Dire, fare, baciare, lettera, testamento: “Io non mollo, ma soprattutto non mollatemi voi”. La penitenza di Salvini

Frankenstein Junior
Frankenstein Junior

Frankenstein Junior

E dunque ci siamo quasi al travaso di cervelli e poi alla complessa operazione di completa identificazione e successivo scambio di identità. Quella con la quale si conclude Frankenstein Junior di Mel Brooks dove Frederick, Il nipote del leggendario Frankenstein, eredita il castello di famiglia e ripete l’esperimento del nonno creando un uomo da pezzi di cadavere. Con tanto di lieto fine, appunto, lo scambio di cervelli. Con il mostro divenuto erudito e dai gusti sofisticati e Frankenstein junior che durante la procedura di trasferimento ci ha guadagnato in dimensioni. Ma, naturalmente, non della massa cerebrale. D’altra parte erano nati o no, ere geologiche fa, come i “celoduristi”?.
Insomma, quel balcone su cui esultarono i ministri pentastellati sembra lontano anni luce.
E in virtù della trasformazione citata poco sopra, il capo indiscusso e …capitano, mio capitano, dei nipotini di Alberto da Giussano sembrerebbe aver rinunciato agli attributi per entrare in toto nel modo di ragionare tipico di un napoletano doc come il suo compagno di banco e come lui viceministro. Mentre il capo del Governo, il professor Giuseppe Conte brilla per la sua assenza in politica interna, forse disperso all’estero fra un viaggio di rappresentanza e l’altro.

higuain

Matteo Salvini e Gonzalo Higuain

Prendete per esempio la penultima esternazione di Matteo Salvini, ovviamente quella da tifoso, sulla cessione del povero e irrisolto Gonzalo Higuain. Come un qualunque passionale supporter del Napoli, amante deluso e tradito qualche anno fa per il trasferimento del centravanti alla Juventus, passato da “cuore n’grato” a “monnezza” e poi da “traditore” a “traditore tradito”. Così in seguito al passaggio al Milan, banche il nostro vicepremier e ministro dell’Interno, che tifa per i rossoneri, ha commentato l’ultima cessione del “Pipa” al Chelsea di Maurizio Sarri etichettando il calciatore come “mercenario”. Come se non fosse a conoscenza che ormai sono principalmente i soldi e gli interessi economici che fan girare il calcio.

E poi, ancora oggi, ha inteso dare dimostrazione di aver mutuato una delle caratteristiche banalmente e suggestivamente attribuite al popolo napoletano. Lasciando da parte quel rigore programmatorio tipicamente Lumbard, che in passato almeno nei proclami aveva contraddistinto l’operato della Lega Nord, ha abbracciato in pieno il senso del vivere alla giornata e di espedienti. “A ppava’ e a mmurì, quanno cchiù tarde è possibile”.
Si dice a Napoli, che tradotto vuol dire “Pagare e morire, quando più tardi è possibile”. Proverbiò conosciuto come “Per pagare e morire c’è sempre tempo”. E proprio così è accaduto dopo aver promesso in lungo e in largo che si sarebbe sottoposto volontariamente al processo in seguito alla vicenda della Diciotti in cui è stato indagato. Solo che, dopo la comunicazione del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che lo informava di avere inviato al tribunale dei ministri gli atti dell’inchiesta per il blocco dei migranti a bordo della nave Diciotti con il reato ipotizzato di sequestro di persona aggravato – “commesso nel territorio siciliano fino al 25 agosto 2018 in pregiudizio di numerosi soggetti stranieri” – ha deciso di mantenere la promessa solo per qualche mese.

Matteo Salvini

Matteo Salvini

L’8 settembre, data emblematica, suggestiva e significativa per il nostro paese, dal suo ufficio di ministro dell’Interno Salvini  ha letto in diretta Facebook la lettera che gli avevano consegnato i carabinieri. Con tanto di appello alla rivolta di piazza contro l’iniziativa di “alcuni magistrati che hanno la cultura politica di sinistra” e soliti attacchi ai soliti noti. Dichiarazioni contro il popolo delle magliette rosse che guarda l’ora sul Rolex: “Sicuramente adesso Renzi, la Boldrini, Gad Lerner, Chef Rubio, la Mannoia, tutti questi fenomeni diranno “finalmente”. Invece penso che la stragrande maggioranza degli italiani perbene abbia qualche perplessità: qui c’è la certificazione che un organo dello Stato indaga un altro organo dello Stato. Con la differenza che questo ministro è stato eletto da voi e gli avete chiesto di limitare gli sbarchi e di espellere i clandestini, quindi vi ritengo miei amici, miei sostenitori e miei complici. Altri non sono stati eletti da nessuno e non rispondono a nessuno”. E, insomma, sino a qualche  giorno fa ha cavalcato la piazza, eroico, promettendo ai suoi sostenitori che si sarebbe presentato in tribunale, contrapponendosi e affrontando il verdetto a petto scoperto. Con invito esplicito al tribunale dei ministri a lasciarlo al suo destino.

