto di Raffaella Paita volata a Roma. In parlamento.

Perciò, al di là di chi giudica le notizie delle dimissioni come quisquilia risibile, non degna di tanto risalto mediatico su quotidiani e social, da parte mia onore e stima a Lorenzo Tosa per la sua coerenza controcorrente e per il suo personale sacrificio. E al suo al modo di guardare oltre… al suo futuro. Che per il momento lo ha lasciato senza stipendio fisso, ma con un ottimismo e un’empatia di fondo.  E -a mio personalissimo parere – di questi tempi difficili per le giovani generazioni, non e’ poco.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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