È di 25 anni fa la telefonata che mi arrivò da un volontario di una missione cattolica in Nigeria che mi descriveva l’urgenza di documentare quello che accadeva in un tratto di “pista” che portava le donne africane in Europa, attraverso Nigeria, Chad e Libia, e che sarebbero state destinate ad appagare gli appetiti esotici dei bianchi. Ma la parte che mi sconvolse fu quella collegata al mercato del “porno” spinto all’eccesso. Alcune donne, forse anche bambine, venivano stuprate a morte per “girare” dei video che avevano molti estimatori soprattutto in Germania e in Italia.
Inutile dire che il mio direttore di allora non mi concesse il finanziamento necessario per effettuare questo lavoro, francamente oneroso e che avrebbe sottratto importanti risorse all’agenzia, e non mi rimase che sottoporre la questione a un contatto che avevo a Zinder.
Alla fine ero solo un fotografo e se ti metti in testa di salvare il mondo, poi hai bisogno di uno psichiatra bravo.
Le cose sono cambiate poco, infatti dal rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2019”, in Italia lo sfruttamento sessuale di minori è in crescita costante, notizia fresca diffusa da Save the Children a pochi giorni dalla Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani.
Il business dello sfruttamento sessuale nel nostro Paese recluta le sue vittime in Nigeria, Romania, Bulgaria e Albania, e cambia modalità operative per rimanere sommerso.
Un quarto delle vittime di tratta in Europa sono minorenni e l’obiettivo principale dei trafficanti di esseri umani è lo sfruttamento sessuale.
Sulle 20.500 vittime di uno dei sistemi più violenti e senza scrupoli che si conoscano, registrate nell’Unione nel biennio 2015-16, il 56% dei casi riguarda infatti la tratta a scopo di sfruttamento sessuale, con un pur consistente 26% legato allo sfruttamento lavorativo, 1 vittima su 4 ha meno di 18 anni, 2 su 3 sono donne o ragazze.
In Italia le vittime di tratta accertate sono 1.660, con un numero sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9% al 13%.
Un trend in aumento confermato anche dal riscontro che nel 2018, in sole 5 regioni, Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio e Sardegna, hanno intercettato 2.210 vittime di tratta minori e neo-maggiorenni, un numero cresciuto del 58% rispetto alle 1.396 vittime del 2017.
Benché questi dati rappresentino solo la superficie di un fenomeno perlopiù sommerso, la sempre più giovane età delle vittime e la prevalenza dello sfruttamento di tipo sessuale trova conferma anche tra i 74 nuovi casi di minori che sono riusciti a uscire dal sistema di sfruttamento nel 2018 nel nostro Paese e sono stati presi in carico dai programmi di protezione istituzionale, soprattutto in Piemonte (18) e Sicilia (16). Uno su 5, infatti, non supera in età i 15 anni e lo sfruttamento sessuale riguarda quasi 9 casi su 10.
Provengono infatti dalla Nigeria o dai Paesi dell’est europeo e dai Balcani le ragazze che sono maggiormente esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali che poi gestiscono in Italia un circuito della prostituzione in continua crescita. Il numero delle vittime di tratta minori e neo-maggiorenni intercettate in sole 5 regioni, Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio e Sardegna, è infatti cresciuto del 58%, passando dalle 1.396 vittime del 2017 alle 2.210 nel 2018, mentre i Paesi di origine sono per il 64% la Nigeria e per il 34% Romania, Bulgaria e Albania. È il riscontro diretto di un fenomeno che, se proiettato su tutte le regioni italiane, in virtù della sua trasversalità territoriale, indica realisticamente che i minori o neo-maggiorenni sfruttati sessualmente in Italia sarebbero diverse migliaia.
Lo sfruttamento sessuale delle ragazze nigeriane e dei paesi dell’est Europa
Il business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale in Italia si basa su un sistema in continua evoluzione, che si adatta al mutare delle condizioni. Ad esempio, l’adescamento con la falsa promessa di un lavoro in Italia di vittime anche giovanissime nella Nigeria del sud, dove prevalgono condizioni di povertà e scarsa scolarizzazione, avveniva in gran parte a Benin City (Edo State), ma sembra essersi spostato più a sud, nel Delta State, anche per ovviare agli effetti di un editto della massima autorità religiosa del popolo Edo. Ewmare II, nel 2018 aveva infatti pubblicamente dichiarato nullo il terribile rito juju, utilizzato dai trafficanti per soggiogare e sottomettere con il ricatto le giovani vittime, disarticolando, purtroppo solo temporaneamente, l’intera rete di controllo.
Le ragazze e le donne nigeriane, una volta giunte in Italia, dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono abusi e violenze, devono restituire alla maman, la figura femminile che gestisce il loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i 30.000€ e sono costrette a “lavorare” fino a 12 ore tutte le notti, anche per 10-20€ a prestazione, raccogliendo dai 300 ai 700€ al giorno. Buona parte dei soldi servono però per pagare vitto, alloggio e vestiti, spesso anche per l’affitto del posto in strada dove si prostituiscono, e l’estinzione del debito diventa così quasi irraggiungibile. Il controllo delle vittime da parte dei trafficanti è assoluto e violento, come nel caso di Sophia che viene quasi soffocata dalla sua maman per aver chiesto a un cliente il telefono per chiamare sua madre in Nigeria per raccontarle dell’inganno subìto e chiederle aiuto. I trafficanti hanno inoltre spostato il circuito della prostituzione dai luoghi più facilmente identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le maggiori arterie stradali, verso luoghi “meno visibili”, oppure all’interno delle case, che in alcuni casi sono connection-house, gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come quelle segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte.
Sulle nostre strade è rimasta invece costante la presenza di ragazze di origine rumena o bulgara, con un forte incremento di ragazze albanesi collegato certamente al ritorno in auge della criminalità albanese che in fatto di prostituzione è seconda solo a quella nigeriana. Il reclutamento delle vittime nei Paesi di origine avviene con metodi sempre più efficaci, come ad esempio in Romania, dove diverse testimonianze di vittime raccolte in Italia hanno rilevato l’esistenza di “sentinelle” dei trafficanti che individuano in anticipo negli orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le strutture al compimento dei 18 anni, e mettono in atto un adescamento basato – come per tutte le connazionali – su finte promesse d’amore e di un futuro felice in Italia, facendo leva sulla loro condizione di deprivazione affettiva. I finti lover boy che sono affiancati ad ogni ragazza lungo tutto il periodo di sfruttamento in Italia, che può durare anni, ne controllano l’attività, portando loro anche bibite energetiche durante la notte per sostenerne lo sforzo, ma esercitano un controllo totale e violento, come nel caso, riportato dagli operatori, di una ragazza rimasta incinta indotta ad entrare in una vasca riempita di cubetti di ghiaccio per indurre l’aborto per shock termico.
Il rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2019” è disponibile al link:
https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/piccoli-schiavi-invisibili-2019
Le immagini sono tratte da “Storia di Sophia. Una vittima di tratta. Una ragazza” di Roberto Cavone. La graphic Novel è inserita nel rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2019”.
Spirito libero con un pessimo carattere. Fotoreporter in teatro operativo, ho lavorato nella ex Jugoslavia, in Libano e nella Striscia di Gaza. Mi occupo di inchieste sulle mafie e di geopolitica.