Genova – “Un ponte così aveva ancora il diritto di portare 25 milioni di veicoli l’anno senza alcuna limitazione? È questa la risposta prioritaria che dobbiamo dare, anche nei confronti della sofferenza dei parenti e nel rispetto della memoria”.
Parte col ricordare la sofferenza dei parenti delle vittime il Procuratore Francesco Cozzi, che ha scelto il giorno dell’anniversario del crollo per fare il punto sull’indagine, ma non perde l’occasione per difendersi da eventuali accuse di lentezza del procedimento e a chi polemizza dice che i tempi sono corretti e che “la domanda di giustizia non è una ricerca di capri espiatori o di facili soluzioni da offrire in pasto in modo disinvolto”.
Poi sui due incidenti probatori il Procuratore ricorda: “Indagare su nascita, vita e morte di questo ponte, sugli scritti di Morandi, gli interventi fatti e quelli non fatti, ha richiesto ben due incidenti probatori: il primo, appena concluso, per capire lo stato di salute del ponte al momento del crollo, e il secondo per individuarne le cause”.
Uno stato di salute che secondo i periti incaricati dal GIP, Angela Nutini, era pessimo. Nelle 75 pagine della perizia si legge di “difetti esecutivi” rispetto al progetto iniziale, di cavi logorati dalla “mancanza di interventi di manutenzione significativi”.
E c’è di più: “Non si evidenziano interventi atti a interrompere i fenomeni di degrado. Gli unici ritenuti efficaci risalgono a 25 anni fa“, scrivono ancora gli esperti.
Con chi gli chiede conto di queste dichiarazioni, però, il Procuratore non si sbilancia: “Non spetta a me commentare”, risponde per poi precisare che sì, “i periti hanno parlato dello strallo 132 e del suo stato di corrosione oltre il 68%, sia nei cavi primari che secondari, ma quanto questo sia importante nelle cause del crollo devono dirlo gli esperti”.
Si dovrà aspettare la conclusione del secondo incidente probatorio, dunque, ma di certo possiamo anticipare che la situazione del reperto 132 deve essere stata pesante visto che la perizia parla precisamente di “uno stato corrosivo di tipo generalizzato di lungo periodo, dovuto alla presenza di umidità, di acqua e contemporanea presenza di elementi aggressivi come solfuri, derivati dello zolfo, e cloruri”.
Una strada in salita quella per arrivare alla verità, ha ammesso Cozzi, anche perché il numero di persone sottoposte a indagine è molto elevato: “Abbiamo sentito tutti coloro che ricoprivano un ruolo di gestione e di controllo della manutenzione, sia soggetti pubblici che privati”, e ad oggi gli indagati sono 73, comprese Autostrade per l’Italia (Aspi) e Spea, la società del gruppo Atlantia che si occupa delle manutenzioni.
“Parliamo di udienze che durano dalle 12 alle 14 ore“, scandisce il Procuratore lanciando un invito a considerare che “tutte queste persone hanno difensori e consulenti tecnici con i quali non entriamo mai in polemica ma certamente teniamo ferma la nostra volontà di arrivare alla verità”.
Un lungo braccio di ferro, insomma, che dovrebbe concludersi col deposito del secondo incidente probatorio, molto più complesso e fatto di 39 quesiti già ammessi dal GIP, entro dicembre.
Quindi il rinvio a giudizio “a metà dell’anno prossimo” e poi il processo, “se ci sarà un processo”, precisa Cozzi che non vuole esprimersi in anticipo.
Simona Tarzia
Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.