Roma – Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma stanno eseguendo un decreto di confisca della Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del locale Tribunale – confermato, per la quasi totalità dei beni, dalla Corte di Appello capitolina e divenuto definitivo, da ultimo, a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione – avente ad oggetto numerosi compendi societari, immobili, autoveicoli, un natante e rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 390 milioni di euro.
Destinatario del provvedimento è l’imprenditore Giovanni DE PIERRO (classe 1950) attivo, attraverso una pluralità di società, nei settori della compravendita di immobili, del commercio di autoveicoli, delle pulizie industriali, della gestione di servizi alle imprese e dei cantieri della nautica da diporto.
Tra i cespiti spicca un’imbarcazione di 15 metri del valore di circa 200.000 euro, svariatilocali commerciali, in gran parte ubicati nel quartiere EUR della Capitale, oltre a denaro contante per 1,3 milioni di euro, rinvenuto in una cassaforte dell’abitazione di DE PIERRO nel mese di luglio 2008, allorché fu tratto in arresto in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare.
L’odierna operazione costituisce l’epilogo di meticolose indagini patrimoniali, eseguite daglispecialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria e coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma, che hanno permesso di ricostruire la “carriera imprenditoriale” e le vicende giudiziarie del propostononché di accertare come, a fronte della titolarità, diretta o indiretta, di un ingentissimo patrimonio mobiliare e immobiliare, lo stesso non avesse un profilo reddituale tale da giustificarne il possesso.
In particolare, le investigazioni hanno consentito di riscontrare l’esistenza di un gruppo a struttura “piramidale”, con a capo il DE PIERRO, il quale, mediante l’utilizzo strumentale diinnumerevoli aziende, formalmente amministrate da compiacenti “prestanome”, era riuscito, da un lato, ad assicurarsi un elevato numero di appalti pubblici, specie nel settore dei servizi di pulizia e facchinaggio, e, dall’altro, a sottrarsi al pagamento di ingenti debiti nei confrontidell’Erario, dell’Inps, dell’Inail e di Enti locali.
L’accertata sproporzione tra le ricchezze accumulate e i redditi dichiarati, unitamente alla“pericolosità sociale” del protagonista della vicenda, hanno consentito di pervenire, dapprima, al sequestro dei predetti beni, eseguito nel 2014 e, poi, alla confisca di I grado alla fine del 2016.
Sono stati definitivamente incamerati dallo Stato:
il patrimonio aziendale di 83 società, aventi sede a Roma, Napoli, Milano, Regno Unito, Lussemburgo, Costa Rica, Isole Vergini Britanniche e Repubblica di Panama;
le quote di 6 società, con sedi nelle province di Roma, Latina e Livorno;
64 immobili e 48 terreni, ubicati nelle province di Roma, Milano, Isernia, Frosinone, Sassari, Oristano, Livorno, Siena e Latina;
37 autoveicoli;
1 natante modello Cayman 52WA;
oltre 18 milioni di euro tra rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni, per un valore complessivo di oltre 390 milioni di euro.
L’operazione odierna assume un rilevante valore “sociale” in quanto si inquadra nella quotidiana azione della Guardia di Finanza volta all’individuazione e alla conseguente aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati per restituirli alla collettività. Si consideri, infatti, che uno degli immobili confiscati – sito nel quartiere Tiburtino della Capitale – è divenuto, recentemente, sede di un Reparto del Corpo.
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