Ci ha messo 170 anni per diventare l’inno ufficiale d’Italia e pochi minuti per essere definitivamente squalificato. Mi si consenta pero’, perché anche screditato non darebbe l’esatta dimensione della vicenda, di usare il termine più appropriato. Che è, senza voler cadere in volgarita’ gratuite, “sputtanato”. Insomma 170 anni e sedici progetti di legge per il canto degli italiani per essere compreso anche giuridicamente fra i fondamenti della nostra nazione e una improvvida quanto squallida esibizione del ministro dell’Interno Matteo Salvini, vicepremier del governo di Giuseppe Conte, per decretarne un naufragio completo. E farlo affogare in un mare di sterco, come se si trattasse di un gruppo di migranti qualunque. E’ solo metafora, non vi allarmate.
Una esibizione di tracotante squallore neanche a farlo apposta sul palco del Papeete di Milano Marittima, con un Salvini eccitato – sarà stato l’alcol, la Fiuggi o solo la calura – alla consolle nei panni del deejay. Con tanto di cornice di cubiste provocanti in costume leopardato che ballavano e si dimenavano al ritmo serrato e patriottico del cantico degli Italiani. Tra selfie, bottigliette di birra, e mani levate al cielo, mentre il vicepremier sorrideva divertito dell’ennesimo bravata. Una roba che Paolo Sorrentino regista de “La grande bellezza” come allestimento scenico non avrebbe saputo e potuto far di meglio. Esuberanza Cafonal allo stato puro. Per farci capire la strada che abbiamo imboccato fra declino e degrado.
La notizia insieme al filmato compare sul sito de “La Repubblica”: “Salvini in consolle, le cubiste ballano l’inno di Mameli al Papeete
Matteo Salvini sale in consolle al Papeete beach di Milano Marittima, dove è in corso la festa della Lega Romagna: in costume da bagno, il vicepremier e leader leghista ha raggiunto il deejay. Il ministro dell’Interno, un cocktail in mano, ha posato per foto e selfie: in suo onore dalle casse è partito l’inno di Mameli, cantato dai giovani in spiaggia che ballavano insieme alle cubiste. Dopo qualche minuto Salvini è tornato tra gli amici e i colleghi di partito e di governo, tra cui Lorenzo Fontana, Claudio Durigon e Lucia Borgonzoni, in una zona riservata del bar dello stabilimento balneare”.
A qualche settimana dalla polemica sul Russiagate e a qualche giorno da quella della moto d’acqua della polizia di Stato, su cui il figlio adolescente di papa’ Matteo, ribattezzato il “Trotino”, è stato portato a fare un giretto da in poliziotto in servizio, il “ruspante” Salvini sembrerebbe in trance agonistica e incapace di porsi un freno. E stavolta senza poter nemmeno sperare nella comprensione di chi cerca di giustificare la “marachella” come fosse frutto di un’eccessiva benevolenza paterna, o chi tenta di far leva sul fatto che i problemi del nostro paese sono ben più gravi di qualche cubista che balla sulle note del canto degli italiani, scuotendo le natiche, alzando le gambe e ammiccando. I soliti benaltristi assolvono il loro idolo e accusano gli altri. Senza contare coloro che ammoniscono sostenendo che l’eccessivo parlare, nel bene e nel male, del segretario della Lega Nord equivale a fargli pubblicità a buon mercato, anzi gratuita. Con l’effetto di farne impennare le quotazioni e di far salire anche il gradimento per la Lega alle prossime elezioni. Poi ho incrociato coloro che sociologicamente hanno spiegato che Berlusconi era il male. Colui che ci spingeva ed istigava ad essere come lui, perché il successo prima o poi può toccare a tutti. E che Salvini non è altri che l’incubo degenerativo e la soluzione finale di quel processo. In cui è possibile identificare noi stessi. Fino a farci scambiare per normalita’ tutto lo squallore che ci circonda, fino a diventare lo status quo.
