Liguria terra di ‘ndrangheta… ma non si dice

“A Ventimiglia addirittura c’è una sorta di camera di compensazione – la Camera di passaggio – che segna il confine tra l’ingresso e l’uscita dei rappresentanti di ‘ndrangheta che vanno verso la Francia e verso la Spagna a gestire soprattutto ingenti traffici di cocaina e garantisce la continuità operativa e strategica tra i locali nazionali e le analoghe proiezioni all’estero”.

A parlare è il Procuratore della Repubblica di Catanzaro che ci aspettiamo farà presto indispettire la sensibilità del Sindaco di Ventimiglia.
Gaetano Scullino, infatti, intende denunciare per danno d’immagine il blogger antimafia Christian Abbondanza, responsabile secondo lui di aver associato la città di confine alla ‘ndrangheta, svelando il presunto inchino della Madonna di Polsi davanti a Carmelo Palamara, fratello di quell’Antonio indicato dai collaboratori di giustizia come il capo dei capi della ‘ndrangheta di Ventimiglia.
Ora il Sindaco denuncerà anche Nicola Gratteri?

Se volete saperne di più, leggetevi quello che racconta l’ultima semestrale della DIA sulla nostra regione e su Ventimiglia.

Come le altre regioni del Centro e del Nord del Paese, la Liguria non è stata immune dall’infiltrazione dei sodalizi mafiosi di origine calabrese, il cui arrivo è stato registrato fin dagli anni ’50, e anzi, delle strutture associative e delle attività criminali hanno parlato numerosi collaboratori di giustizia come i fratelli Roberto e Salvatore Grimaldi o Giovanni Gullà.

In Liguria c’era tutto

 Un florido tessuto economico-imprenditoriale, il porto, una via privilegiata verso gli altri continenti, e la posizione geografica favorevole di crocevia strategico soprattutto per la Costa Azzurra. Proprio in una villa di Cap d’Antibes, nel 1984, venne arrestato il boss latitante Paolo De Stefano, seguito nel tempo da altri nomi importanti come Domenico Libri, Natale Rosmini e Luigi Facchineri.

La strategia di “mimetizzazione” attuata in Liguria dai sodalizi…

 …ha reso più difficoltoso comprendere, anche a livello di coscienza collettiva, e far emergere la capillare infiltrazione nel territorio ligure della ‘ndrangheta.
Oggi questo è un dato finalmente acquisito, anche sotto il profilo giudiziario. Gli esiti delle più recenti inchieste – “Maglio” (2000), “Maglio 3” (2010), “La Svolta” (2010), “I Conti di Lavagna” (2016), e “Alchemia” (2016), per quanto riguarda il Distretto ligure, nonché “Il Crimine” (2010) e “Albachiara” (2011), rispettivamente delle DDA di Reggio Calabria e di Torino – hanno, infatti, svelato l’esistenza di una struttura criminale denominata Liguria, con proiezioni anche nel basso Piemonte, operante attraverso almeno quattro locali dislocati a Genova, Lavagna (GE), Ventimiglia (IM) e Sarzana (SP).

Tali organismi risultano coordinati tra loro e con il Crimine reggino attraverso la Camera di controllo, una struttura intermedia con sede a Genova. Le relazioni con gli organismi operanti in Costa Azzurra vengono, invece, intrattenuti attraverso la Camera di passaggio dislocata a Ventimiglia. La Camera di passaggio è una struttura che garantisce la continuità operativa e strategica tra i locali nazionali e le analoghe proiezioni ultranazionali.

Non solo traffico di droga

Nel tempo, l’operatività delle cosche in territorio ligure non si è rivolta solo al traffico di stupefacenti, facendo leva sulla presenza di importanti scali marittimi come quelli di Genova, Savona e La Spezia. L’interesse criminale, infatti, si è indirizzato anche verso l’infiltrazione degli ambiti politico-amministrativi e dell’imprenditoria. Peraltro, le indagini svolte negli ultimi anni hanno anche evidenziato il ricorso ad atti intimidatori, soprattutto incendi dolosi, strumentali al raggiungimento di obiettivi criminali, spesso coincidenti con i tentativi di condizionamento delle amministrazioni locali, anche al fine dell’accaparramento di appalti pubblici. Inevitabili, quindi, i riflessi negativi sull’economia del territorio per gli effetti distorsivi della concorrenza, derivanti peraltro dal massiccio investimento di capitali mafiosi. In tale contesto rileva l’ampio monitoraggio delle opere di demolizione e di ricostruzione del viadotto Polcevera dell’Autostrada A10, crollato il 14 agosto 2018.

