A tre anni dal terremoto che ha devastato il centro Italia è tutto fermo, solo i cittadini si rimboccano le maniche

I ritardi nella ricostruzione e la caparbietà di chi vuole ripartire

Parlano i protagonisti di Alleva la Speranza, la campagna di raccolta fondi lanciata da Legambiente ed Enel per sostenere le imprese attive nell’area del sisma nei loro progetti di rinascita. Grazie alle donazioni raccolte attraverso la piattaforma di crowdfunding Planbee.bz

Da Pieve Torina ad Amatrice, passando per Farindola e Norcia, purtroppo, è tutto fermo. O così sembra, di fronte a una burocrazia dai tempi incerti e lunghi e di cui i residenti non sempre capiscono la complessità. Dalla prima scossa del terremoto che, il 24 agosto 2016, ha devastato una vasta area del centro Italia sono passati tre anni; da allora, nelle quattro regioni colpite, anche dalle scosse successive, il territorio resiste e prova comunque a ripartire.

Alleva la Speranza è la campagna di raccolta fondi, promossa da Legambiente ed Enel, attraverso la piattaforma PlanBee, per aiutare aziende colpite dai sismi del 2016 e 2017 a “coltivare” nuovi progetti di crescita, con l’obiettivo di sostenere venti progetti in due anni. Grazie alle donazioni raccolte, sono stati già assegnati alla prime quattro imprese beneficiarie circa 80.000 euro. Attualmente i destinatari del crowdfunding sono Alba Alessandri, Fabio Fantusi, Arianna Veneri e Pietropaolo Martinelli, allevatori le cui aziende si trovano rispettivamente nelle Marche, nel Lazio, in Umbria e in Abruzzo. È a loro che abbiamo chiesto a che punto è la ricostruzione, alla vigilia del tragico anniversario, e come stanno portando avanti le loro aziende e i progetti per il futuro che, caparbiamente, sono decisi a non abbandonare.

“I controlli servono, ma qui le pratiche sono ferme” dice Fabio Fantusi, titolare di una azienda agricola nella frazione Santa Giusta di Amatrice (Rieti). “Con la mia attività vado avanti, ma qui da noi ormai manca il turismo, che non ha ripreso per niente, perché mancano le strutture per ospitare le persone”.

A Pieve Torina, la “botta grossa” del sisma per Alba Alessandri (28 anni) e per la sua famiglia è arrivata, invece, a ottobre 2016. Anche lì, la ricostruzione è ferma. “Finora quello che abbiamo aggiustato lo abbiamo fatto da soli, senza contributi per la ricostruzione. La nostra casa non è crollata ma è totalmente inagibile e da buttare giù. Ora stiamo cercando di capire quali sono i criteri edilizi per poter ricostruire”. Per quanto riguarda l’azienda, che conta una quarantina di bovini, vacche da ristallo e da latte, oltre a 6.000 galline ovaiole allevate in modo biologico, “non ci siamo mai fermati perché non potevamo” racconta Alba Alessandri. Sono biologici anche i terreni agricoli coltivati per dare da mangiare agli animali e i fondi raccolti grazie al crowdfunding serviranno a costruire una recinzione, con criteri anti-lupo, per far sì che le sue vacche possano uscire dalla stalla e andare al pascolo, trasformando così tutto l’allevamento da tradizionale a biologico.

L’azienda di Arianna Veneri(23 anni) è stata colpita dalla scossa che ha tramortito Norcia a ottobre 2016. “Stiamo come tre anni fa: per le case, le strutture in genere, ma anche la chiesa di San Benedetto. Le macerie sono state portate via, quello sì, ma le case crollate del tutto non erano tante, più che altro sono numerose quelle rimaste in piedi da demolire e ricostruire”.

La valutazione di Pietropaolo Martinelli (40 anni) non porta novità: “Siamo a un punto morto, perché la burocrazia è molto complessa e le pratiche rimangono bloccate”. A Farindola (Pescara), dov’è l’azienda, il terremoto è arrivato a gennaio 2017. Ha distrutto le sue stalle e ucciso 450 pecore e agnelli.

“Serve una ricostruzione di qualità, rispettosa dell’ambiente, del territorio e del lavoro – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani– da coniugare con un’idea di futuro fondato sulla costruzione di comunità. Occorre tenere conto delle specificità e delle peculiarità che caratterizzano i territori e saper valorizzare le vocazioni tradizionali e al contempo offrire ai giovani nuove opportunità. E i fatti dimostrano che solo le cose fatte bene, con la collaborazione di tutti, nel rispetto della legalità e della trasparenza, ci garantiscono tempi di realizzazione certi, qualità del lavoro e delle opere”.

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