Pochi giorni o sono, aseguito della polemica incalzante sulla moto d’acqua, mi è capitato di mettere insieme tre fotogrammi. Il primo risaliva a qualche anno fa. L’immagine era ambientata su una spiaggia in cui credo si disputasse una qualche finale del concorso per Miss Padania. E Salvini in compagnia del Governatore Giovanni Toti – quello che solo recentementissimamente ha letto la vita a Berlusconi – appariva naturalmente a torso nudo abbracciato alla bella figliola di turno e con la lingua a penzoloni. Come faceva Alex Del Piero quando segnava, o, peggio, come un qualsiasi cane in calore. E il nostro Toti de “L’Italia in crescita”, in camicia bianca e maniche appena arrotolate, faceva fatica a darsi un contegno. La seconda raffigurava ancora Salvini a torso nudo in compagnia della fatidica moto d’acqua e del suo poliziotto benefattore. Perche’ evidentemente divise, felpe e magliette inneggianti alla Lega o all’Italia non bastano più a suggestionare noi miseri elettori. E siamo passati alla fase successiva, visto che Salvini è il diavoletto che inconsciamente albergherebbe in tutti noi. L’uomo di panza… tutta sostanza, che si propone a torso nudo. La prossima fase, c’e’ da giurarlo, sarà quella di un Salvini nature pensieroso in riva al mare. Solo che poi ci avvertirà che si trattava di un sosia, perché per lui la meditazione è cosa pressoché impossibile. Infine la terza, in bianco e nero, è la celebre immagine di Aldo Moro in compagnia della figlioletta mentre si reca verso la spiaggia in giacca e cravatta e con l’aplomb di un reale d’Inghilterra.
Poche parole a corredo “STORIA (BREVE, IN SOLI TRE FOTOGRAMMI) DI UN UOMO QUALUNQUE. OVVERO UNA VOLTA C’ERA IL “TROTA”.
“Perdonatemi e perdonami padre perché non so quello che faccio. E ogni tanto compio delle debolezze da papà…… “”.
E a cammeo, come se non bastasse c’è stato il brutto epilogo della vicenda scooter d’acqua, con i poliziotti che prima hanno intimato al cine operatore di non riprendere, poi lo avrebbero dileggiato intimandogli di andare a riprendere i bambini visto che gli piaceva , quindi gli avrebbero richiesto i documenti e infine lo avrebbero addirittura minacciato: “Ora conosciamo il tuo indirizzo”. E io pensavo che tutto in questa afosa estate che da’ alla testa potesse concludersi li’, senza nuovi incidenti di percorso.
Invece il nostro vicepremier è evidentemente uomo sanguigno che cento ne fa e mille ne escogita – vi dicevo che il temine pensare o riflettere è stato cancellato dal suo vocabolario – e al sapore della polemica si rinvigorisce, come accade alle belve che annusano l’odore del sangue. Percio’, a breve distanza di tempo, questa ennesima caduta di stile. Del resto fra selfie ai funerali, divise e felpe, camicie stirate, storie sentimentali non esattamente con la ragazza della porta accanto, porti chiusi, colloqui con tifosi con qualche problema con la giustizia, rubli veri o presunti e maltolti rateizzati, lui non riesce a stare manco un minuto lontano da un post qualsiasi, sia platea, selfie, palco, consolle o spiaggia. Rinunciando a qualsiasi diritto di riservatezza. Percio’ occorrera’ farsene una ragione. Anche perché, di figuraccia in figuraccia, il consenso elettorale va salendo. E nemmeno serve a farlo calare la memoria storica per ricordare qualche gaffe emblematica del suo spirito contraddittorio.
Chesso’, per esempio, sempre in tema di amor patrio, ciò che si presupporrebbe da uno che ha fatto dello slogan “Prima gli Italiani” un urlo di battaglia elettorale, il Nostro ebbe occasione di dire a Radio 24 meno di otto anni fa quando era europarlamentare e capogruppo consiliare della Lega Nord a palazzo Marino “Il tricolore non mi rappresenta, non la sento come la mia bandiera. A casa mia ho solo la bandiera della Lombardia e quella di Milano. Il tricolore è solo la Nazionale di calcio, per cui non tifo. Mi rappresenta quando diventeremo un Paese normale con meno sprechi e ruberie al Sud”.
