“Non sussiste alcun elemento tale da inficiare la validità del regolamento relativo all’immissione del glifosate sul mercato dei prodotti fitosanitari”.
Lo ha deciso la Corte di Giustizia Europea che il primo di ottobre si è pronunciata su un’interrogazione del Tribunale penale di Foix, in Francia, che chiedeva chiarimenti sulla compatibilità del Regolamento UE sui prodotti fitosanitari con la condotta cautelativa stabilita dal principio di precauzione.
La sentenza della Corte UE arriva dopo aver passato in rassegna anche procedure molto controverse, come quella di prevedere che i test e gli studi per l’immissione sul mercato siano forniti dalle aziende produttrici, ma senza rilevare irregolarità. Si legge nella sentenza: “La Corte dichiara che il regolamento sui prodotti fitosanitari non è viziato da un errore manifesto di valutazione neppure nella parte in cui prevede che i test, gli studi e le analisi necessari ai fini delle procedure di approvazione di una sostanza attiva e di autorizzazione di un prodotto fitosanitario siano forniti dal richiedente, senza imporre sistematicamente lo svolgimento di una controanalisi indipendente“.
Ma c’è di più. I giudici del Lussemburgo non vedono anomalie nemmeno nei test sulla tossicità a lungo termine che, ancora una volta, è il richiedente a dover eseguire. Sentiamo cosa dicono: “La Corte ricorda che un prodotto fitosanitario può essere autorizzato solo se è dimostrato che esso non ha alcun effetto nocivo, immediato o ritardato, sulla salute umana e che siffatta prova dev’essere fornita dal richiedente. La Corte dichiara che spetta quindi alle autorità competenti, allorché esaminano la domanda di autorizzazione di un prodotto fitosanitario, verificare che gli elementi forniti dal richiedente, tra i quali si collocano al primo posto i test, le analisi e gli studi relativi al prodotto, siano sufficienti a escludere, alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche attuali, il rischio che detto prodotto presenti una cancerogenicità o una tossicità di tal genere”.
Peccato che gli studi a lungo termine sull’uomo scarseggino, che la ricerca globale dell’Istituto Ramazzini di Bologna, alla quale partecipa anche l’IRCCS San Martino di Genova, sia alla fase pilota, e che la valutazione del glifosate da parte dello US Environmental Protection Agency (EPA) sia ancora in corso.
Peccato che sull’erbicida più usato nella storia tutti siano in disaccordo: nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”.
Di lì a poco è intervenuta l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) che, dopo l’analisi dell’Istituto Federale Tedesco per la Valutazione del Rischio – tedesco, tenetelo a mente -, ha assolto il glifosate e rassicurato gli europei: “Improbabile che ponga un pericolo cancerogeno per l’uomo”.
Ma non basta. Nel dibattito interviene anche l’Agenzia Europea per la Chimica (ECHA) che mischia ancora un po’ le carte: “Le evidenze scientifiche disponibili non soddisfano i criteri necessari per classificare il glifosato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione”.
Insomma, una grave incertezza scientifica che ha determinato un’incertezza politica.
Lo dimostra il rinnovo limitato della licenza concesso dall’UE a novembre 2017 e che scadrà il 15 dicembre 2022.
Ma chi valuta i pesticidi nell’Unione?
Vale la pena dare un’occhiata.
L’iter comincia con la presentazione della richiesta di approvazione a uno stato membro dell’UE, designato “relatore” (RMS). Il relatore verifica l’ammissibilità della richiesta e quindi predispone una bozza di rinnovo che comprende la valutazione dei rischi. Il relatore condivide la relazione con l’EFSA, gli Stati membri e la Commissione europea. L’EFSA comincia la disamina della relazione e predispone la consultazione di esperti degli Stati membri, quindi consulta i portatori di interessi per avere un parere sulla relazione e, se è il caso, chiede al relatore di aggiornare la valutazione. Infine, l’EFSA emana le proprie conclusioni dopo la consultazione con gli esperti degli Stati membri. A questo punto la bozza arriva alla Commissione Europea che la vota.
Gli stati membri possono decidere se autorizzare o meno nei propri paesi l’uso dei pesticidi approvati dalla Commissione.
Ma chi sarà mai lo stato relatore per la nuova valutazione del glifosate? Quello che secondo la procedura dovrà stilare anche la valutazione dei rischi?
Presto detto: è la Germania. La patria del colosso Bayer che nell’estate 2018 ha acquistato Monsanto, diventandone unico azionista! Inutile ricordarvi che Monsanto ha il brevetto del marchio commerciale del glifosate, il Roundup.
Simona Tarzia
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Sono una giornalista con il pallino dell’ambiente e mi piace pensare che l’informazione onesta possa risvegliarci da questa anestesia collettiva che permette a mafiosi e faccendieri di arricchirsi sulle spalle del territorio e della salute dei cittadini.
Il mio impegno nel giornalismo d’inchiesta mi è valso il “Premio Cronista 2023” del Gruppo Cronisti Liguri-FNSI per un mio articolo sul crollo di Ponte Morandi. Sono co-autrice di diversi reportage tra cui il docu “DigaVox” sull’edilizia sociale a Genova; il cortometraggio “Un altro mondo è possibile” sul sindaco di Riace, Mimmo Lucano; “Terra a perdere”, un’inchiesta sui poligoni NATO in Sardegna.