Operazione “Buon vento genovese”: sequestrati 368 kg di cocaina e 953.349,00 euro in contanti. Catturati tre cittadini italiani tra cui un elemento di vertice della cosca
Genova – Ancora un maxi sequestro nel porto di Genova, dopo “Neve genovese” e “Nevischio genovese” arriva “Buon vento genovese” a confermare quanto la nostra città sia ormai al centro dei traffici dei narcos calabresi.
LE INDAGINI
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova – Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo (DDA) – ed eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria del capoluogo ligure, sono iniziate nella primavera del 2019 quando Antonio Alvaro detto “Carlos”, elemento di vertice della cosca Alvaro-Bellocco, è stato localizzato in Colombia mentre contrattava l’acquisto di un ingente carico di cocaina con gli esponenti dei cartelli del narcotraffico sudamericano.
Da qui, grazie anche alla collaborazione con le statunitensi D.E.A. (Drug Enforcement Adminstration) e C.B.P. (Customer Border Protection), si è riusciti a ricostruire per la prima volta tutta la filiera del traffico di cocaina dalla Colombia all’Italia, per poi arrivare al maxi sequestro di questi giorni.
Lo stupefacente, che ha un valore di mercato stimato intorno ai 100-140 milioni di euro, era destinato al mercato italiano.
Insieme alla cocaina è stato sequestrato quasi un milione di euro in contanti, col quale la cosca avrebbe pagato ai colombiani le spese di trasporto e logistica.
Il denaro era confezionato a blocchi di 50.000 euro in buste di plastica sottovuoto e a prova d’acqua, segno che con ogni probabilità veniva tenuto sepolto da qualche parte in Calabria, lontano da ogni circuito bancario.
Nel corso delle intercettazioni gli inquirenti hanno ascoltato che “la macchina del sottovuoto non funziona bene, altrimenti nei pacchi ci potrebbero stare ben più di 500.000 euro”, e questo è un altro sintomo di quanto la ‘ndrangheta sia un’organizzazione con una straordinaria capacità di recuperare denaro contante.
Il sequestro del denaro è avvenuto alla Marina di Genova Aeroporto, dove Alvaro ha anche preso tutti gli accordi. Il sequestro della droga, invece, in porto, dove lo stupefacente era arrivato a bordo di un veliero per i trasporti oltreoceano. Infatti, i soldi e la roba dei narcos, per cautela non viaggiano mai insieme.
I NOMI
Sono finiti in manette Antonio Alvaro detto “Carlos” che, fatto insolito per un uomo di ‘ndrangheta, ha subito ammesso l’addebito del reato. Poi Filippo Ierinò e Rodolfo Militano, incensurato, è stato lui a ritirare lo stupefacente e a procurare il furgone del padre, panettiere calabrese, per il trasporto dei 340 panetti di coca.
Antonio Alvaro, organizzatore e finanziatore del traffico di cocaina represso, vanta un excursus criminale di assoluto rilievo. In particolare, a suo carico risultano condanne, fin dall’età adolescenziale, per rapina, furto, danneggiamento, tentato omicidio, detenzione illegale di armi e munizioni, furto, falsa dichiarazione sulla identità propria, associazione per traffico di stupefacenti, ricettazione, crollo di costruzioni ed estorsione perpetrata anche attraverso atti intimidatori e dinamitardi.
Arrestato ad Ancona, nel 2003 e condannato nel 2006, dopo un periodo di detenzione, era stato scarcerato nel 2017.
Alvaro è il minore di cinque fratelli, tutti appartenenti alla storica cosca malavitosa del mandamento tirrenico e pluripregiudicati per associazione per traffico di stupefacenti. Il fratello Vincenzo, arrestato nel 2016 dopo una fuga durata un anno, aveva fatto del Vte di Pra’ l’hub del traffico di coca nascosto sotto l’apparenza di un import di frutta e verdura (QUI il video dell’operazione “Santa Fé” che ha coinvolto i fratelli Vincenzo e Giuseppe Alvaro).
Filippo Ierinò, uomo di fiducia e incaricato della consegna a Genova di 150 mila euro a saldo delle spese di trasporto e logistica (una prima tranche era stata già pagata a San Remo), ha precedenti penali per favoreggiamento, simulazione di reato, falsa testimonianza con l’aggravante mafiosa nell’ambito del procedimento per l’omicidio di Francesco Fortugno, Vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, ucciso a Locri nel 2005 da un killer a volto coperto che lo ha freddato con cinque colpi di pistola.
Le attività di polizia giudiziaria nella provincia reggina sono state eseguite con la collaborazione del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria, del Gruppo Locri e della Compagnia Palmi.
IL CONTABILE RICERCATO
Ricercato il quarto uomo, Domenico Romeo, già noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti.
Considerato affiliato al clan Alvaro, è destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del tribunale di Genova e risulta latitante e ricercato.
Per i militari sarebbe il “contabile” della ‘ndrina.
Sono in corso le investigazioni per identificare e rintracciare gli responsabili del trasporto dello stupefacente dalla Colombia all’Italia.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.