Ere geologiche fa, specie in questa politica che viaggia veloce, più un motoscafo che un acquascooter, perché nel frattempo il vicepremier ha giurato sulla costituzione e la sua Lega ha perso per strada le inclinazioni nordiste al fine, che giustifica i mezzi, di poter arare voti anche al sud.
Eppero’, in epoca di feste leghiste con camicie verdi e sacre ampolle di acqua del Po, ci deve essere sempre qualche cosa da sventolare in omaggio al cielodurismo dell’Umberto Bossi che fu. Siano una lingua a penzoloni al cospetto di una bella ragazza o le tette e le cosce delle cubiste esibite al suono dell’Italia chiamo’. Per la bandiera italiana come abbiamo visto in quelle dichiarazioni di otto anni fa c’è qualche problemuccio in piu’. Anche se dal momento in cui ha intrapreso la carriera di vicepremier potrebbe essere per lui una questione marginale. Visto che ha giurato sulla costituzione e da uomo pratico qual è il fine finisce sempre per giustificare i mezzi.
Sempre che, per ritornare all’ultima vicenda folcloristica del Papeete beach, essendo stato compreso fra gli emblemi dello stato anche l’inno d’Italia, al pari della bandiera, non si prospetti il caso di vilipendio regolato dall’articolo 292 del codice penale che prevede multe da 1000 a 5000 euro.
Del resto i precedenti come si vede esistono tutti.
Senza contare la gravità morale del caso per il soggetto che ha messo in atto tutto questo, o ha supinamente accettato la baldoria dei suoi accoliti, visto che ricopre la carica di Ministro dell’interno.
Sin qui la cronaca di un sabato bestiale al Papeete Beach di Milano Marittima, con spiaggia popolare e possibilità, dopo esserci crogiolati in quest’incubo a puntate, di sognare ad occhi aperti che dopo l’ indigestione ferragostana il paese possa tornare alla normalità. Una volta terminati i 38 giorni di vacanza dei nostri valorosi deputati e senatori e sin dalla ripresa dei lavori parlamentari.
Spererei di non ritrovarmi in un futuro prossimo nel bel mezzo di uno show tipo Papeete Beach, all’apertura del consiglio comunale in sala rossa. Anche se non credo che il rigido Bucci concederà nulla al popolino dei suoi personali tifosi. Il nuovo regolamento, comunque, prevederebbe che i consiglieri eseguano all’inizio delle sedute il Cantico degli Italiani. Cosi’, magari, volendo trasgredire l’abituale ruvidezza del sindaco/ commissario, alle “bellezze” della maggioranza in sala rossa, potrebbe essere richiesto di sgambettare e muoversi a mo’ di cubiste. Mentre il Bucci travolto da un afflato di follia, con le maniche arrotolate alla consolle, insieme al presidente Piana, modulerebbe la musica dell’impianto di Tursi. Con un vicesindaco, Stefano Balleari, inebetito e indispettito, dopo aver fatto tanto per consentire a Genova di fregiarsi del titolo di città dell’inno. Ma a volte la pubblicità anche se becera non guasta. E da genovesi potremmo ritrovarci un po’ cosi’, orgogliosi di un sindaco che, dopo aver sdoganato il toast in sala rossa, ed essersi esibito su uno scivolo che non scivolava, magari cede anche alla moda del deejay padano. Sarebbe come dire…. quando la realtà supera l’immaginazione. Veda un po’ lei. E mai dire mai. Anche perché il Salvini di questi tempi ci ha reso partecipi di un’ ennesima sicurezza tricolore e tutta italica. E’ quella che al peggio, specie in politica non vi sia mai fine.
GIONA
Redazione del quotidiano digitale di libera informazione, cronaca e notizie in diretta