Danilo Toninelli e Luigi Di Maio

Di Maio e Toninelli

Eppero’, poi sono sopraggiunte quelle che una volta si chiamavano convergenze parallele. O meglio: “Tu dai una mano a me e io ne do una a te”, o ancora “una mano lava l’altra e tutte e due lavano la faccia”. Insomma il suo braccio destro, o sinistro (?) è comparso all’Arena, davanti a Massimo Giletti per esternare pubblicamente e chiarire che la decisione per la quale Salvini è indagato è stata presa dall’intero Governo. E quindi, a rigor di logica – ma questo Il vicepremier pentastellato si è guardato bene dal dirlo apertamente – per la vicenda Diciotti, al pari del suo collega, dovrebbe sedere sul banco degli imputati tutto l’esecutivo, complice nella decisione del ministro dell’interno.

E Danilo Toninelli, che ormai da qualche mese veste le stigmate dell’inadeguatezza, più che dell’incoscienza infantile, fa come quelli che in una riuscita pubblicità condividono il preservativo con un “è mio” di gruppo. “Processate pure me“, afferma pronto al martirio il ministro della “gomma del ponte”.
Il seguito della soap opera è notizia di oggi. Con una lettera, vedi caso, inviata dal ministro dell’Interno ai giornalisti “sciacalli e puttane” de “Il Corriere della Sera”, come rappresentanti emblematici dell’ intera categoria. E al momento non sarei in grado di dire se si tratti di una sorta di penitenza della serie: “Dire, fare baciare, lettera” a cui giocoforza potrebbe seguire persino il testamento. Comunque in questo modo il vicepremier e ministro dell’Interno ha inteso comunicare la linea guida della sua personale difesa, suggerendo al senato di adottarla in toto, per respingere l’autorizzazione a procedere. Salvini, insomma, nella sua lettera, in soldoni non rinnega le sue decisioni legate alla nave Diciotti e spiega di aver agito per «la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante» e per «il perseguimento di un preminente interesse pubblico», chiedendo quindi al Senato di negare l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti.  Una richiesta palese di salvataggio, anche se in precedenza, Salvini, esternando a più riprese “io non mollo” aveva più volte ripetuto di essere pronto a farsi processare. Insomma… io non mollo, ma soprattutto non mollatemi voi.

Rocco Siffredi

Rocco Siffredi

Lapidario in un post sul tema il mio amico social Marco Marsano che sintetizza ulteriormente: “In conclusione: non rinnego nulla e non fuggo dalle mie responsabilità di ministro. Sono convinto di aver agito sempre nell’interesse superiore del Paese e nel pieno rispetto del mio mandato. Rifarei tutto e non mollo.
Solo vi prego, vi prego, cari senatori non votate l’autorizzazione a procedere sul caso Diciotti. Affettuosamente vostro
M.S.”.
Poi Marco Marsano osserva, mettendo la pietra tombale: “Trovo molto più eroico Rocco Siffredi che vince il quarto Oscar del Porno a 54 anni….”.
Insomma sempre lì siamo. Con l’inizio che si sovrappone alla fine. Con quel travaso di cervelli e trasformazioni che aumentano non tanto la massa cerebrale quanto qualche cosa più in basso. Esattamente come in Frankenstein Junior di Mel Brooks.

Dal quale rubo ancora la citazione di una massima del servo Igor. Per dedicarla al capitano, mio capitano di una Lega Nord che finalmente ha unito l’Italia, e non soltanto nei pregi.
Persino interpretando i molti difetti. Una dedica speciale, perché non si sa mai. Con esortazione. E dunque: “Quando la sorte ti è contraria ed è mancato il tuo successo, smetti di far castelli in aria e va a piangere sul cesso”.

Giona

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.

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