1999 – 2019. Vent’anni senza Fabrizio

Il testo di Crêuza de mä
Il testo di Crêuza de mä

Il soprannome “Faber” fu dato a Fabrizio De Andrè dal suo amico Paolo Villaggio, per l’abitudine di scrivere poesie e testi con le matite Faber Castell. Quello che fece col testo di “Crêuza de mä”. L’originale è custodito a Siena.

Nel 1969 abbiamo la prima apparizione televisiva di Fabrizio De Andrè. Nella sua intervista spiega ad Enza Sampò, che conduce “Incontro con…”, la sua opera prima. “Parla della morte…della morte psicologica, morale, mentale, che un uomo normale può incontrare durante la sua vita”. L’intervistatrice, alla parola morte, si ritrae, ma lui chiarisce… “Direi che una persona comune, ciascuno di noi si imbatte diverse volte in questo tipo di morte, in questi vari tipi anzi di morte, così quando tu perdi un lavoro, quando tu perdi un amico, muori un po’, tant’è vero che devi rinascere un po’ quando perdi un amico.”

Anno 1989: De Andrè si sposa. Raggiunta la notorietà, la sua figura viene identificata con Genova, di cui diviene un simbolo. In quegli anni, gente come Chick Corea dice che il suo “Crêuza de mä”. è uno dei migliori dischi di tutti i tempi. Appartenente all “upper class”, personaggio dall’agiografia difficile, sfuggente, non catalogabile, ha descritto la nostra città nelle sue miserie e nelle sue grandezze. Lei, Dori Ghezzi, dopo un certo successo con il duo col bassista Wess, ha problemi alle corde vocali che la costringono ad abbandonare il canto. Viene da una relazione con l’ex calciatore Gianni Rivera. È bella e innamorata. I due si sposano a Tempio Pausania, nella terra che farà loro provare la brutta esperienza del sequestro.

“Era un pomeriggio di gennaio. Il sole basso e abbacinante aveva mitigato il freddo invernale e mi aveva invogliato ad uscire di casa…. Allora la mia mente ritornò a circa un anno prima, ai funerali di Fabrizio De Andrè. Era una giornata quasi identica a questa, sovrastata da un cielo terso, con l’aria appena smossa da un vento che portava con sé sentori di neve. Ricordai nitidamente tutti gli avvenimenti nel loro succedersi. Quella mattina mi incamminai su per via Fieschi e notai molti altri fare lo stesso percorso, lesti, silenziosi, compiti. Giunsi sul piazzale…Dalle finestre e dalle balconate fiorivano visi attenti e muti…La commozione era palpabile e raggiunse il suo apice allorché si udirono i primi accordi della canzone…”Via del Campo”. Allora tutti quanti, chi con i capelli grigi, chi con la testa rasata, cantammo all’unisono quella canzone. Ricordo che un groppo alla gola mi rese incerta la voce, ma continuai fino alla fine.” Scrive Roberto Morchio nel testo “La Liguria secondo noi”.

Il suo amico Paolo Villaggio ci ha lasciato di lui un racconto inconsueto, per certi versi inaspettato…

Mauro Salucci

Mauro Salucci è nato a Genova. Laureato in Filosofia, sposato e padre di due figli. Apprezzato  cultore di storia, collabora con diverse riviste e periodici . Inoltre è anche apprezzato conferenziere. Ha partecipato a diverse trasmissioni televisive di carattere storico. Annovera la pubblicazione di  “Taccuino su Genova” (2016) e“Madre di Dio”(2017) .   “Forti pulsioni” (2018) dedicato a Niccolò Paganini è del 2018 e l’ultima fatica riguarda i Sestieri di Genova .
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