È morto Ugo Signorini. Aveva 84 anni.
Esponente di punta della Dc fra gli anni ottanta e novanta. Assessore all’urbanistica in Regione, negli anni dal 1985 al 1990 ha posto le basi per il cambiamento della regione e della città. Ha varato, per primo in Italia, il piano paesistico. Ha fatto decollare il piano territoriale di coordinamento. Ha detto più no che sì a molti progetti, in gran parte speculativi. Durante il suo mandato non ha rinunciato all’intento di provare a equilibrare le esigenze della tutela ambientale con quelle dello sviluppo economico. Racconta Wanda Valli in un articolo-intervista publicato il 20 marzo di due anni fa su La Repubblica: “Signorini, Dc anomalo per molti aspetti, perché alla fine ha sempre portato avanti la sua opinione. Anche contro la linea del suo partito. Un Dc che, negli anni di regno romano di Paolo Emilio Taviani, Pet, come lo chiamavano, non era tra quelli che si recavano in delegazione, ma anche in riverenza, proprio a Bavari dove Taviani viveva. E però Ugo Signorini, Dc di sinistra, Paolo Emilio Taviani lo conosceva bene. Così come il rito delle richieste di aiuto alla Dc, che, poi, si trasformavano in richiesta di favori e, alle elezioni, in voti. Non che lui fosse uno dei più gettonati, perché, appunto, amava il potere a modo suo, coniugato all’etica. Non a caso è lui, assessore all’Urbanistica in Regione, il primo a proporre di liberare Cornigliano dall’acciaio dell’Ilva. Sempre lui elabora il PTC, piano territoriale di coordinamento, dove lo sviluppo doveva coniugarsi con il rispetto dell’ambiente. Siamo sul finire degli anni Ottanta, non proprio l’altro ieri”.
Democristiano di sinistra, da sempre oppositore della Dc del senatore Paolo Emilio Taviani, esponente di punta della Democrazia Cristiana che aveva come referente Baget Bozzo, nel 1990 fu ad un passo dal diventare sindaco.
Racconta sempre nella sua intervista a Wanda Valli: “Io ero della sinistra del partito, naturalmente conoscevo Taviani, ma nel mondo politico di allora vigeva come regola il rispetto reciproco. Chi era eletto a capo doveva esercitare il suo potere, accettando le contestazioni di merito che potevano arrivare dalla minoranza, contestazioni vere, non offese”.
E riandando al 1990 aveva raccontato che “il Psi diventa più impositivo, nel momento in cui ottiene il potere di governo. Quando mi presentai alle elezioni comunali ottenni tanti voti che sembrava naturale fossi io il futuro sindaco del pentapartito, di Dc, Pri, Pli, Psi e Psdi. Così mi garantirono in piazza della Posta Vecchia, sede storica del Psi. Poi decisero di accordarsi con il Pci. Eravamo agli inizi degli anni Novanta”.
Fu in quell’occasione, aveva appena 55 anni, che aveva deciso di piantarla con la politica. Ricordo che in una intervista paventò la necessità di andarsene e di ritirasi in convento. Tanto che a Piero Valentino, su La Repubblica del 14 agosto 1990, raccontò: “La politica non è un mestiere. A 60 anni si dovrebbe smettere. Io la pianto lì a 55. Non ho rabbie o rancori, casomai provo sollievo. Ho lanciato una sfida, l’ ho perduta e le regole del gioco vanno rispettate. Prendo atto che una certa realtà economica genovese si è opposta alla mia candidatura a sindaco e che alcune forze politiche dell’ attuale maggioranza le hanno dato ascolto. Quindi, non resta che andarmene”.
Erano state trattative lunghe e faticose, tanto che venne a Genova per parlargli Ciriaco De Mila, allora segretario nazionale dello scudo crociato. Ma non vi fu nulla da fare, nonostante il successo elettorale. Fermo sui suoi propositi dichiarò: “io non ce l’ho con nessuno e non voglio sembrare un perseguitato. Può darsi che riescano a fare molto bene, come cittadino genovese lo spero. Non posso e non voglio accusare nessuno. È evidente però che esiste una realtà economica che aveva progetti diversi dai miei e che non mi ha voluto. È una realtà che trova una ospitalità trasversale in alcune forze politiche. Che abbia vinto, alla fine, non mi stupisce. I comunisti? Volevano rientrare in gioco e ci sono riusciti. La direttiva era quella di formare giunte di sinistra e lo hanno fatto. Io sostenevo e sostengo che occorre una grande solidarietà tra le forze politiche per governare il profondo cambiamento di questa città. L’ esperienza del pentapartito andava quindi allargata anche ai comunisti e ai verdi. Secondo i socialisti questo è cattocomunismo, ma se lo fanno loro è riformismo”.
E la Dc? Gli chiede Valentino. “Non ho nulla da rimproverare, ma solo da ringraziare, a livello locale “, risponde mentre l’intervistatore lo incalza annotando che Signorini fa una smorfia e questa volta ritrae il ramoscello d’olivo: E a livello nazionale? “Ho quasi la sensazione di un partito in fase di dismissione – replica – Sulle grandi città, ad esempio, ha fatto una battaglia che non ha dato alcun frutto, basta vedere il caso di Palermo, oltre che Genova”.
Insomma, a Forlani il grazie non arriva e infine torna al motivo dominante: “Dopo il crollo delle ideologie, a cominciare da quella comunista, il problema principale è quello morale. Non parlo di bustarelle o piccole corruzioni, ma della trasversalità di certi interessi a tutti i partiti. Poiché è così, mi creda, meglio andarsene”.
Pochi mesi fa Signorini aveva concesso una lunga intervista a Vittorio Sirianni come aderente al collegio dei geometri, avendo lavorato per molti anni all’Anas, e aveva rievocato la nascita del ponte Morandi crollato il 14 agosto di un anno fa.
I funerali si terranno a Mantova in forma privata. Per chi volesse essere presente al Rosario, verrà officiato alle 18.00 presso la camera mortuaria dell’Ospedale Galliera.
Paolo De Totero
Quarantacinque anni di professione come praticante, giornalista, vicecapocronista, capocronista e caporedattore. Una vita professionale intensa passata tra L’Eco di Genova, Il Lavoro, Il Corriere Mercantile e La Gazzetta del Lunedì. Mattatore della trasmissione TV “Sgarbi per voi” con Vittorio Sgarbi e testimone del giornalismo che fu negli anni precedenti alla rivoluzione tecnologica, oggi Paolo De Totero è il direttore del nostro giornale digitale.