Le diramazioni della ‘ndrangheta nelle quattro province liguri

Le indagini degli ultimi anni hanno acclarato l’esistenza di una macro-area criminale denominata Liguria operativa sull’intero territorio regionale, che estende le sue propaggini anche in basso Piemonte (in particolare in provincia di Alessandria, Asti e Cuneo), attiva attraverso almeno quattro locali dislocati a Genova, Lavagna (GE), Ventimiglia (IM) e Sarzana (SP).

Locali di ‘ndrangheta in Liguria

A Genova c’era Gangemi

Nel capoluogo  ligure si conferma il predominio del locale di Genova, facente capo a un esponente del sodalizio, Domenico Gangemi, condannato nel 2017 in via definitiva, nell’ambito dell’inchiesta della DDA dio Reggio Calabria denominata “Crimine”. Gangemi era titolare di una “carica” che gli consentiva di svolgere funzioni di coordinamento tra il Crimine reggino e la Camera di Controllo regionale, struttura intermedia di coordinamento strategico delle cellule ‘ndranghetiste operanti in Liguria.
Ulteriore conferma della radicata operatività del contesto ‘ndranghetistico nel capoluogo perviene anche dagli esiti, nell’ottobre 2018, del processo di Appello bis “Maglio 3”, che ha imposto altre 9 condanne per associazione di tipo mafioso (e un’assoluzione).

Nota come la “sesta provincia calabrese”

…perché definita così dalla Presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, in considerazione della capillare presenza di esponenti di spicco della ‘ndrangheta, ampiamente documentata dalle diverse attività d’indagine concluse negli ultimi anni, a Imperia operano qualificate proiezioni delle cosche reggine SANTAITI-GIOFFRÈ, GALLICO, PIROMALLI, MAZZAFERRO, ALVARO e PELLE, che fanno capo al locale di Ventimiglia, controllato a sua volta dalle famiglie MARCIANÒ di Delianuova (RC) – referente delle cosche PIROMALLI e MAZZAFERRO della Piana di Gioia Tauro – e PALAMARA, quest’ultima legata da vincoli parentali agli ALVARO di Sinopoli (RC).
In proposito appare emblematica la decisione emessa dalla Corte d’Appello di Genova,  il 13 dicembre 2018 a conclusione del processo d’appello-bis “La Svolta”, che ha sostanzialmente confermato le condanne comminate dal Tribunale di Imperia ai partecipi dell’articolazione territoriale insediata nell’estremo ponente ligure – il locale di Ventimiglia appunto – funzionale al collegamento con l’omologa proiezione ultranazionale, attiva nella vicina riviera francese, la cosiddetta Camera di passaggio o di transito, di cui dicevamo.

Taggia e Sanremo

Tra Taggia e Sanremo opererebbero alcuni soggetti collegati alle cosche di Palmi e Gioia Tauro. Proprio a San Remo,  risulta essersi insediato da tempo un esponente di rilievo della cosca GALLICO di Palmi (sorvegliato speciale per mafia con obbligo di soggiorno a Sanremo), da ultimo coinvolto in attività di narcotraffico internazionale con il gruppo MAGNOLI-GIOVINAZZO di Rosarno (RC), ramificazione della potente cosca PIROMALLI di Gioia Tauro (RC), trasferitosi a Vallauris (Francia), da dove gestiva una vera e propria base operativa del traffico di cocaina che riforniva anche esponenti di Ventimiglia.
La concentrazione in questo comprensorio di famiglie calabresi si è manifestata non solo attraverso la costituzione di aggregati criminali, ma più di recente anche attraverso la riproposizione in loco di manifestazioni e riti tipici delle zone d’origine, tra cui, nel solco della più nota festa della “Madonna di Polsi” celebrata ogni anno ai primi di settembre nell’omonima frazione di San Luca (RC), occasione non solo di festeggiamenti religiosi ma di veri e propri summit di ‘ndrangheta, la festa della “Madonna della Montagna”.

Anche a Savona si registra la presenza di esponenti delle cosche reggine PALAMARA-MORABITO-BRUZZANITI, RASO-GULLACE-ALBANESE e PIROMALLI.

A La Spezia si segnala la presenza di cosche della fascia jonica reggina, facenti capo al locale di Sarzana, dove è egemone il gruppo ROMEO-SIVIGLIA, originario di Roghudi (RC), connesso al cartello PANGALLO-MAESANO-FAVASULI.
A Bolano, sempre in provincia di Spezia, insistono, invece, gruppi contigui ai GRANDE ARACRI di Cutro (KR).

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Simona Tarzia

Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.