Le invasioni barbariche

Pensavo che tutto si potesse concludere e archiviare con la visita del “Sindaco di tutti” alla partenza della manifestazione “divisiva” e per questo, per carità, senza patrocinio alcuno del Comune, del Liguria Pride. Perché poi, per dirla tutta, mi sento di non assentire sulle ragioni del burocratese, che hanno la meglio su quelle delle scelte politiche, con i soldi di tutti non erogabili – secondo il Sindaco di tutti – per manifestazioni che magari non tutti condividono. Eppero’ quanto è stato veloce mister Bucci, nel quantificare le spese indirette a cui il Comune ha dovuto fa fronte per consentire agli organizzatori di sfilare per Genova. E ha parlato di ben 50 mila euro. Cifra tonda,  ma se per eccesso o per difetto proprio non saprei dire. E siccome sono curioso, brutta bestia la curiosità – malattia patologica del giornalista – mi farebbe piacere conoscere se altrettanta solerzia nel calcolare le cifre era stata messa in campo per il comizio di CasaPound in piazza Marsala, culminato con gli scontri tra antifascisti e poliziotti, con una parte del centro cittadino trasformato in bunker e la città bloccata.
Ma questa è un’altra storia come dice Federico Buffa.
Pensavo che tutto si potesse concludere qualche giorno fa. Senza martirizzare una maggioranza e una giunta che in fatto di riconoscimento di diritti civili non si è mai distinta.

Invece sono incappato nel post malandrino di un collega quasi cinquantaduenne, Paolo Colombo, genovese che da anni lavora a La7 come vicecaposervizio, approdato a Milano dopo una lunga gavetta nella nostra città in alcune emittenti locali, poi a Telemontecarlo, prima di arrivare a Telecom Italia Media. Sul suo profilo, alla voce informazioni, Paolo scrive: “Giornalista, appassionato di ciclismo, viaggi e foto”. Senza tralasciare il particolare sulla sua identità sessuale “Coming out 2008 w la sincerità e la libertà’”. Fatti suoi mi verrebbe da dire e a onor del vero l’ho anche pensato.

Comunque non ho potuto fare a meno di sobbalzare leggendo il post di cui vi parlavo poc’anzi  che dice: “Ero vestito così al Liguria Pride di sabato scorso! Unica “trasgressione” la striscia rainbow sulla guancia destra !
Non ero in perizoma né con piume e pailettes…!

“Sai non potevo salutarti ero con mia moglie… come facevo a giustificarmi con lei che ti conoscevo”.
Questa la frase infelice pronunciata dal Consigliere Comunale di Genova con delega allo sport al quale ho ricordato che mi conosce da 30 anni come giornalista… e che poteva salutarmi come tale, se si vergognava a salutarmi come GAY! Se nel 2019 siamo ancora a questi livelli di ignoranza… Povera Genova, povera Italia! SPECIFICO CHE NELLA FOTO NON È PRESENTE IL SOGGETTO INTERESSATO”.

Ovviamente, da buon giornalista, il mio omonimo non fa né nomi e né cognomi, anche se non dovrebbe essere difficile risalirvi. Insomma in mezzo a tante espressioni di solidarietà debordanti sulle pagine social per qualche politico incappato nelle disavventure delle spese pazze ed il Nostro nella sua vita di portaborse e poi politico qualcuno lo ha persino “servito” e frequentato, il porgere il saluto ad una persona che ha proclamato pubblicamente la propria inclinazione spaventa.
E può essere che lui, il consigliere con delega allo sport, lo possa vedere come elemento di possibile imbarazzo, anche se non tanto per lui, ma per giustificarsi con la regolare consorte. È vero, dài, l’etica è l’etica, anche se poi magari provo a chiedermi che senso morale possa avere il saltabeccare da un partito all’altro e soprattutto da una maggioranza all’altra in cerca di un riposizionamento con delega. Ma vabbe’, come amava dire Giulio Andreotti, solo i fessi non cambiano mai opinione.

E a questo punto in maniera compulsiva mi assale un elenco di parole tutte con il medesimo finale che inizia con clone e sconfina nel mondo animale – airone, piccione, gibbone, cappone, leone – intimorisce – bubbone, demone, barcone -descrive – buffone, bestione, cialtrone, cazzone, caprone – precisa – arraffone, briccone, birbone, drittone. Vocaboli che fanno tutti perfettamente rima con alcuni frutto di una mia personale suggestione: indignazione, decerebrazione. Infine: depressione. Ah, me ne manca uno che potrete inserire a piacere fra cialtrone e cazzone. È facile arrivarci. Come è egualmente agevole arrivare al cognome del consigliere con delega allo sport che per puro caso termina anche quello in -one.

E comunque se in molti casi si è voluto parlare di ritorno al medioevo, legando l’attualità politica alle scelte del governo e di molte amministrazioni locali di centrodestra nel campo del sociale e dei diritti civili, un esempio per tutti il congresso delle famiglie di Verona, io scendo oltre. Sempre a ritroso, identificando il momento con gli anni delle invasioni barbariche. Quelli in cui le scorrerie all’interno del territorio conquistato determinarono la caduta della civiltà dell’impero romano di Occidente (dal 166 al 476). Iniziarono come azioni ai fini di saccheggio condotte da genti armate, appartenenti alle popolazioni che gravitavano lungo le frontiere settentrionali (Pitti, Caledoni e Sassoni in Britannia). Le invasioni delle tribù germaniche di Frisi, Sassoni, Franchi, Alemanni, Burgundi, Marcomanni, Quadi, Lugi, Vandali, Iutungi, Gepidi e Goti, le tribù daciche dei Carpi, quelle sarmatiche di Iazigi, Roxolani ed Alani, oltre a Bastarni, Sciti, Borani, Eruli ed Unni (lungo i fiumi Reno-Danubio ed il Mar Nero). A partire dalla seconda metà del IV secolo, si trasformarono da semplici scorrerie in vere e proprie migrazioni di intere popolazioni, che da nomadi divennero sedentarie, una volta conquistata un’area nel territorio dell’impero.

