Complicato, metafora di una ricorrenza

Direte voi: “Ma chi se l’aspettava?”
E già chi se l’aspettava, e chi l’avrebbe detto che ci si sarebbe ritrovati cosi’, proprio a qualche giorno dalla data della prima ricorrenza della tragedia, quando Genova dal sogno, fatto di aiuole posticce, scivoli e ombrellini, e’ precipitata nell’incubo del crollo sotto al diluvio, dei morti, delle macerie, delle polemiche, delle colpe da accertare, della città divisa e bloccata, della rabbia e dell’orgoglio, della crisi economica che si amplifica, del ministro gaffologo, della incertezza e della speranza di rinascita che rischia di essere illusoria. E comunque mai ricorrenza simile potrebbe apparire più indicata, visto che contiene, in allegoria, molti mali atavici del paese, ma soprattutto i prodromi di questa crisi balneare di un governo con un’alleanza impropria e  traballante sin dall’inizio. E con quel furgone iconico a pochi metri dal baratro.

Eppure, a questo punto, quando le nebbie delle polemiche vanno dissolvendosi, o si sono dissolte, in molti convergeranno sull’opinione che era tutto facilmente prevedibile. Del resto l’Italia è il paese in cui le tante Cassandre a disastro avvenuto, si incontrano regolarmente nella piazza dialettico/retorica/mediatica, in rete o in Tv, basta avere un pubblico qualunque – del “Ve l’avevo detto”.

Quello che forse, già un anno fa non poteva essere così chiaro è che il ponte crollato, il Morandi, con tutta la sua lunga vicenda durata un anno, e che chissà’ quando si concluderà, potrebbe tranquillamente essere eletto a simbolo di questi giorni incerti che hanno determinato la crisi balneare del governo verdeoro. Metaforicamente contiene l’appoggio ormai deteriorato e instabile, i tiranti logori che hanno determinato la tragedia e la caduta di un manufatto a suo tempo rivoluzionario dal punto di vista architettonico.

Proprio come temeraria e rivoluzionaria è stata l’alleanza fra due gruppi politici agli antipodi, e con forti problemi di stabilità. Un’alleanza che gli autori avrebbero dovuto avere l’accortezza di controllare spesso e manutenere quotidianamente con sapienti iniezioni di cemento, invece di cadere nel tranello delle liti quotidiane. Così  è mancata la predisposizione politica, e forse non c’era abbastanza cultura di governo.
Si è caduti nel tranello delle semplificazioni. Poi qualcuno ha cominciato a fare i conti ipotizzando se, alla fine, il crollo non avrebbe potuto essere più conveniente. Magari non per il paese, magari anche e solo ed esclusivamente per se stesso. Avrebbe provocato uno choc, magari, e diviso in due… l’opinione pubblica, ma per se stesso, e solo per se stesso, ci sarebbero stati incredibili vantaggi. E così, più o meno alla vigilia della ricorrenza del tragico crollo, ha assestato lo scossone. Con quel caldo che infastidisce e scioglie e quel senso di vacanza nell’aria. Mentre alcuni lavoravano ed altri erano già mentalmente predisposti – non solo mentalmente va – ad andare in ferie. Per le ferie, tra le più lunghe della storia, del nostro corpo parlamentare. Solo che, ironia della storia, ora sarà complicato. Terribilmente complicato, al cospetto di quelle macerie che ricordano tanto quelle del Morandi. Con quell’imperativo fare presto“Fare presto perché al tracollo non si aggiunga il tracollo”, “Fare presto perché ogni giorno che passa allunga i rischi successivi alla crisi”, “Fare presto per scegliere un progetto che possa stare rapidamente in piedi”, “Fare presto ma il progetto deve essere solo stabile o un manufatto opera da ricordare”, “Fare presto…. ma un ponte simbolo o solamente un opera che colleghi dando spazio a qualche ciarlatano o rivolgendosi ad un’archistar che ci traghetti dall’altra parte”- che ricorda tanto quel ferragosto dell’anno scorso.

Con i medesimi incitamenti di fiducia “Siamo feriti ma non in ginocchio” del sindaco/ poi commissario Marco Bucci”. Con il medesimo training autogeno “Siamo feriti ma ne abbiamo viste tante e tutti insieme risorgeremo”. Che ricorda tanto quanto è accaduto qualche ora fa. Del resto quelli che dovrebbero essere i veri leader hanno il dono di saper parlare alle masse, di conoscere i punti strategici da toccare per riportarle al sogno anche davanti al baratro dell’incubo. Come dar loro fiducia e prospettare il prossimo obiettivo che le renderà immortali, o, più semplicemente, quelle che ne hanno passate tante e sono sopravvissute. Percio’ la richiesta dei pieni poteri con quel che di rivoluzionario che stravolgerebbe la prassi prevista dalla carta costituzionale. Percio’ la richiesta di sfiducia nei confronti del premier Giuseppe Conte che è passato dal vaso di coccio fra vasi di ferro e dall’invisibilità iniziale a qualche rara manifestazione esistenziale prima in Europa e poi nell’ultima conferenza stampa a palazzo Chigi. Una prassi politica e istituzionale nuovamente stravolta a beneficio del popolo plaudente. Dichiarazione di guerra che ricorda tanto quel balcone di palazzo Venezia, quella folle vociante e plaudente.

