Nel 2013 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa, uno dei più importanti, innovativi e completi testi di legge sulla violenza contro le donne, che prometteva di dare una svolta decisiva alle politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere.
Eppure non passa giorno che i giornali non annuncino un nuovo episodio di violenza maschile che vede vittime donne e, spesso, bambini e bambine.
Questo viene a galla dal Rapporto Ombra per il Grevio, il testo curato dalle esperte di 25 associazioni di donne coordinate da Donne in Rete contro la Violenza (D.i.Re) e responsabili di monitorare l’attuazione della Convenzione in Italia, la fotografia di un Paese incline ad adottare nuove leggi ma incapace di applicarle.
La segnalazione più grave interessa la persistenza degli stereotipi sessisti e la mancanza di un’educazione adeguata fin dalle scuole elementari dove, persino i libri di testo, continuano a offrire modelli patriarcali che alimentano la percezione sbagliata di una disparità tra uomini e donne.
Pregiudizi e preconcetti che il report evidenzia anche nella narrazione dei media, che spesso utilizzano titoloni ad effetto e un linguaggio discriminante quando vogliono colpire le donne che fanno politica.
Avete mai riflettuto su “La patata bollente”, il titolo di Libero su Virginia Raggi?
Altra nota dolente riguarda la raccolta dei dati, frammentata e non omogenea.
Pensate che non c’è accordo nemmeno sulla definizione di femminicidio e dunque le statistiche che analizzano gli omicidi risultano diverse tra chi utilizza la definizione delle Nazioni Unite e chi no.
Non solo.
Gli archivi della Polizia di Stato, ad esempio, non rilevano il dato della violenza economica. Il Ministero degli Interni, invece, non registra quello delle donne uccise quando l’autore del femminicidio si suicida.
La violenza di genere è la prima causa di morte violenta per le donne eppure, secondo dati ISTAT al 2017, nel nostro Paese mancherebbero almeno 5.000 posti letto per chi fugge dal compagno violento per salvarsi la vita. Questo perché i fondi pubblici sono scarsi e assegnati malamente, con criteri di bassa trasparenza, e a volte finiscono in mano a realtà che non hanno esperienza.
Un ritratto disgraziato, insomma, di un Paese dove persino i procedimenti civili e penali corrono su binari paralleli e non si incontrano, con grave pericolo anche per i minori.
Di questo abbiamo parlato con le esperte del Centro Antiviolenza Mascherona e di questo si parlerà nel convegno “Perché non si crede alla parola delle donne?”, che lo stesso centro ha organizzato per venerdì 10 maggio, alle Cisterne del Ducale.
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