Il fenomeno, a volte indicato anche con il termine tedesco Völkerwanderung (“migrazioni di popoli”), si conclude sostanzialmente con la formazione dei Regni latino-germanici (o “romano-barbarici”) dalla disgregazione dell’Impero romano d’Occidente, la fine definitiva del cosiddetto Mondo Classico (o evo antico) e l’entrata dell’Europa nell’alto Medioevo.

Ma ancora meglio per trovare un titolo a questo mio articolo mi sono affidato ad un film  canadese del 2003, scritto e diretto da Denys Arcand, vincitore di numerosi premi tra cui l’Oscar al miglior film straniero e dedicato al delicato tema dell’eutanasia. Un film amaro sul decadimento degli ideali. Con una vicenda, la fine di un professore di storia malato di tumore può essere letta dal punto di vista storico ed epocale e da quello individuale e umano, in cui si insinua il cancro, la malattia fisica. Si parla di guerre, religione, economia con un linguaggio attuale, benché i protagonisti, che hanno vissuto intensamente e con passione l’esistenza, abbiano anestetizzato la passione per il vivere, continuando però a coltivare il gusto per il bello e per la discussione.

I temi sono la vita, la felicità e il vero senso del vivere. Vengono affrontate le problematiche esistenziali e quelle politiche e sociali, parlando dell’evoluzione delle società occidentali, del significato della Storia, di capitalismo e socialismo, riflettendo sul rapporto tra individuo e società, tra spontaneità e condizionamento. Evidente il parallelo tra la morte fisica è quello della società. La morte fisica fa da contraltare al morire delle ideologie, dei progetti utopici, delle religioni e del sistema economico fondato su liberismo e capitalismo.

Il senso romantico della vita emerge nel confronto tra l’esistenza del padre, fatta di amori passionali, amicizie e ideali, e quella del figlio, costruita su carriera, soldi e cinismo. Giovani ignoranti definiti da Remy, il padre morente, come i nuovi barbari, segnando l’era di una nuova invasione.

Insomma: e così sia. Così sia… perché il parallelo tra la morte fisica e quella della nostra società civile mi torna in mente ogni qual volta incappo in messaggi di utenti social. E l’esternazione piccata del collega Paolo Colombo nei confronti del nostro politico di razza che gli ha rifiutato il saluto è soltanto l’ultimo dei casi.

In alcuni post, anche in molti in cui mi si cerca di spiegare, fra il serio e il faceto, il senso di parole obsolete e offensive, ritrovo spesso e volentieri una violenza che rischia di sconfinare in una sorta di bullismo dialettico. E cerco di capire meglio da dove tutto questo abbia avuto inizio. A volte mi soccorre l’ironia di Ennio Flaiano con quel suo distacco mistico da tutto ciò che da “progressive” si trasforma in moda. Scriveva, per esempio: “La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé”. Oppure a proposito di ere storiche: “L’evo moderno è finito. Comincia il medio-evo degli specialisti. Oggi anche il cretino è specializzato”.

E già specialisti, oppure no che pretendono di parlare con cognizione di causa di ogni cosa. Tanto Wikipedia o internet possono sempre provare a fornire un aiutino. Che poi il problema è diventato non acquisirle le informazioni ma comprenderle.

Mi ha stupito per esempio, qualche giorno fa, un articolo uscito sia su siti on line sia su giornali cartacei che descriveva il Cep come la peggiore delle periferie facendo un torto alla società Pianacci che da anni al Cep lavora e a prezzo di sacrifici è riuscita a far luogo ad un fenomeno di socializzazione di cui  avevano parlato perfino giornali specializzati. 

Comunque disinformare e polemizzare pare sia diventato un punto d’onore. Leggevo sempre qualche giorno fa sul profilo di un gruppo che affronta da anni il tema del degrado urbano parole accesissime nei confronti degli abitanti di Lungomare Canepa che da molti mesi ormai protestano per la convivenza notte e giorno con l’inquinamento acustico e ambientale prodotto dagli autoarticolati che percorrono la strada ad ogni ora del giorno e della notte. E c’era persino qualche utente che polemizzava apertamente con gli abitanti per lo stato delle facciate degli edifici e per la presenza di troppe parabole. Allo stesso modo venivano presi di mira i rappresentanti dei comitati di Certosa messi sotto accusa perché con le loro richieste metterebbero i bastoni fra le ruote a un sindaco/commissario che come “Vesna” vuole andare veloce. E se in gioco c’è la salute degli abitanti che temono un ipotetico rischio amianto nelle polveri sollevate dalle implosioni e trasportate nell’aria poco importa. Perché è assolutamente prioritario che il ponte si faccia. E, soprattutto, basta che a lamentarsi siano gli altri per organizzare qualche gruppuscolo pronto a suggerire di armarsi di sacrosanta pazienza e inghiottire. Polvere o qualche cosa d’altro, al momento, non è dato sapere. E le invasioni barbariche, si fermano, defluiscono e poi riprendono il loro moto incessantemente. Comunque tanto per terminare ancora con Ennio Flaiano: “La situazione nel paese è grave, ma non seria”. E quindi, in ogni modo “Coraggio che il meglio è passato”.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.