GDF REGGIO CALABRIA, OPERAZIONE “I SAMARITANI”: ARRESTATA UN’INSEGNANTE DI RELIGIONE. CIRCUIVA PERSONE DEBOLI, ANZIANE E INCAPACI CON RITI ESOTERICI PER IMPADRONIRSI DI TUTTI I LORO BENI
Reggio Calabria – Circonvenzione di incapace a danno di sei vittime “fragili”.
Questa l’accusa con cui stamattina i Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria – su proposta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria coordinata dal Procuratore Capo, Giovanni Bombardieri – nei confronti di un’insegnante di religione.
La donna arrestata, di Reggio Calabria ma con domicilio a Messina, oltre ad avere nella propria disponibilità diversi immobili siti, sia in Calabria, sia in Sicilia, era un’assidua frequentatrice di opere caritatevoli, mense dei poveri, chiese, soggiorni della Caritas e case di riposo.
Nello specifico, utilizzando la sua professione era solita avvicinare e irretire persone psicologicamente deboli , spesso aventi alle spalle anche un vissuto difficile, al fine di sottrarre loro i propri beni.
L’indagine è scaturita dalla denuncia di un uomo che riferiva di essere stato raggirato da alcuni parenti dopo aver ereditato dai genitori. Ma la denuncia presentata aveva insospettito gli inquirenti perché, a fronte di una calligrafia molto elementare, presentava precisione e una particolare articolazione nella descrizione dei fatti che incolpavano i suoi parenti.
La successiva attività investigativa, condotta attraverso numerosi sopralluoghi e appostamenti a Reggio Calabria e a Messina, portavano a perquisizioni personali e domiciliari (durante le quali, in una casa fatiscente a Messina, inondata di rifiuti di ogni tipo, in evidente stato di abbandono e in pessime condizioni igienico-sanitarie, erano “detenuti” sia un’anziana donna messinese in precarie condizioni di salute anche di natura psichiatrica, e l’uomo che aveva sporto denuncia, entrambi incapaci di autodeterminarsi e, successivamente, affidati ai servizi sociali.
Come prova dei sospetti, l’attività investigativa – svolta attraverso l’analisi della copiosa documentazione e dei dispositivi elettronici (pc e telefoni cellulari) sottoposti a sequestro; accertamenti bancari; perizie psichiatriche nei confronti delle persone offese – ha consentito di giungere a uno scenario completamente differente rispetto a quello inizialmente delineato dai fatti indicati in denuncia.
È, infatti, emerso che, attraverso un modus operandi ormai ben consolidato (il medesimo che si stava perpetrando anche nei confronti del “denunciante” reggino), la donna si impadronisse del patrimonio mobiliare e immobiliare delle vittime nonché del loro denaro e di ogni loro oggetto di valore, attraverso l’indotta sottoscrizione di Procure Speciali, testamenti e deleghe ad operare su conti correnti in suo favore.
Inoltre, a seguito di penetranti accertamenti effettuati in sede di perquisizione domiciliare, tra l’altro, si rilevava come la donna, per il perseguimento dei suoi fini di circonvenzione, facesse persino ricorso a rituali e pratiche esoteriche, come emergeva da evidenze testuali e oggetti in cui si imbattevano i militari operanti nel corso della perquisizione: istruzioni per praticare riti magici per rimuovere le vibrazioni negativa dalla casa, una “corazza di protezione” con simbologia del settore, un “captatore tri-sensor”, nonché un talismano che assicurerebbe protezione duratura.
La “mano di Fatima” e la “corazza di protezione” risultano in età moderna utilizzate come oggetti apotropaici (ossia atti o oggetti atti ad allontanare gli influssi maligni), mentre il “captatore tri-sensor”, metterebbe a disposizione del suo possessore delle virtù magiche.
Le credenze e i rituali magico-esoterici evidentemente consentivano alla donna di incidere in modo suggestivo ed ancora più penetrante sulla già debole psiche delle vittime, aggravando ulteriormente il processo di creazione di un forte ascendente sulle stesse, ailimiti dell’instaurazione di una vera e propria forma di dipendenza.
La gravità del quadro indiziario raccolto, nonché l’attualità della pericolosità delle condotte poste in essere dalla donna, hanno quindi portato all’ordinanza di custodia cautelare in carcere presso l’ala femminile del carcere di Messina-Gazzi.
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