Prostituzione, droga, violenza efferata.
Sono il marchio di fabbrica di queste consorterie criminali attive in Italia fin dal 1987, anno in cui si è verificato il primo arresto di un narcos nigeriano nel nostro Paese.
Ma non è stato sempre così.
Il primo cult – la “Pyrates Confraternity” – nasce nell’University College di Ibadan, fondato nel 1952 dal futuro premio nobel per la pace Wole Soyinka. Il modello è quello delle confraternite americane e lo scopo è diffondere messaggi di pace e rispetto in risposta alle politiche di segregazione razziale.
Nigeria, un Paese tormentato
In tempi molto brevi, tuttavia, e anche a causa delle tensioni fra confraternite per la supremazia territoriale acutizzate dalla guerra civile di fine anni ’60, si evolvono in vere e proprie organizzazioni criminali, espandendosi al di fuori dei campus universitari. Di più.
Nel 1999, con l’arrivo della democrazia, la Nigeria fu colpita da lotte interne tra i vari partiti politici, ognuno dei quali, pur di affermarsi in occasione delle tornate elettorali, coinvolse anche le confraternite universitarie, non solo per ottenere consensi ma utilizzandone i componenti come guardie del corpo, spesso integrate nelle Forze di polizia locali.
Oggi i cults sono diventati organizzazioni criminali transnazionali che, oltre a Canada, Regno Unito, Olanda, Germania, Malesia e Ghana, hanno messo le mani anche sul nostro Paese.
Ma c’è di più. Le confraternite sono state in grado, nel tempo, non solo di avviare importanti sinergie con le organizzazioni mafiose autoctone, ma di diventare esse stesse associazioni perseguibili per 416-bis. Il tutto, sommato a codici di comportamento tribali e a un uso della violenza talmente indiscriminato da impressionare gli stessi mafiosi italiani.
Per questo abbiamo pensato di ricostruire la storia delle quattro confraternite più attive in Italia, perché stanno diventando sempre più grandi e pericolose e ne sentiremo ancora parlare.
I Maphite
Confraternita fondata nel 1978, il nome è l’acronimo di MAXIMO ACADEMYC PERFORMANCE HIGHLY INTELLECTUAL TRAIN EXECUTIONER. È governata dal SUPRIME MAPHITE COUNCIL, che ha sede in Nigeria e controlla tutti i cults presenti nei Paesi di proiezione.
A livello internazionale, i Maphite si nascondono dietro un’organizzazione “caritatevole” considerata legale, la Green Circuit Association (G.C.A.), fondata in Inghilterra per poi diramarsi in Nigeria e, dal 2011, anche in Italia dove è stata registrata a Bologna.
La confraternita si caratterizza per l’utilizzo di un linguaggio lontano dalla consueta terminologia di un contesto tipicamente criminale: è una cautela, talvolta utilizzata anche dalle organizzazioni criminali italiane, nel tentativo di rendere incomprensibile le conversazioni nel caso fossero intercettati. Il cult affilia solamente persone di sesso maschile, senza discriminazioni religiose. La sua festa viene celebrata ogni anno l’11 di maggio, giorno in cui si ricordano i fratelli caduti “in azione”. Nell’occasione, i MAPHITE sono soliti indossare un cappello verde.
Costituiti in Italia nel 2011, le indagini degli ultimi anni hanno evidenziato la diffusione dei MAPHITE soprattutto in Emilia Romagna e in Piemonte.
Struttura criminale transnazionale e spietata, sostenuta da una fortissima omertà interna e dedita alle intimidazioni e alle minacce degli stessi appartenerti al cult, i Maphite sono pronti a punire, anche sul territorio africano, le famiglie di chi si dissocia o tradisce l’organizzazione.
Determinante per comprendere il modo di agire è stato il contributo fornito da un soggetto nigeriano che ha deciso di collaborare con la giustizia svelando la struttura gerarchica, i riti di affiliazione, i ruoli e le cariche interne all’organizzazione, fino alle punizioni in caso di trasgressione. Queste prevedono “la tortura per chi viola le regole”, mentre chi tradisce “deve essere bruciato vivo”.
Gli appartenenti al cult si occupano principalmente di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, omicidi, falsificazione di denaro, clonazione di carte di credito, traffico di armi, prostituzione e tratta di esseri umani.
Per aderire all’organizzazione si deve pagare una somma in denaro e sottostare a un rito di affiliazione tribale molto cruento, una sorta di prova di resistenza, al termine del quale si viene battezzati con un nuovo nome che identifica il soggetto come appartenente al cult.
Anche per i MAPHITE, a volte l’affiliazione è imposta e non costituisce una scelta libera, passa per la selezione di persone che servono all’organizzazione, come i giovani nigeriani appena sbarcati che vengono destinati allo spaccio.
Si può entrare nel cult sia in Nigeria che nei vari Stati in cui si risiede e in cui è presente l’organizzazione, ma occorre essere “presentati” da qualcuno che già ne faccia parte e che ne ricopra un ruolo di vertice. L’affiliazione avvenuta in Nigeria conferisce una maggiore importanza al nuovo membro, il quale, in caso di espatrio, sarà indirizzato agli appartenenti al cult del Paese di arrivo.
L’affiliato può decidere di commettere un reato anche individualmente, ma deve necessariamente darne notizia agli altri membri del cult.
In Italia i MAPHITE sono territorialmente suddivisi in quattro famiglie: la FAMIGLIA VATICANA, con sede principale in Emilia Romagna, e “controlla” anche la Toscana e le Marche; la FAMIGLIA LATINO, “competente” sul Piemonte, Liguria e Lombardia; la FAMIGLIA ROMA EMPIRE, attiva nella Capitale e su Lazio, Campania, Abruzzo e Calabria; la FAMIGLIA LIGHT HOUSE OF SICILY, attiva in Sicilia e Sardegna.
Per quanto noto, la FAMIGLIA VATICANA è l’unica espressione dei MAPHITE ad essere considerata ufficialmente dal SUPREME MAPHITE COUNCIL per aver versato in Patria la somma necessaria per farsi “riconoscere”.
Il cult in parola è anch’esso organizzato in maniera verticistica. A livello nazionale vi è un unico capo, il “Don” nazionale e un vice. Ogni famiglia è guidata da un organo decisionale, detto DON IN COUNCIL (D.I.C., Consiglio dei Capi), mentre in ogni regione (ad eccezione per il Piemonte e Lombardia, dove tale organismo sarebbe unico), è presente un COORDINATOR IN COUNCIL (C.I.C., Consiglio dei Coordinatori), braccio operativo del D.I.C. che coordina tutte le attività illecite sulle aree di competenza, svolgendo anche una funzione di intelligence.
A livello nazionale è presente il COUNCIL OF PROFESSOR (C.O.P., Consiglio dei Professori), guidato da un CHAIRMAN e composto da “saggi”, che monitora e supervisiona l’attività dei D.I.C., determinando, all’occorrenza, punizioni per gli affiliati che non si adeguano alle regole del cult.
Le attività illecite svolte dalle famiglie sono gestite da apposite Sezioni – con a capo una persona nominata dal DON e sette collaboratori che restano in carica per due anni – distinte per tipologia di attività illecita, e denominate: TYRUS, per gli stupefacenti; JAZIBEL-RHABA, per la prostituzione; MARIO MONTI, per il trasferimento di denaro; OPERATION SANYO-SANYO, per le armi; OPERATION CANALAND, per le estorsioni.
Si ritiene che i vertici dell’organizzazione ricevano un compenso mensile dalla sede centrale in Nigeria, attraverso circuiti bancari legali, nella valuta dello Stato in cui operano.
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.