I bambini feriti di Mosul. La storia di Anas, paralizzato a 11 anni da una bomba – VIDEO

Mosul Est – Il centro post-operatorio di Medici Senza Frontiere, a Mosul Est, ha raggiunto il suo primo anno di attività e curato  321 pazienti. 52 sono bambini.
Molti di loro sono stati gravemente feriti durante il conflitto e hanno lesioni complesse che richiedono ripetuti interventi e lunghi percorsi di guarigione. In un sistema sanitario devastato dalla guerra, la struttura è per molti pazienti l’unica possibilità di accedere a cure specialistiche gratuite.
 

I violenti combattimenti scoppiati nel 2016-2017 hanno duramente colpito la popolazione della città. Oggi, dopo quasi due anni dalla battaglia di Mosul, le conseguenze del conflitto sono ancora evidenti, molti quartieri giacciono tra le macerie e migliaia di persone faticano ad accedere ai servizi di base. L’ospedale di MSF cura sia feriti di guerra che persone con ferite accidentali. 

“A Mosul, l’offensiva militare ha avuto un costo enorme sul sistema sanitario locale” spiega Marco Doneda, capoprogetto di MSF a Mosul. Molti pazienti con ferite di guerra necessitano di un percorso di cura esteso nel tempo e follow-up periodici. Siamo qui per garantire che le persone possano ricevere assistenza medica anche in un contesto così difficile”. 

Il centro di MSF fornisce cure ortopediche, chirurgia, riabilitazione e assistenza psicologica ed è una delle poche strutture nel paese a garantire terapie specifiche per pazienti affetti da resistenza agli antibiotici. Più di un terzo dei pazienti ha una forma di resistenza agli antibiotici che complica il loro percorso di guarigione. Un anno dopo la sua apertura, il centro MSF di Mosul Est si è dimostrato cruciale per questi pazienti. 

“Molti pazienti sono stati portati da un ospedale all’altro prima di arrivare al centro di MSF, ma le loro condizioni non miglioravano” spiega Itta Helland-Hansen, coordinatore di MSF nell’ospedale. “La battaglia di Mosul è finita quasi due anni fa, ma i bisogni restano. È importante per noi essere qui. Queste persone non devono essere dimenticate”.

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