Reggio Calabria – Il 7% degli illeciti sui rifiuti commessi sul territorio nazionale si compiono in Calabria.
Nella classifica tutta meridionale del Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente la Calabria, con 2.809 infrazioni verbalizzate, si colloca al quarto posto per i reati ambientali dopo Campania, Sicilia e Puglia.
Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, i rifiuti sono il settore che tira di più, quello dove si concentra la percentuale più alta di illeciti e dove è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni.
Il giro d’affari delle ecomafie attraverso lo stivale, sempre sui dati del Rapporto di Legambiente, sfiora quota 14,1 miliardi di euro – circa la metà della finanziaria 2019! -, mentre 76 sono le inchieste per traffico organizzato dei rifiuti finite sui tavoli delle procure e della DDA nell’ultimo anno, 177 gli arresti, 992 i trafficanti denunciati e 4,4 milioni le tonnellate di rifiuti sequestrate.
Saranno questi record malinconici, sarà lo scandalo della Terra dei Fuochi – finito sotto la lente dei giudici di Strasburgo che decideranno se incriminare lo Stato italiano per aver violato il diritto alla vita dei propri cittadini -, sarà che i conteggi statistici dicono che nelle terre intossicate ci si ammala di cancro con un’incidenza fuori dal normale, sarà che siamo un paese dalla criminalità galoppante, saranno tutte queste ragioni messe insieme, fatto è che gli abitanti di Cittanova e Taurianova hanno paura.
Ma andiamo con ordine.
Durante i lavori di scavo per le fondazioni dove piazzare le palificazioni del viadotto della “Pedemontana della Piana”, nelle località Galàtoni e Conca, la trivella ha forato qualcosa. Il sospetto è che si tratti di fusti di rifiuti tossici interrati illegalmente perché, raccontano i residenti, si è sprigionato un forte odore di agenti chimici che a distanza di mesi ancora ammorba l’aria da ogni parte.
L’incidente è avvenuto a gennaio 2019 e, nonostante i lavori siano stati interrotti in attesa dei prelievi per accertare il tipo e la provenienza delle sostanze sotterrate, possiamo assicurarvi che la puzza persiste tuttora e ti si infila nel naso fino a graffiarti la gola. Questo per una zona molto vasta tra i due comuni di Taurianova e Cittanova.
Nell’immagine satellitare vedete il segnaposto giallo che indica dove le perforazioni hanno intercettato i presunti fusti.
Non solo. C’è il dubbio che questa sia la punta dell’iceberg e che nell’area degli scavi, che corre parallela al torrente Razzà, ci siano altre zone critiche.
Ma non è ancora tutto.
A valle del terreno incriminato si trovano le falde acquifere che servono l’acquedotto di Taurianova e i punti di prelievo dell’acqua potabile.
Logico che tra gli abitanti si trascini la preoccupazione.
Come se non bastasse, quest’area che si snoda tra i due comuni è storicamente una fascia ad alta densità mafiosa.
Nota a tutti la Strage di Razzà dove due carabinieri, in servizio all’Aliquota Radiomobile della Compagnia di Taurianova, assistono involontariamente a un summit di ‘ndrangheta tra le più influenti famiglie della Piana e vengono trucidati a colpi di lupara.
È il 1° aprile del 1977 e il massacro lacera con violenza il velo degli affari sporchi della mafia calabrese portando alla sbarra AVIGNONE Giuseppe, ALBANESE Girolamo, ZINNATO Vincenzo, LOMBARDO Domenico, FURFARO Francesco, D’AGOSTINO Domenico, CIANCI Domenico e CIANCI Damiano, poi condannati pesantemente dalla Corte d’Assise del Tribunale di Palmi come responsabili per la strage.
E ora torniamo all’attualità.
Scrive la Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nella prima semestrale 2018: “A Cittanova si conferma la presenza delle famiglie FACCHINERI e ALBANESE-RASO-GULLACE […]. A Taurianova operano gli AVIGNONE-ZAGARI-VIOLA-FAZZALARI e gli SPOSATO-TALLARIDA, mentre in frazione San Martino dello stesso comune, si segnalano gli ZAPPIA e i CIANCI-MAIO-HANOMAN“.
Capite che i nomi che circolano sono sempre gli stessi, quasi a dimostrare che in questa bella terra avvelenata non cambia nulla.
La zona, dicevamo, è storicamente preda dei clan e i clan guadagnano sui veleni: inquinare è un business che vale la metà di una finanziaria, e chi se ne frega dei morti e dei malati.
Per questo la gente nei dintorni ha paura e a Cittanova, nel marzo scorso, sono cominciate a piovere le denunce di chi non ci sta a respirare schifezze, o forse anche a berle.
Ci dicono, però, che nessuno si è ancora fatto vivo: niente prelievi dell’acqua, niente carotature, niente.
È per questo che siamo stati lungo il torrente Razzà a sentire la puzza, per aprire una finestra sulle preoccupazioni di chi ci convive e chiede che qualcuno si muova.
Prima che sia troppo tardi.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.