Totiana(mente)

Essì, il titolo si presta a plurime interpretazioni. Ne più ne meno di “Cambiamo”. Anelito, proposito, falsa partenza, falsa premessa, falsa promessa, forse. E né più né meno, per dirla tutta, di questa voglia di novità che tutti ci affligge, o tutti ci perseguita, oppure tutti ci scuote e ci infliggono invitandoci a cambiare. Magari, più semplicemente, perché gattopardescamente… tutto cambi acciocché nulla cambi. Accade, ah se accade, quando onanisticamente si guarda solo al rizzarsi del proprio…. ombelico. Comunque, né più né meno di “Italia viva” che poi potrebbe essere anche “Viva l’Italia”, che ricorda tanto “Italia forza”, pardon “Forza Italia”.
Che poi quel continuo riferimento ad un paese in ginocchio dove si apprestano persino a tassare bibite e merendine, anche dopo l’ebbrezza del giallorosso del Zingaretti/Di Maio/Conte bis, magari finisce per portare anche un po’ sfiga.

E quindi “Totiana(mente)” si potrebbe prestare a significati plurimi. Ad una menzogna o ad una promessa da marinaio. Tanto siamo pur sempre a Genova con quel porto strategico, tanto da commuovere ed ispirare un architetto del calibro di Renzo Piano, con quell’impalacato a forma di chiglia di nave che oggi verrà posizionato. Con quello scalo passato sotto le cure del giovane assessore Francesco Maresca, arancion bucciano/totiano della prima ora che è stato promosso. A dire il vero, non si sa se prima hanno promosso lui da consigliere delegato ad assessore per i risultati conseguiti sul campo, oppure se la promozione gli è stata tributata a furor di popolo, non tanto per i risultati precedentemente conseguiti o soltanto perché la mini delega è stata trasformata da Mastro Bucci in dicastero vero e proprio. Se deve essere strategico il porto che sia strategica anche la delega, non una cosa da figli di un Dio minore. E sottolineo figli.
Fatto sta che il giovin Maresca, dopo essersi sottoposto ad una ferrea dieta dimagrante, si è ritrovato con i gradi di contrammiraglio. Mentre prima del rimpasto, con il ruolo di mozzo semplice, si navigava, per così dire, a vista.

Vabbè la politica. Cose e promesse che durano lo spazio di un fremer di ciglia. Tutt’al più giusto qualche mese. Come dire che poi il piacere puo’ essere che sia l’attesa stessa del piacere. Come recita uno spot usato, utilizzato ed abusato del Campari. Che dopo averci un po’ stufato ha virato sul “Red passion”.
Eggia’ passione rossa. O giallorossa. Che poi passione, nel senso di patimento giallorosso potrebbe calzare a pennello anche al Toti (ana) (mente).

Dicevo, appunto, di Giovanni Toti, governatore pluripotenziario della Liguria che, dopo lo scisma anti berlusconiano, i rumor di palazzo, davano per futuro partente da Forza Italia, per veleggiare felicemente e senza indugi verso un consenso elettorale sostanzioso. Eppero’ e’ rimasto a cuocere a metà’ del guado dopo essersi fatto tentare da quel fine stratega che Silvio Berlusconi si è ritrovato ad essere in maturita’. Ormaiper lui le primavere sono addirittura 83. Eppure nell’Italia che invecchia rappresenta un esempio mirabile di longevità per uno che si è sbattuto fra imprenditoria, politica e presidenza del Milan. Uno che ogni tanto sembra assopirsi, ma poi è lesto a riaprire gli occhi per tornare in sella. In molti l’hanno dato per trapassante  e hanno intonato il de profundis. Chesso’, Gianfranco Fini, Angelino Alfano. Oppure il cortigiano pentito Sandro Bondi che dopo esser passato frettolosamente in Ala di Verdini ha definito Berlusconi una sorta di Conte Ugolino. Per poi dichiararsi strapentito di essere stato con lui.

In politica amori o infatuazioni cambiano rapidamente. E il più delle volte il potere o i sogni di potere logorano chi non ce l’ha. Ovviamente il potere e non i sogni. Quelli, nel cassetto o espliciti ed esplicitati, sono tanti. E alla portata di tutti. Anche di coloro che, a torto o a ragione vengono presentati come cavalli di razza.