Quelle parole “Ascoltate!
Un’ora, segnata dal destino, batte nel cielo della nostra patria.
L’ora delle decisioni irrevocabili.
La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia.

Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano.

Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole: frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell’edificio, l’ignobile assedio societario di cinquantadue Stati.

La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.
Con voi il mondo intero è testimone che l’Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l’Europa; ma tutto fu vano”. 

Solo che concetti molto simili sono stati espressi, alla fine, con il contorno di un’altra iconografia. Non da un balcone e con le mani sui fianchi e la camicia nera, ma in camicia bianca da un palco di un comizio qualunque, in discoteca. Quasi che si trattasse della perfetta continuazione di un sogno, o di un incubo con sottofondo di un inno qualsiasi. Quello di Mameli, trasmesso, a marcetta, dalla consolle del Papeete beach. Con un ministro dell’interno e vicepremier a torso nudo che agita un bicchiere di mojto. E contorno di cubiste sculettanti. Insomma l’immagine che ci porteremo dietro di questa crisi balneare, nei secoli dei secoli, sarà questa. Non quella del ponte crollato o le sue macerie, o i suoi lutti, o la città divisa, o il molto lavoro per ricollegare gli antipodi. Quella immagine è troppo seria e evoca troppi dolori. Troppe domande. E un’inchiesta che prevede anche una qualche fiducia nella giustizia.  Cosi’ è complicato… e sarebbe una metafora, seppur calzante troppo terribile nei suoi reconditi significati. Meglio la marcetta e la burletta del Papeete Beach. Il torso nudo l’atteggiamento da spiaggia, accaldato e con il bicchiere di mojto in mano, la marcetta parodia dell’Italia e le cubiste che muovono ritmicamente le chiappe. Parodia da spiaggia di un salto nel buio.

Perché gaudeamus igitur… perché avvicinandosi la ricorrenza genovese e andando avanti nella crisi tutto apparirà, dietro la nebbia delle cortine fumogene, più complicato. Mentre il presidente sfiduciato Giuseppe Conte vuole portare la crisi e il voto di sfiducia all’interno del Parlamento per fare esprimere deputati e senatori. Anche per sfruttare le maggioranze delle ultime politiche che avevano visto primeggiare i Cinque Stelle. Con Salvini che dice…. che no e che il popolo italiano si è già espresso nelle ultime europee e nei sondaggi che fanno ormai una Lega alle soglie del 40%. Come era successo ad un altro Matteo. E quindi il leader della Lega esercita un doppio pressing. Da una parte alza il prezzo chiedendo che sia lui l’uomo solo al comando con i pieni poteri conferitigli dal presidente Mattarella, per salvare il paese, fare il governo e presentarsi alle camere per il voto di fiducia, ovvero se così non fosse.. si vada al più presto alle elezioni. E su questo tema lo appoggia anche Giorgia Meloni dicendosi pronta ad una nuova maggioranza con l’antico socio rientrato nel suo alveo naturale.

Poi ci sono i Cinquestelle, ingenui e traditi, che battono sulla gran cassa della propaganda – ma cosi’ fan tutti – dicendo che l’ex alleato ha fatto saltare il banco quando i decreti legge da approvare, come da contratto di governo, sarebbero stati invisi ai sostenitori del vicepremier, ministro dell’interno della porta accanto, e non solo. Anzi in questo momento il Salvini rappresenta tutta la partitocrazia italiana. Visto che si doveva votare la drastica diminuzione del numero dei parlamentari e il dimezzamento dei tempi della giustizia, che prevede commi ad hoc sulla prescrizione. Insomma, sembra che il Movimento di Gigino Di Maio, di Roberto Fico e dell’antiTav Danilo Toninelli, miracolosamente sia tornato quello di una volta. Battagliero e non più appiattito sulla Lega. E abbia intrapreso il refrain consolatorio “Macché 40 per cento della Lega, gli italiani si devono sentire traditi e voteranno di conseguenza contro il partito che ha tolto la spina”. E se qualcuno dice al ministro della giustizia Alfonso Bonafede, che ieri sera sdoppiandosi nelle trasmissioni televisive di prima serata, ha messo in campo doti di preoccupante ubiquità, dando prova di essersi preparato a dovere sulla lezioncina da far sorbire ai teleutenti. E se lo si apostrofa obiettandogli che  si sono dimostrati di straordinaria ingenuità e che i segnali per questa crisi balneare al buio c’erano tutti, lui risponde sempre nello stesso modo…. che gli italiani non sono fessi e che capiranno…. che i fessi eventualmente sono loro.

