I “cults” nigeriani in Italia, quarta puntata: i Vikings

Eccoci alla quarta e ultima puntata dell’inchiesta di Fivedabliu sui “cults” nigeriani attivi in Italia, basata sulle carte della relazione della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) al Parlamento per il secondo semestre 2018.

I Vikings

Il simbolo dei Vikings

“…Io sono arrivato in Italia il 27 maggio del 2018 e da allora sono sempre stato al CARA di Mineo. Fin dal 2015, nel campus universitario di Benin City, ero diventato uno dei boss del gruppo cultista Vikings. Nel CARA di Mineo ho trovato un gruppo di nigeriani che facevano parte dei Vikings e che mi invitava a unirmi a loro ma temendo che volessero fare reati anche in Italia mi sono tenuto in disparte. Io sono a conoscenza di reati commessi in Italia da queste persone quali spaccio di stupefacenti, violenza sessuali su donne e violenze anche con uso di armi da taglio sia perché ho assistito personalmente, sia per averle apprese da terze persone. Ogni volta che arriva in Italia al CARA di Mineo qualche nigeriano dei Vikings mi rende omaggio per il mio ruolo di capo che avevo in Nigeria, ma qui in Italia non ero io il numero 1. Il giorno del mio arrivo arrivo in Italia, i Vikings del CARA di Mineo stavano picchiando una persona per estorcergli denaro. Gli ho detto di lasciarlo stare e considerate le parole che ho usato, loro hanno subito capito che anche io appartenevo alla confraternita dei Vikings”.

Nati nel 1984 per volontà di un fuoriuscito del cult rivale dei  Bucaneers, si riuniscono per la prima volta nel campus universitario di Port Harcourt e si danno il nome di “Supreme Vikings Confraternity”. In Italia però, sono  semplicemente “i Vikings”.

Come le altre organizzazioni nigeriane, anche i VIKINGS sfruttano i flussi migratori e utilizzano spesso i centri di accoglienza nel nostro Paese come luoghi di primo insediamento e, a volte, di vero e proprio arruolamento.  Lo conferma l’operazione “Catacata-Norsemen”, coordinata dalla DDA di Catania e confluita in un decreto di fermo di indiziato di delitto eseguito dalla Polizia di Stato nei confronti di 26 componenti della cellula «Catacata M.P. (Italy Sicily) – De Norsemen Kclub International», attiva a Catania e provincia e con base operativa presso il C.A.R.A. di Mineo, uno dei centri per richiedenti asilo più grandi d’Europa.

I cultisti dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di droga, violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo.

La prova della forza del clan e di quanto le organizzazioni cultiste siano ramificate in tutta Europa, è arrivata con l’arresto dei dieci latitanti, che si erano resi irreperibili, rintracciati nei covi in Francia e Germania.
Le indagini hanno fatto luce anche sulla fitta rete di affiliati alla confraternita sparsi in diverse strutture di accoglienza nazionali, dove imponevano la propria supremazia con pratiche violente e intimidatorie nei confronti dei connazionali ospitati. Il più delle volte le sopraffazioni venivano effettuate per estorcere l’affiliazione al cult, altre per stabilire le gerarchie e il potere, altre per recuperare il denaro anticipato per sostenere il viaggio dei migranti dalla Libia all’Italia. Il tutto approfittando della vulnerabilità dei connazionali da poco giunti in Italia.

Non solo.
Tra tutte le confraternite, i Vikings si caratterizzano per la presenza massiccia di adepti maschi molto giovani e particolarmente aggressivi.
Sempre in lotta per la gestione delle attività illecite sul territorio, i Vikings hanno nelle Asce Nere i loro rivali naturali: risalgono all’estate scorsa gli scontri di strada tra i due cults in concorrenza per le piazze di spaccio di Ferrara che hanno ridotto la città a un far west di machete, spranghe, e accette.

Strutturati in modo verticistico, il cult basa la sua operatività sul rispetto di regole comportamentali inflessibili, sottoscritte al momento dell’affiliazione.
L’adesione al gruppo impone, dopo il giuramento di fedeltà, l’osservanza di un rigido protocollo che, oltre al pagamento di una somma di denaro considerata una sorta di quota di iscrizione, prescrive tassativamente l’impegno a non avere contatti con le forze di polizia, il divieto di denunciare altri connazionali, la totale dedizione alla confraternita fino alla morte.

Proprio nel corso dell’indagine catanese “Catacata-Norsemen”, è stato registrato un rituale caratterizzato da canti tribali inneggianti alla forza della confraternita, durante i quali i nuovi adepti ripetevano continuamente “voglio essere Norseman” e per scandire la liturgia simulavano spari di arma da fuoco sbattendo degli oggetti, caratteristica rinvenibile in tutti i canti cultisti presenti in rete.

Infine la presenza nel nostro Paese: riscontrata dalle indagini solo di recente, l’operatività della confraternita è evidenziata  in Piemonte, nelle Marche, nelle zone di Ferrara e Reggio Emilia, a Bari, in Sicilia e Sardegna.

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Leggi le altre puntate:
Prima puntata: i Maphite
Seconda puntata: The Supreme Eiye Confraternity
Terza puntata: le Asce Nere

Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.