Ma torniamo alla vicenda di Toti che, alla fine dei conti, dopo tante dichiarazioni di intenti, interviste polemiche nei confronti del suo scopritore e padre putativo – anche se solo mater semper certa est – si è sentito dimenticato relegato nel suo ruolo di delfino curioso. Così ha deciso di mettersi in proprio. Via, non dall’oggi al domani. Dopo una vicenda politica che potrebbe fare il paio con “Un posto al sole”. Lui minaccia di andarsene e il Berlusconi lo circuisce con un fantomatico posto da coordinatore nazionale in coabitazione con Mara Carfagna. Obbiettivo rinnovamento. Nel corso degli eventi scopre che di rinnovamento non ce ne potrà essere nemmeno l’ombra. Minaccia di andarsene (di nuovo). Prende raffiche di applausi e promesse di defezioni di personaggi politici di spicco che gli assicurano che si accalcheranno al botteghino del nuovo partito a caccia di tessera. Inizia la pantomima del logo con un nuovo nome “Italia in crescita”. Poi ci ripensa. Che che abbia avuto la percezione di qualche sfiga incombente legata al nominare il paese d’origine invano? Intanto, sapientemente, schiaccia l’occhio alla Meloni e qualche cosa di piu’ a Salvini. Cambia nome…. “Cambiamo”. Appunto.

Nel frattempo, mentre fioccano le adesioni in vista dei festeggiamenti del Ferragosto, accade quello che, forse, era impossibile prevedere. Salvini scivola, ah se scivola, passando velocemente dall’ebbrezza per i troppi moijto consumati sotto il sole cocente del Papeete beach, in compagnia di supporter, nani, ballerine, dj e cubiste rizzandosi… in piedi al reggetton che fa “Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta” e termina con “Stringiamoci a coorte siam pronti alla morte siam pronti alla morte l’ItalI chiamo’. Si”. La morte politica appunto. O perlomeno un handicap grave. Ecco, perche’ probabilmente sull’onda emotiva dello “Stringiamci a coorte”, non ha abbastanza riflettuto.E, poi, qualche cosa non è andato proprio per il verso giusto. Salvini così si è consegnato, mani e piedi legati, al ribaltone del governo giallorosso del Conte bis, esaltando non solo Giuseppe Conte suo antico premier diventato irriducibile avversario, ma addirittura gli ex alleati pentastellati e i resuscitati del Pd di Zingaretti. Con un centrodestra incredulo. Una Meloni berciante e un Berlusconi che valutava come riprendere fiato. E fin li’ un centro liberal-democratico che schiacciava l’occhio a Salvini in competizione con Berlusconi incredulo e pronto ad approfittarne ci poteva ancora stare. Toti con il suo “Cambiamo” poteva ancora tentare di rappresentare un centrodestra meno sovranista della Lega convogliando voti su di se’ e rassicurando l’ala liberal-democratica, magari entrando in competizione diretta con il suo ex mentore. A patto che le elezioni politiche fossero in qualche modo imminenti e che Berlusconi e Salvini continuassero a litigare.

Eppero’ poi è stato un attimo. Salvini è addivenuto a più miti consigli ed ha parlato con l’ottantatrenne vate di Arcore. I toni sono scesi. E poi, poi è stato il tracollo. Berlusconi aveva riaperto gli occhi e si era scosso dal temporaneo torpore. E Renzi, Nazaren d’un Nazareno, ha consumato la sua diaspora personale in seno al Pd. Insomma viva l’Italia e Italia Viva, ovviamente schiacciando l’occhio a chi?

E a chi se non al Berlusconi del patto del Nazareno. Mentre Salvini non solo è addivenuto a più’ miti consigli, ma ha capito che in caso di elezioni, prossime, future, futuribili, o chissa’, Berlusconi stava per diventare l’ago della bilancia. E che di Toti con il suo 2/3 per cento, forse 4, non sarebbe fregato molto a nessuno. Anche perché Matteo Renzi avrebbe coperto meglio e con maggiori prospettive la sua area. Cosi sono iniziate le defezioni nella defezione. Il cartello si è sciolto. Soprattutto perché così il fantastico governatore ligure, nonostante l’incalzante propaganda che lo descrive come il messo divino, rischierebbe di perdere anche la possibilità di confermarsi come candidato del centrodestra alle regionali che si avvicinano prepotentemente. Percio’, a quanto pare e stando ai rumors di palazzo, “Cambiamo” potrebbe cambiare presto in “Rientriamo”. E siccome il Telecavaliere le sue personali vendette è abituato a gustarsele fredde non è detto che il figliol prodigo possa tornare  a casa senza pagare dazio. O perlomeno in ottima salute.

Morale della favola, che poi rischia di essere sempre la stessa. E cioè: il potere logora chi non ce l’ha. Poi c’è la pelle dell’orso da avere sempre saldamente in mano prima di gettarsi, testa e piedi, a rotta di collo e a capofitto in simili fantasiose avventure. Infine c’è una cosa da tener sempre a mente: non è detto che gli anziani, pur con tutta la loro esperienza gravosa, siano d’accordo se li si vuol far passare per rincoglioniti. Ogni tanto fanno finta di assopirsi ma se al risveglio hai la sfortuna di capitargli a tiro capita che ti addentino, dove precisamente non sto a dirvelo. Ma posso assicurarvi che sono dolori.

Giona

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