E poi…c’è #EallorailPiddi… al di la’ delle nuove voci di scissione del signor Matteo mentre il fratello di “MontalbanoSono” lo blandisce con un suadente “Matteo aiutaci a vincere”, che, visto lo straordinario caso di omonimia dei due leader del 40 per cento, potrebbe persino  suonare come una proposta surreale  di alleanza a Salvini – in fondo già era incredibile e abbastanza surreale il cartello che ci ha governato per un anno e mezzo – .Dunque e #EalloraIlPiddi mette in campo la strategia del complotto. Insomma spiega che l’uomo solo al comando esisterebbe già e i pieni poteri già ci sarebbero se all’attuale ministro dell’interno, vedi caso Matteo Salvini, leader di un partito regolarmente in campo e in lotta per vincere, toccasse allestire le prossime elezioni. E allora ecco la strategia della sfiducia prioritaria a Salvini, il reprobo che non è comparso davanti ai senatori  per rispondere dei rubli del russiagate, costringendo il povero Premier Giuseppe Conte a cercare di scusarsi per lui.

“Insomma – fa notare in diretta Tv sulla Rainazionale Giorgia Meloni ad un suadente Giorgino – che si voglia sfiduciare prima Salvini del presidente del consiglio, per poi convergere magari su una maggioranza Pd/CinqueStelle, rinnovando l’incarico a Conte, evitando le elezioni anticipate e finendo la legislatura, mi pare francamente tradire gli italiani che vogliono andare alle urne”. 
Eggia’ non sono fessi neppure loro.
Perché poi, diciamoci la verità’, la tentazione del governo di scopo, per votare il documento finanziario, e magari la riforma elettorale per poi andare la voto, quella tentazione li’, è forte. Anche perché fra i tanti commenti che ho letto in giro sui social,e non, ho visto ripetersi la domanda “Allora adesso a chi tocca il cerino in mano del bilancio dello stato con possibili aumenti iva e probabili procedure di infrazione e reddito di cittadinanza e quota 100?”. Già a chi toccheranno le macerie?  Giaceranno coperte in qualche luogo reale o della memoria, prima di iniziare i lavori?. Tossiche o solo in grado di intossicare. Come fossero metafora nella metafora.

Comunque, tanto per concludere, e per tirarci su il morale, ironia di una crisi, al buio o no, ho visto aumentare i post satirici.

E vorrei dare spazio a qualcuno di questi, tanto per riacquistare il sorriso. Non parlo di fiducia perché mi sembra davvero troppo. E dunque Il mio amico Vittorio Pezzuto posta il volto interdetto di Rocco Casalino, comunicatore in auge ed ex della Casa del Grande Fratello, con la scritta “QUANDO SCOPRI CHE ANCHE QUEST’ANNO TI HANNO ROVINATO IL FERRAGOSTO”. Che ci riporta tragicamente indietro di un anno. Quando l’intoppo al vacanziero Rocco Casalino fu creato proprio dalla caduta del Morandi e da quella tragedia.

Poi ce n’è un’altra che schiaccia l’occhio alla riffa napoletana e dice “Giocatevi il terno 30 i denari, 49 i milioni, 71 uommeemerda”.

E, ancora un fake con simbolo della Lega  con foto di Di Maio, Conte, Fico e Di Battista con lo sguardo rivolto verso l’alto. Alle loro spalle un cielo notturno con una miriade di stelle cadenti. Infine la scritta: “La notte di San Lorenzo si avvicina…. guardiamo insieme le stelle cadenti”. 

Poi c’è Lercio.it, che non poteva mancare. Foto di statua della Vergine foto nel tondo con Mattarella.
Titolo: “Crisi. Mattarella convoca la beata vergine Maria”. 

Infine non poteva mancare nemmeno il post di un autodidatta che calza a pennello con il momento di sconforto. Perché chissàmai che a volte non ritornino…. Allora la scritta è: “STO TORNANDO MERDE”. E la foto non poteva essere che di Mario Monti. Quello del  governo tecnico composto da tecnici. Tanto per non dimenticare….. quello della Fornero in lacrime. Comunque aspettando il 14 agosto e poi il ferragosto, inquadratura sulle macerie. Poi sipario mentre sul palco si alzano nuvole di un polverone spesso e grida di aiuto.

Paolo De Totero

Paolo De Totero

Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.